3. Nuvoloso

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-Non sei un po' troppo grande per fare stronzate simili? Come cazzo ti viene in mente di lanciare un sasso in testa a una ragazzina? Più piccola di te, poi. - Ava si massaggia le tempie. È la terza volta che è costretta ad allontanarsi dal lavoro per litigare con il preside della scuola. -Prima spingi una delle inservienti nei rovi. Poi strappi il libro del tuo compagno, e adesso? Cerchi di ammazzare la gente? Se sono fortunata diventi un cazzo di assassino quando cresci. Vedi di farlo in fretta, perché non ho tempo per rispondere delle conseguenze delle tue azioni. Hai dieci anni, Axia. Cresci, ti prego. -

Axia rimane in silenzio. È seduto su una delle poltrone imbottite dello studio del preside, mentre quest'ultimo lo osserva con sguardo severo. Non guarda la madre negli occhi. Guarda il pavimento, segue le crepe sulle piastrelle color polvere, sul quale si riflette la luce scura che filtra oltre le fitte nuvole nere. Non ha alcuna intenzione di rispondere. L'unica volta che ha tentato di giustificarsi, le sue ragioni sono state gettate da parte come spazzatura, e non ha intenzione di sentirsi l'ultima delle priorità.

Stringe i pugni.

In realtà si ritiene piuttosto paziente, e non è colpa sua se gli altri si divertono a portarlo al limite. Non aiuta il fatto che non ha neppure un amico lì dentro, nessuno che possa stare dalla sua parte. E, ovviamente, lui non ha intenzione di farsi andare a genio quei bambini stupidi: non fanno altro che sottostare a quei tre bulletti che dominano la scuola. No, Axia non ci sta. A costo di diventare la preda preferita di tutti.

-Quindi?- dice il preside, incrociando le braccia, -Hai intenzione di scusarti con lei?-

"No, se lei non si scusa con me prima," vorrebbe rispondere così, ma serra le labbra.

Vorrebbe dire tante cose, come che quella stupida inserviente gli aveva rubato le sue uniche tre monete di bronzo che Ava gli aveva dato per il pranzo, che quello stupido bambino lo aveva preso in giro troppe volte per i suoi capelli rossi, che la stupida bambina più piccola di lui lo ha torturato tutto il giorno con un'elastico di gomma schioccato sulla schiena a ogni occasione, con le sue stupide amichette a ridergli dietro.

Si alza dalla poltrona, ignora le minacce di espulsione dal preside e quelle di rimanere senza cena della madre, e si addentra fra i vecchi corridoi della scuola. Puzzano di legno marcio e di libri ammuffiti. Lo detesta. Esce dall'edificio a passo veloce, senza staccare gli occhi dal terreno.

Axia è livido come il cielo sotto il quale cammina; c'è odore di pioggia, ma non piangerà; non chiederà scusa a nessuno. 

Non è colpa sua.

No.

*

Che bello scrivere cose come vengono e non preoccuparmi di quante poche parole siano o cazzate del genere GODO

Writetober 2023Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora