Stadio Olimpico, luglio 2023

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Ricordi.

A volte sono l’unica cosa a cui ci si aggrappa per vivere una parvenza di normalità, anche in un rapporto di coppia, una storia d’amore.

Una storia d’amore è per definizione storia condivisa, storia d‘insieme, costruita proprio sui ricordi, mattoni solidi e resistenti per un rapporto di dare e ricevere.

Manuel, questo, lo sapeva benissimo. La sua relazione con Simone, d’altronde, si basava proprio sui loro ricordi. Dal primo bacio alla loro prima casa a Roma. Dall’incidente in moto di Simone, quando aveva scoperto del gemello Jacopo, deceduto quando avevano solo tre anni;  al momento in cui Manuel aveva finalmente scoperto la verità sul padre.

Belli o brutti che fossero, i ricordi dei  due giovani erano arricchiti dalla loro presenza, nella vita dell’uno e dell’altro.

Ora questi ricordi, gli stavano passando davanti in un colpo solo, sulle note della canzone della band bergamasca più amata dell’ultimo periodo, ma che i due giovani avevano avuto modo di apprezzare ancora prima del grande successo.

“Abbracciami, balliamo” Simone mise le braccia attorno al collo del maggiore, e poggiò il suo capo di ricciolini spazzolati sul suo petto caldo. I due si lasciarono andare ad un lento seguendo il ritmo della canzone che in quel momento stava suonando: ricordi, per l’appunto.

Almeno fino a domattina

Ti prometto che sarò la faccia di cui hai più bisogno.

L’amico di scuola che ti ruba le biglie

Un amante impossibile taciuto in un sogno.

Era iniziata così quella loro storia d’amore.

Due compagni di classe, poi amici, una società, amanti di una notte. E infine compagni di vita, di sogni, lacrime e paure. Due cuori e una capanna, come si suol dire.

Manuel era davvero la faccia di cui Simone aveva più bisogno. Era il primo volto che scorgeva la mattina svegliandosi e rigirandosi nel letto, alla ricerca di un suo contatto.

Era quegli occhi che cercava quando aveva bisogno di evadere dalla realtà. Era quelle due braccia in cui aveva trovato il suo posto. Era il suo luogo sicuro, in cui si sentiva sereno, a casa. Nel momento in cui si trovavano insieme, il mondo intorno a loro sembrava fermarsi. Si fermavano i pensieri, i rumori, la vita movimentata di chi li circondava che come per magia scompariva. E anche in quel momento, c’erano solo loro.

Abbracciati tra mille lucine, con solo la voce di Zanotti a cullarli in quel momento che pareva essere solo loro, con nessun altro intorno. Roma, quella sera, sembrava solo loro.

Simone qualche volta alzava la testa e univa le sue labbra con quelle del maggiore che gli canticchiava, sussurrando, i versi di quella canzone.

Vedi, ci sono dei ricordi che mi devi

Sei grande, ma ti chiamo ancora baby

Ho gli occhi rossi, ma non te ne accorgi

Ti guardo mentre dormi

I ricordi di Manuel erano strettamente legati a quelli di Simone. All’epoca non ne avevano idea, ma i loro cammini si erano già incrociati.

In quella notte di tempesta e paura in cui Jacopo, gemello di Simone, era stato ricoverato d’urgenza per meningite, Manuel si trovava in pronto soccorso con la madre. Non gli era mai stato raccontato, in realtà, il perché. Forse un perché non c’era, forse era il destino che ancora una volta aveva deciso di fare uno dei suoi giochetti. Fatto sta che quella notte, Jacopo e Manuel furono compagni di lettino. Condivisero le analisi, l’anestesia e i prelievi del sangue, stringendosi la manina per alleviare il dolore, per quanto fosse possibile.

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