Motorcycles

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Le sue mani percorrevano lente ma intrepide ogni lembo del mio corpo, come se lo conoscesse così bene da sapere dove avrei gradito il contatto.

Non c'era posto in cui mi sentissi più sicuro di me stesso che sulla mia moto.

Dovevo aver preso proprio un abbaglio.

Fra le sue braccia ogni cosa circostante si dissolveva, ogni cosa che non avesse a che fare con quel ragazzo perdeva rilevanza.

Non riuscivo ad aprire bocca, non credo di aver mai guidato la mia moto così lentamente, speravo che più allentassi la presa più quegli attimi sarebbero durati, come se la notte non avesse termine, e la nostra vita neppure.

Saremmo stati giovani ed innamorati per il resto della vita.

Le sue labbra accarezzano il mio collo a salire, schioccando su di esso piccoli baci, fino al mio orecchio.

Doveva essere quella l'estasi che tanti artisti ritraevano nei loro quadri.

«Dovresti affrettarti, Louis.» mi sussurrò con la sua voce roca.

Scossi il capo, sarebbe stata l'ultima volta che lo avrei contraddetto, mi dissi.

«Non c'è fretta Harry, il tempo si è fermato, non vedo.»

Ridacchiò, e seppi con certezza che si burlasse di me.

«Che ti prende?»
«Louis, è finita la corsa»
«E perché mai, Harry?»
«Perchè è ora di svegliarsi»

...

Ogni mattina quell'assordante sveglia risuonava assordante nelle mie orecchie, ma credo di non averla mai detestata quanto quel giorno.

Avevo l'abitudine di tenerla sempre distante dal letto, così da costringermi ad alzarmi per interrompere quella frastornante suoneria.

Portai i lembi del cuscino alle mie orecchie, per poi rassegnarmi all'idea che la sveglia l'avrebbe avuta vinta persino oggi.

La novità del giorno? A svegliarsi assieme a me ci fu anche una pulsante erezione mattutina.

Come biasimare il mio fedele amico, chiunque avrebbe tale reazione dopo quella visione da orgasmo nei miei sogni.

Ero volgare e ne ero consapevole, ma quando si parlava di lui non potevo fare altrimenti.

Nella mia mente il suo nome riecheggia come il ticchettio delle gocce d'acqua che scorrono da un rubinetto rotto.

Era incessante e a tratti fastidioso.

Harry, Harry, Harry, Harry, Harry.

Me lo ripetuto quale fosse una filastrocca da tenere a mente perché sarebbe potuta tornare utile, come quella della durata di ogni mese.

Era assordante quasi quanto la mia sveglia, ma non mi era mai capitato che mi raggiungesse persino, anzi, meglio dire soltanto, nei miei sogni.

Il che, se lo avessero sentito  altri, sarebbe suonato al quanto insolito.

Poiché diciamocelo, senza fare troppo il modesto, avevo la mia reputazione da rude ed affascinante ragazzo del quinto anno.

Ero persino in possesso di svariate moto, perché mai non avrei dovuto attirare l'attenzione di un introverso e solitario sedicenne?

E qui sorgerebbe la domanda, perché mai un tipo come me puntasse alla sua antitesi fatta persona?

Avrei potuto chiunque, avevo avuto chiunque nel corso dei miei anni del liceo, ma alla fine dello scorso anno qualcosa cambiò.

Running from emptiness || one shoot larry stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora