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— ESME —

Non dormii molto quella notte, fui invasa dalle paranoie e ora mi toccava andare a colazione con passo strascicato lungo il corridoio dell'hotel.

Con aria assente, mangiai senza troppo appetito una ciotola di cereali mentre Alexio cercava di tirarmi su giocando con la sua fetta di pane con marmellata come un bambino per strapparmi un sorriso. Non funzionò purtroppo.

Alla fine si arrese e il mio cellulare suonò, era Ramon.
«Come va lì?»
«Tutto bene» risposi fingendo un tono allegro. «La conquista?»
«É già finita e...ho bisogno di te.»

Solo in quel momento mi accorsi che aveva il fiato mozzato e probabilmente stava piangendo. Mi sentii quasi in colpa a non essere là con lui in quel momento.

Mi si formò un nodo alla gola.
«Torno appena posso» dissi per poi salutare e chiudere la chiamata.

Ero delusa, ogni volta che il mio amico trovava qualcuno che avrebbe potuto interessargli o quest'ultimo lo alludeva o era lui a lasciar stare per paura di complicanze nel corso di una relazione seria.

In parte era colpa sua, ma la maggior parte delle colpe era la prima opzione e a me dispiaceva constatare che avesse una tale sfortuna nel trovare la persona giusta, sebbene sia risaputo che sia un'impresa non del tutto immediata.

Comunque, toccava sempre a me asciugare le sue lacrime e..non che mi dispiacesse, però speravo che prima o poi sarebbe arrivato quello giusto che l'apprezzasse davvero per quello che era.

«Tutto bene?» domandò Vega riportandomi alla realtà. Posai il cellulare.
«Eh...più o meno. Il mio amico ha l'ennesima crisi d'amore.»
Fece una smorfia scoraggiata. «Lo capisco allora. Anch'io non sono molto fortunato...»
«Mi dispiace.»

Scrollò le spalle e a quel punto arrivò il pilota che si sedette accanto al compagno che però si allontanò per rispondere a una chiamata di lavoro appena giunta.

Ci fu un attimo di imbarazzo e intorno al nostro tavolo, calò un'atmosfera a dir poco pesante. Io non sapevo che dire dopo quello che era successo la sera prima, ma per fortuna ci pensò lui a interrompere il silenzio.

Si sporse poggiando i gomiti al piano, le mani giunte sotto il mento. «Di solito si sente così coinvolto che alla fine si autodistrugge.»
«Magari non ha trovato quella giusta, solamente» ipotizzai generale.
«Tutte all'inizio avete l'effetto non appena vi conosciamo.»
«Con questo cosa vorresti dire?»

Si stese conto lo schienale della sedia, allungando le gambe. «Ah niente...che poi, da un giorno all'altro vi stufate e ci buttate via come giocattoli.»

Mi offesi, lo ammetto. Non potevo dire che ognuna di noi era così per una cosa o l'altra perché bisogna considerare il carattere, ma io mi sentii particolarmente colpita. Non mi comportavo in quel modo per fare la stronza, ma per proteggere me stessa e gli altri da me.

«Quante relazioni hai avuto fin'ora? Serie, intendo.»
«Nessuna.» ribatté con spudoratezza.

«E non pensi che ti è capitato perché magari, a volte, ti reputarti troppo perfetto?» lo fissai dritto negli occhi, arguta come un'ispettore di polizia.

«Io questo non l'ho mai detto. E comunque, sono affari miei.»
Con questo, addentò la sua brioche e dopo averla finita prese a camminare. Io lo inseguii e fermai nell'atrio della reception.

«Hai parlato di una ragazza a una conferenza, qualche anno fa» dissi con audacia.
Non lo vidi, ma scommetto che alzò gli occhi al cielo prima di voltarsi e rispondermi. «Si e con questo? Ti sorprende tanto che io abbia un cuore?»

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora