- 26 - (Parte 2)

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— ESME —

La giornata continuò in quel modo per circa tre ore e mezza.
Ci furono degli incidenti, ma niente di grave. A parte uno alla postazione 11: la macchina, una Ford Sierra Cosworth (un'auto lunga e abbastanza larga, nata tra '86 e il '92 e omologata per gareggiare nella categoria Gruppo A dell'epoca), sbatté contro il guardrail.

Furono costretti a mandare il carro attrezzi perché intralciava il percorso e ci misero più di venti minuti per rendere nuovamente percorribile la strada.
Per fortuna però, almeno, non optarono per il trasferimento e questo era già una buona cosa.

Comunque, al pomeriggio -intorno alle 15:00- iniziò il terzo giro e dopo i primi cinque concorrenti, mi tenni ben pronta a filmare. Riva era il numero 9 quindi di lì a poco sarebbe passato.

Sia chiaro, non lo feci perché non stessi aspettando altro, ma per dare il meglio. Pretendevo che quei video risultassero perfetti e Hernández si complimentasse. In fondo, era il mio "supervisore" in assenza di Nuñez, anche se meno pressante ed esigente.

Udii il rombo della sua macchina da metri di distanza, aveva un rumore tutto suo nonostante non avesse nulla di più o di meno rispetto alle altre.

Lo scarico scoppiettava quando cambiava marcia e mano che avanzava, la terra sembrava tremare. Accessi il registratore e lo seguii per tutta la curva, che effettuò a tavoletta stringendo il freno.

Spensi quando raggiunse la fine della via e ammisi che se l'era cavata bene. Meglio di quanto mi aspettassi dopo l'opinione di Alexio sentita qualche ora prima, se non altro.

«È un grande! Lo amo, giuro» esclamò Annalisa entusiasta, segnando il suo numero sul tombolino.

Sentii un tuffo al cuore, per la prima volta in tutta la mia vita.

Chiusi le palpebre, ignorando le sue parole e cercare al con tempo di eliminare definitivamente l'immagine di me che fingo di star facendo sesso con quell'uomo.

Perché ci pensavo ancora? Era una cosa assolutamente fuori da ogni senso logico.

«Sai, vengo alle corse fin da piccola grazie ai miei genitori e ora che ho diciannove anni, finalmente, posso far parte della squadra. Lo adoro e si ci diverte sempre» mi raccontò Annalisa, sorridente.

Ricambiai il gesto, anche non con molto entusiasmo. La mia testa era altrove e doveva assolutamente distrarsi dal soggetto che la stava invadendo.

Presi quindi il telefono e chiamai May, sperando che mi rispondesse. Non avevo sue notizie da poche ore, ma abbastanza perché io mi preoccupassi. La sua situazione era più che precaria e grazie alle sue scene mute, era già tanto se conoscevo che si era sistemata dai genitori a Valencia.

Rispose al terzo squillo.
«Ehi, cómo estás?» iniziai io.
«Bene dai, non ce male. Tù?»

Esitai un minuto per farmi un esame di coscienza, ma alla fine dissi comunque una balla. «Si..tutto bene.» Non era vedo per niente. Ero in ansia e per qualche motivo il mio cuore stava galoppando all'impazzata.

«Izumi sta bene? E Asher si è rifatto vivo?» cambiai argomento.
«Si, tutto apposto...no.»

La vidi mordersi il labbro inferiore e capii che in realtà lei non aveva idea neanche di dove lui avesse le gambe.
La fissai con decisione. «May. Dovete almeno chiarirvi, non credi?»

Arrossì diventando tutta rossa, ma non ribatté. Si limitò ad abbassare la testa, sconfortata e io maledissi il fatto che fossi così lontana dalla Spagna. Lei aveva bisogno e io non ero disponibile. E per giunta, non mi ero premurata di avvisarla prima di partire.

𝑪𝑹𝑨𝑺𝑯 1 | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora