23. Sofia

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Come avrei fatto a stare lontano da lui, dopo quello che ci eravamo detti? Il modo in cui si era preoccupato per me... Perché c'erano momenti in cui si prendeva cura di me e altri in cui non mi guardava nemmeno, come se fossi indifferente per lui. Ma sapevo che non era così. Il suo atteggiamento mi confondeva, e non poco. A distogliermi dai miei pensieri fu un messaggio dal nostro avvocato. Alex era uscito su cauzione, non c'era più l'udienza. Cazzo! Il cuore iniziò a battere velocemente e gli occhi cominciarono a pizzicare.
«I-io devo andare a prepararmi.» dissi, con un nodo in gola che mi rendeva difficile respirare.
«Hai già deciso?» mi domandò Gabriel, continuando a mangiare la sua brioche. Annuii semplicemente, cercando di ignorare il suo sguardo. Salii in camera mia e mi appoggiai alla porta della mia stanza, iniziando a piangere. La paura mi stava divorando. Dopo un po' di tempo vidi il mio telefono illuminarsi. Era un messaggio di Alex. Voleva vedermi fuori suo vialetto di casa.
Mi asciugai le lacrime. Presi un respiro profondo, raccogliendo quel minimo di coraggio che mi rimaneva, e scesi al piano di sotto.
«Dove vai?» mi chiese Gabriel, senza alzare lo sguardo.
«Alex è qui e vuole parlarmi.»
«Stai attenta.» disse Marlene, uscendo dalla cucina.
Uscii di casa e lo vidi lì, appoggiato alla sua auto blu.
«Di cosa vuoi parlarmi?» dissi, cercando di mantenere un tono freddo, ma il mio corpo tradiva ogni mia parola. Mi strinsi nelle braccia, sentendomi vulnerabile.
«Diventi sempre più bella.» rispose lui, avvicinandosi per baciarmi. Ma io girai il viso, e le sue labbra finirono sulla mia guancia.
«Amore, ti prego. Ti chiedo scusa per quella sera. La gelosia mi stava facendo impazzire. Non volevo farti male.»
«Non chiamarmi in quel modo non lo sono più da ben due anni. Ci siamo lasciati ricordi?»
«Sofia, io per te sarei in grado di cambiare. Ti prego, dammi una possibilità. Mi manchi. Io ti amo ancora.» Mi accarezzò la nuca, guardandomi intensamente negli occhi. Quegli occhi azzurri, in cui mi ero persa mille volte.
«Non voglio più stare male, Alex.»
«Fidati di me, per l'ultima volta, ti prego.» Lo guardai intensamente. Non avevo idea se fossi pronta o meno a perdonarlo. Ma senza darmi il tempo di rispondere, mi prese la nuca delicatamente, unendo le nostre labbra.
Per la prima volta mi sentii strana. Dove erano finiti i brividi lungo la schiena? Le farfalle nello stomaco? Dov'era finita l'adrenalina che provavo? Quelle sensazioni le avevo provate solo due volte. Quando mi baciavo i primi tempi con Alex e... Spalancai gli occhi a quel pensiero. Mi staccai bruscamente da lui, avviandomi verso la porta d'ingresso. Non poteva essere vero...
«D-devo tornare dentro.» mormorai, senza voltarmi.
Appena tornai in casa, Gabriel mi aspettava vicino alle scale. Aveva un'espressione strana sul volto.
«A quanto pare lo hai perdonato.» disse in modo sprezzante. La sua voce era carica di sarcasmo. «Sai, non credevo fossi così debole. Ti basta un solo bacio per perdonare il male che ti ha fatto?» Il suo tono mi fece infuriare, ma cercai di mantenere la calma. «Se magari mi lasciassi parlare...» dissi, innervosita.
«Non mi interessa, sono le tue scelte.» rispose secco. «Non sono cose che mi riguardano. Vuoi continuare a soffrire? Fai pure, ma poi non venire a piangere.» La sua voce, così dura e distaccata, mi faceva venire voglia  di urlare. «Sei un vero stronzo.» dissi, con i denti stretti.
Gabriel rise ironicamente, ma il suono della sua risata sembrava vuoto, come se stesse cercando di mascherare qualcosa. Mi allontanai rapidamente, salendo al piano di sopra, senza nemmeno guardarlo.
Dopo dieci minuti cambiai idea.
«Anzi, adesso mi sente.» esclamai uscendo dalla mia stanza ed entrai in camera sua senza bussare, ma appena vidi la scena davanti a me, me ne pentii. Era con addosso solo i boxer. Il mio corpo si paralizzò completamente , gli occhi si fermarono su di lui per un attimo, e non potevo negare che mi fosse scappato uno sguardo lì in basso. Un'improvvisa ondata di imbarazzo mi investì, tanto da coprirmi il viso con le mani, diventando rossa come un pomodoro.
