Zeus

3 1 0
                                    

Immaginatevi una pivellina di prima superiore. Timida, curiosa e pronta, o almeno crede, per quel mondo nuovo che è il liceo. Immaginatevi di essere spaesate e curiose. Desiderose e timorose allo stesso tempo. Ecco, quella ero io, seduta in ultimo banco. Era il primo giorno del primo anno e i miei vicini di banco non parlavano, erano talmente noiosi che ho pensato, beh sono spacciata. E in quel momento esatto, veloce come un fulmine, è entrato il professore.

Non molto alto, indossa una maglia termica che lascia intravedere gli addominali scolpiti, un paio di jeans neri invernali e degli anfibi scuri appena lucidati. Per essere settembre, con ancora i rimasugli dell'estate, è un abbigliamento azzardato. Siamo tutti curiosi di sapere chi sia, un po' allarmati, un po' affascinati. –Buongiorno ragazzi sarò il vostro docente di latino. - La voce è ancora un altro duro colpo. E' bassa e roca, un tono molto confidenziale e privato, come se fossimo tra pochi, con un rapporto riservato ed elitario. Inizia a parlare della sua materia come di un'entità vera e tangibile. Non una noiosa lingua molto antica, ma qualcosa di vivo, attivo e palpitante. Sembrava interessante, i miei amici più grandi avevano avuto docenti noiosi. Lui invece no. Mescolava a questo suo sex appeal un amore per tutto il mondo antico latino e greco. Un mix intrigante e affascinante. Assieme al grande amore della sua vita: il teatro. Non era qualcuno lontanamente simile a tutti quelli che conoscevo. Inizialmente non mi focalizzavo troppo su di lui. Dopo qualche mese però la stima nei suoi confronti era talmente cresciuta che non potevo non considerarlo un amore platonico. Era ormai diventato, nell'aspetto e negli interessi, un dio greco, una divinità olimpica. Il più forte e sapiente fra tutti, Zeus.

Iniziò così. Con traduzioni dirette, senza tanti vocabolari o grammatica. La si apprendeva a intuito e con le sue spiegazioni. I testi erano sui più disparati argomenti, non solamente guerre, ma anche miti, più belli da analizzare rispetto alle solite conquiste. Poco dopo eravamo abbonati a una rivista che parlava di musica, cibo, abitudini quotidiane e storia antica... in latino! Letteralmente, il latino era divenuto vivo. La nostra vita, i weekend, le serate in spiaggia, i concerti e le nostre emozioni erano un tutt'uno con lui. Una grande famiglia che discuteva e si confrontava in un'altra lingua. Con lui abbiamo imparato a conoscere anche il teatro di diverse epoche, le tragedie, le commedie e le trasposizioni moderne. Riuscivamo ad apprendere divertendoci. A dicembre del primo anno si è vestito da Babbo Natale e durante tutto il resto dell'anno ci siamo applicati e siamo riusciti a leggere quasi un intero libro in latino. Gli altri ci invidiavano per la nostra bravura e per il rapporto. Soprattutto gli insegnanti, nostri e della scuola, ci invidiavano. Noi, il prof e l'amicizia instaurata, superiore a qualsiasi altro legame con gli altri. La fiducia era massima per alcuni e la sincerità un obbligo.

Anche personalmente il rapporto con l'insegnante era notevolmente cambiato. Rimanendo comunque professionale, riusciva a darmi un supporto e una fiducia incondizionata. Se avevo qualche problema potevo parlarne con lui e aveva sempre un consiglio da darmi. Ogni tanto quegli occhi blu erano un po' troppo profondi e ti sembrava di caderci giù e di non salirci più. Era veramente abile a leggere le emozioni umane. Sapeva dell'effetto che aveva sugli altri, era un bravo attore anche in questo. Ci invitava a rassegne e pali, ma pochi venivano. Alcuni si erano allontanati perché non credevano che gli insegnanti potessero diventare dei mentori. La prima volta che l'ho visto leggere un testo al di fuori della scuola sono rimasta paralizzata. Era un meeting di filosofia su Aristotele. Le parole scorrevano sulle sue labbra con pause studiate e toni sarcastici o critici. A scuola si tratteneva, ma fuori era poetico. Più continuavo a vedere mostre, eventi e spettacoli più mi avvicinavo anche alla cultura classica e conoscevo altre persone magnifiche e più cesceva la mia stima nei suoi confronti.

