L'alleanza

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Un rumore metallico rimbombò tutto attorno a lei. A seguito di esso una serie di imprecazioni rabbiose, come ringhiate. Un odore simile a quello di una vecchia cantina umida le impregnava le narici, facendole storcere il naso, anche se forse c'era dell'altro. La ragazza si concentrò; fumo e pelle -o cuoio. Era abbastanza sicura della cosa a cui avrebbe potuto attribuire quell'odore.

Non aveva ancora sollevato le palpebre comunque, ed era perché si sentiva estremamente stanca, come se avesse riposato per millenni. Solamente che male. Percepiva le braccia indolenzite, il respiro corto e la testa estremamente pesante. Eppure sapeva qualcosa -oltre a chi fosse il suo compagno di stanza, si intende; sapeva che era seduta a terra, con la schiena contro la parete, e che sia quest'ultima che il pavimento erano in pietra grezza. Perciò l'ipotesi della cantina regge, si disse.

Sapeva anche che i propri sensi di cacciatrice erano allerta, e che questo non potesse significare che fosse al sicuro. E il motivo non era che ci fosse anche Spike lì, in quel momento.

A tale proposito era anche sicura che lui sapesse che si era svegliata - visti i suoi, di sensi. Era certa che la sua frequenza cardiaca si fosse alterata, così come doveva essere mutato anche il ritmo dei suoi respiri. Eppure aveva taciuto sino ad allora; lui, il primo tra tutti nel farla imbestialire, non le aveva ancora rivolto la parola. E dire che non le era mai parso capace di rimanerne privo.

Udì ancora una volta quel disturbante rumore di metallo e decise di aprire finalmente gli occhi.

Ci mise un po' a mettere a fuoco la penombra nella quale si trovavano, ma si rese presto conto che, per quanto piccola, una fonte di luce sulla cima della parete opposta a lei c'era: una finestrella stretta e lunga, sbarrata, da cui filtravano timidi pochi raggi di luna piena.

Spike si trovava a pochissimi metri da lei, contro la sua medesima parete, voltato anch'egli contro lo spiraglio sopra di loro. E fumava. La ragazza poteva intuire chiaramente quanto fosse nervoso; il filtro si era fatto piatto tra le sue dita rabbiose, la mandibola era tesa, e tra un tiro e l'altro non faceva trascorrere che pochi secondi. E a lui piaceva fumare; era un vero e proprio amante dei vizi umani - poteva abusarne senza conseguenze. Buffy lo aveva capito quando avevano parlato di fronte l'auto della polizia; quando avevano deciso di darsi una pausa dall'idea di eliminarsi a vicenda - almeno per mezza giornata.

Fu questo pensiero a farle capire circa cosa stesse accadendo. Oh, pensò, abbiamo perso.

Probabilmente il battito del proprio cuore accelerò ancora una volta di fronte quella semplice, devastante realizzazione, perché il biondo decise finalmente di spezzare il silenzio tra loro:

"L'hai capito, Goldielocks?*"

Non la stava guardando. Il suo sguardo rimaneva fisso sulla finestrella frustrato, spazientito, deluso e tanto, infinitamente arrabbiato. Ma non con lei, non con la cacciatrice. Non con la persona che, più in assoluto, avrebbe desiderato odiare, perché la comprendeva.

"Cristo." si lasciò sfuggire in un sussurro la giovane, mentre lasciava scivolare i propri occhi sui vestiti che aveva indosso, impregnati di sangue. Si sentì sporca, disgustosa e inutile. Il cuore le si contorse nel petto dal dispiacere, e pregò che almeno quello Spike non potesse percepirlo - perché sarebbe stato davvero troppo.

Comunque, se lui lo percepì o meno, lei non lo avrebbe mai saputo: "Siamo nella tana." disse infatti lui, lanciando il mozzicone di sigaretta lontano "In una stramaledettissima cantina."

Buffy corrugò la fronte. Il mozzicone a terra brillava, ancora incandescente, mentre una stilla di paura aguzza prendeva a penetrarle l'animo. Solo lui poteva farla vacillare tanto - farla sentire come se non potesse esistere alcuna via d'uscita.

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