«Ti pare il modo di entrare?» disse, visibilmente infastidito, alzando un sopracciglio. Sembrava alquanto irritato.
«S-si... S-scusa.» balbettai, cercando di distogliere lo sguardo, ma senza riuscirci completamente. Perché diavolo stavo balbettando adesso?! Il mio cuore batteva forte, e l'imbarazzo mi faceva sentire come se avessi perso ogni capacità di parola.
«Vuoi continuarmi a dire quanto io sia stronzo? No perché non ne ho voglia.» aggiunse con freddezza, come se cercasse di smorzare qualsiasi emozione. Ma il suo sguardo tradiva un velo di frustrazione.
«Smettila di fare il bambino, Gabriel, e fammi parlare.» La frustrazione mi uscì dalle labbra senza che potessi trattenerla. Non avevo più pazienza per i suoi atteggiamenti da ragazzino viziato. «Non ho perdonato Alex. Non credo che lo farò mai.» Lui mi fissò per un attimo, come se stesse decidendo se replicare o meno. Poi, con un'espressione di disprezzo, alzò le spalle. «Perché cerchi di giustificarti?» chiese, la voce bassa e distante. «Noi due non siamo niente.Non siamo nulla, quindi non vedo perché dovresti darmi spiegazioni. Tornatene da Alex, se è questo che vuoi. Non sarò io a impedirtelo.» Quelle parole mi colpirono come un pugno allo stomaco. Sapevo che non avrei dovuto lasciarmi toccare, ma lo avevo fatto.
«Se davvero non siamo nulla, allora perché mi stai facendo una scenata di gelosia?» lo sfidai, cercando di mantenere un tono calmo, ma dentro di me sentivo una fitta di emozioni contrastanti. Mi guardò per un attimo, poi ridacchiò amaramente. «Tu stai delirando.» rispose, mentre si infilava una maglia. Non riusciva a staccare gli occhi da me, e quel suo sguardo aveva il potere di mettermi sotto pressione, come se stesse cercando di capire cosa avessi in mente.
Mi avvicinai a lui con le braccia incrociate, cercando di sembrare più sicura. «A me pare di sì. Sei geloso.» dissi, una piccola soddisfazione si faceva strada nella mia voce, anche se cercavo di non darlo a vedere.
«Non sono geloso. Smettila di ripeterlo.» rispose, ma la sua voce tradiva un nervosismo che cercava di nascondere.
Non potetti fare a meno di continuare. «No, non la smetto. Sei geloso, sei geloso, sei gelo-» Non feci in tempo a finire la frase che, senza preavviso, le sue labbra si posavano sulle mie, interrompendo il mio discorso. La sua mano mi afferrò delicatamente il viso, come a cercare di fermarmi. Quel bacio, caldo e intenso, mi travolse, e per un istante dimenticai tutto intorno a me. Le sensazioni che non avevo  provato baciando Alex, le stavo provando con lui. Ogni tocco, ogni respiro sembrava diverso, più intenso, come se tutto intorno a noi scomparisse e rimanessimo solo noi due, intrappolati in quel momento. Con Alex, i baci erano diventati una routine, qualcosa di prevedibile. Ma con Gabriel era come se ogni singolo movimento fosse un mistero da scoprire, un'emozione che non avevo mai vissuto prima. Ci separammo, e io, completamente rossa in viso, riuscii appena a completare la frase che avevo lasciato in sospeso: «-so.»
Il suo sguardo, ora più intenso che mai, mi scrutava. «Quindi lo sei?» dissi, con un filo di voce, cercando di capire cosa stesse succedendo tra noi. Quella sensazione di incertezza mi divorava, ma non potevo fare a meno di voler sapere se avevo ragione.
«Se lo fossi, cosa cambierebbe? Te lo dico io. Nulla, perché non lo sono.» rispose, cercando di sembrare più indifferente di quanto fosse realmente.
«Bene, quindi posso chiamarlo e dirgli che posso dargli una seconda possibilità. Tanto a te non ti interessa, giusto?» dissi sfidandolo, sentendo una fitta di provocazione.
«Fai quello che ti pare.» rispose, con voce fredda, ma il suo sguardo tradiva un malcontento che non riusciva a nascondere. La rabbia prese il sopravvento su di me. Non ero mai stata così nervosa in vita mia. Non sapevo chi mi desse la forza di non prenderlo a schiaffi. In modo impulsivo risposi: «Bene, lo farò.» Uscii dalla sua stanza, sbattendo la porta dietro di me con forza, come se quel rumore potesse mettere fine a tutto. Perché diavolo lo avevo detto? Era ovvio che non lo avrei fatto.

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