A metà anno i miei compagni mi prendevano in giro e seriamente credevano che fossi innamorata di lui. Dicevano che lo guardavo in modo strano e che non la smettevo di parlare quando c'era lui. Era una situazione talmente buffa che me la risolvevo con qualche risata, ma era vero. Sembravo infatuata. Questi risolini non mi hanno mai abbandonata.

Come la situazione è migliorata con il prof, così i ragazzi hanno iniziato a detestarlo. "E' una lingua morta" qualcuno diceva. E gli altri a ruota "esatto e crede anche di essere simpatico quando ci racconta della sua vita e ci chiede come stiamo. Potremmo mai essere sinceri con degli adulti, con degli insegnanti per di più?". E così arrivò il secondo anno. Eravamo rimasti in quella bella amicizia scolastica solo io e lui. Seguivo le lezioni e mi divertivo, mentre tra un testo e l'altro si chiacchierava tutti assieme delle vite di Cicerone e Sallustio. I miti, oggetto delle interrogazioni, diventavano uno spettacolo teatrale nelle sue parole e diventavano vivi, come se fossero stati nostri contemporanei.

E così giunse la fine del secondo anno. Ero andata a vedere uno spettacolo dove lui recitava un monologo su un famoso ciclista nella corte del nostro paese. Un chiosco in roccia ricoperto da fiori dischiusi, con una piattaforma sopraelevata e delle sedie circondate da una stoffa chiara. L'aria calda e pesante affaticava concentrazione e respiro, giugno e il caldo mi stavano squagliando. La sigaretta del mio vicino dava il colpo di grazie e il sottile sapore del tabacco mi entrava nelle narici. Con l'inizio della recita tutto svanì. Il tono tonante e rassicurante del mio insegnante teneva tutti rapiti e lo sguardo bruciava la pelle. E così sono stata. Due ore in continua ammirazione, ignorando completamente il resto. Alla fine ci siamo alzati, la magia era finita e la realtà era pronta a colpirmi di nuovo. –Devo dirti una cosa che non piacerà, almeno a te s'intende- mi dice, così prima di andare via e salutarlo mi blocco. Prima di continuare con gli altri tanti ospiti mi dice che cambierà classe perché si era accorto che andare avanti non sarebbe stato proficuo. Se ne era accorto allora. Io sciocca mi ero illusa che fosse sfuggito tutto. Gli occhi mi pulsavano e le lacrime minacciavano di scendere. Credevo di averlo perso. Il mio maestro di vita, la mia guida, il mio Virgilio mi lasciava alla fine del Purgatorio. –A scuola ci rivedremo, inviterò gli altri ai diversi eventi e quando vorrai io sarò lì. Per tutti- Così in un veloce abbraccio ci separiamo, ma per quella notte.

Ancora oggi, un anno dopo, non è cambiato nulla. Partecipo ai suoi spettacoli quando si esibisce e anche se non c'è sempre vado a nuovi meeting e mi apro a nuove aspettative. Mi ha fatto scoprire il teatro, la filosofia e il mondo latino e ancora oggi tutto ciò non mi abbandona, anzi mi ha aiutata a crescere.

Devo ammettere però che mi manca vederlo in classe quasi tutti i giorni, è triste, molto. Nessuno mi ha più dato quello. Lui si è stato un ottimo insegnante, di quelli non invidiosi dei ragazzi. Di quelli che spronano a lanciarsi, che non sono solo dispensatori di conoscenze. Di quelli che, nonostante la distanza, per quello che creano con la sensibilità e l'esperienza, ti lasceranno qualcosa.

Quando siamo giovani e ci sentiamo disorientati, soli e incompresi, schiacciati dalle emozioni abbiamo bisogno di persone così. Di persone vere e umane. Insomma, di maestri di vita.


Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 14, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Secrets & moreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora