«Sei stato bravo, Simone.» La voce di Gabriella è delicata, quasi sussurrata, sembra volergli dire che non c'è alcun bisogno di urlare per far valere il suo concetto, è così e basta. Dopotutto, con Simone, non ha mai usato un tono diverso da quello, non ce n'è mai stato bisogno.Simone è seduto sulla propria poltrona e rimane col capo chino, lo sguardo fisso sulle proprie mani che tiene impegnate staccandosi, di tanto in tanto, quelle maledette pellicine che continuano a sfilarsi ai bordi delle unghie. Per la prima volta, da quando ha messo piede in quello studio, sa che la dottoressa ha ragione, anzi, sa che Gabriella ha ragione – ché dall'inizio di tutto, da quando quel percorso terapeutico ha preso il via, Gabriella non si è mai mostrata superiore o di un altro livello, si è mostrata, invece, amica e, prima di tutto, confidente, forse fa parte del suo lavoro, mostrarsi in un determinato modo, non lo sa e, in fin dei conti, non gli interessa neanche esserne al corrente – quindi sì, Gabriella ha ragione e lui ora il capo lo rialza e fissa la psicologa negli occhi, fiero. «Lo so.» dice soltanto.
Gabriella gli sorride, docile e fiera allo stesso modo. Poggia sulla scrivania un foglio A4 che Simone conosce bene, vi sono scritte sopra delle semplici frasi, che da quella distanza non riesce a distinguere, ma che conosce a memoria, senza bisogno di leggere. Accanto ad ogni frase, appare una piccola V, di colore azzurro, il suo preferito e, di fianco, una X di colore nero. Solo dopo pochi secondi, Gabriella consegna il foglio a Simone, che lo afferra senza titubare neanche un attimo. In alto, al centro del foglio, questa volta colorata di rosso, svetta una frase, la più importante di tutte, il vero motivo per il quale tutto ha avuto inizio.
I miei primi cinque passi per sapermi ritrovare.
Simone ci passa sopra il pollice, accarezza ogni lettera come se potesse accarezzare il se stesso di quasi un anno fa, quando, il primo giorno di seduta, si era ritrovato a incolpare il suo essere una nullità per aver costretto la propria persona, e quella di chi gli sta intorno, ad avere avuto la sfortuna di vivere una vita insieme a quella inutile e ormai distrutta di Simone Balestra.
A distrarlo da tale ricordo, tuttavia, ci pensa la dottoressa che, insieme al foglio, gli consegna anche una penna, con quel sorriso che non smette mai di incorniciarle il volto e quello sguardo sicuro di chi sa, da sempre, che in lui non vi è niente di sbagliato – se non il semplice fatto di essersi perso per strada, succede a tutti, Simone, non sei rotto e non sei il primo, né l'ultimo, l'importante è sapersi ritrovare.
Simone la ringrazia con un cenno del capo e non chiede neanche a cosa possa servirgli, in quel momento, una penna. Piuttosto, con fermezza e fierezza, va a sottolineare e, soprattutto, a cerchiare quella piccola V blu che si trova accanto alla prima frase di quello che è stato e continua ad essere, per lui, la strada verso la felicità.
Dare a Dante, anzi, a mio padre, la possibilità di essere padre e, a me, di essere figlio. ✔️
Il sole di fine settembre picchia ancora forte sopra le loro teste, l'aria autunnale fatica ad arrivare e il caldo persistente di quelle ultime ore di luce sembra non voler lasciar spazio ad una temperatura più mite e sicuramente più idonea al periodo che stanno vivendo.
Simone, tuttavia, non maledice quel caldo inoltrato, bensì gliene è grato, poiché gli consente, senza sforzarsi neanche troppo, di ritagliarsi quei piccoli momenti al mare che, da giugno in poi, lui e Manuel scelgono di viversi lontani da tutti.
È diverso il Manuel di adesso.
È diverso il modo in cui lo guarda e il modo in cui, forse anche in modo eccessivo, arriva a preoccuparsi di ogni piccolo inconveniente che Simone è costretto a vivere.
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Cinque passi
FanfictionDei cinque passi che Simone compie per ritrovare se stesso e di Manuel che è presente in ognuno di essi.