Ciao. Io mi chiamo Amber Anderson, ho 15 anni e vivo a Tokyo.
In questo periodo stanno accadendo cose molto strane che non so spiegarmi. Come se esistesse un altra dimensione.
Mi sveglio. Suona questa cazzo di sveglia per la fine del mio riposo del pomeriggio. Erano le 19:30. Mi alzo. Mi vesto ed esco di casa. Metto una maglia aderente bianca con dei buchi al pollice e un pantalone di tuta nero e le Nike bianche al piede. Non voglio pensare. La mia mente si chiude. Sono appena uscita dall'anoressia e sono entrata nella bulimia. Fantastico non trovate? La mia vita è un disastro. Soffro di autolesionismo e di stress, piango spontaneamente.
La situazione a casa non è delle migliori. Mio padre beve, mia mamma biologica è morta dandomi alla luce e la mia madre adottiva anche lei è deceduta in un incidente stradale.Metto le cuffiette e cammino. Guardò l'orario erano le 00:00 del 31 ottobre. Mente camminavo arrivai sul corso della 311 e mi affacciai per la grande luce che c'era lì. C'era una gara di auto. Dietro di me c'era un furgone nero. Iniziai a camminare a passo veloce fin quando mi fermai. Mi cadde qualcosa la presi e mi voltai vedendo un ragazzo con la maschera di un corvo. Urlai ma mi tappò la bocca. Mi portò nel furgone. Mi tenne la braccia bloccate dietro e la mano sulla bocca. Mi lamentai. Strinse le ferite. Non se ne frego. Arrivammo in un edificio. Mi caricò sulla sua spalla e mi portò dentro mentre uscì dall'auto anche un altro ragazzo con la maschera del Ghost face.
Mi portò in una stanza abbastanza grande e mi fece sedere su un divano."Calma" disse con una voce delicata.
"Lasciami cazzo" dissi cercando di dimenarmi.
"Quanti anni hai stupido passatempo" disse con una voce provocatoria.
"Quindici" dissi con voce soffocata.
"Molto divertente allora, io ne ho 20 bambolina" disse accarezzandomi un lato del volto.
Si levò la maschera. Uscì un ragazzo dalle treccine color cenere e gli occhi colore della notte.
"Perché mi guardi così?" Disse con tono duro.
"Così come scusa?" Dissi con un sorriso finto sulle labbra.
"Abbassa i toni" disse accovacciandosi in ginocchio e guardare le mie labbra color ciliegia.
"MA CHI CAZZO SEI" urlai. Mi tirò un pugno. Gli risi in faccia.
"SEI PROPRIO UNA TESTA DI MINCHIA" urlò.
"Prova a ripeterlo e ti faccio ingoiare la tua maschera pezzo per pezzo" dissi con tono minaccioso.
"Fai attenzione le punizioni non sono positive" disse togliendo la felpa nera. Aveva vari tagli. Alcuni anche freschi. Appena fatti. Erano aperti.
"Ora zitta e medica cagna" disse con tono imperativo.
Presi uno straccio di acqua che mi bagno un po' la maglia bianca aderente. Non avevo il reggiseno. Si vedevano tanto i capezzoli. Me li fissava mentre mordeva il labbro inferiore dove si trovava un piearcing nero di metallo. Le maniche avevano dei buchi dove era infilato il pollice e avevo dei pantaloni della tuta neri.
"Siediti" disse e io mi allontanai e mi sedetti.
"Che cazzo fai, siediti qui puttana" disse guardando le sue gambe.
"No" dissi restando seduta.
"VIENI CAGNA" SI ALZO DI SCATTO VENENDO DA ME E TIRARMI I CAPELLI ALL'INDIETRO.
Me li lascio facendomi alzare. Terrorizzata andai e mi sedetti sulle sue gambe e con le mani tremolanti disinfettai le ferite.
"Calma queste stupide mani" disse accarezzandomi le labbra con il polpastrello del pollice le mie labbra rosse.
Prese la mia mano con leggerezza e la fece scorrere sul suo petto fino a lì giù. Iniziò a massaggiare con la mia mano e la sua intecciata alla mia mano freddo e pallida.
Lo guardai e si avvicinò in un bacio assatanato. Le sue labbra erano calde come il fuoco e umide come la pioggia. Mi faceva schifo. Mi procurava un senso di nausea.
Continua...