Damide e Camilla

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Le mie #ministorie: Damide e Camilla

Tanto tempo fa, nell'antica Roma, vivevano Damide e Camilla, fratello e sorella rispettivamente di 15 e 12 anni. La vita non era stata benevola con i due ragazzi che furono abbandonati dai genitori in tenera età ed erano stati cresciuti da una cara signora che aveva accolto i due bambini in casa crescendoli come se fossero figli suoi senza mai parlare con nessuno della mancanza di un legame di sangue in quanto le leggi vigenti all'ora non consentivano trattamenti di questo genere e la vita dei due ragazzi procedeva nel migliore dei modi grazie alle amorevoli cure della mamma adottiva.
Un giorno però cambiò tutto e si presentarono a casa loro le guardie dell'Imperatore che prelevarono Camilla e Damide per portarlo alla corte in quanto avevano scoperto la reale provenienza dei due ragazzi.
Erano nati da un legionario di origine gallica di nome Fabius Vargis e da una donna della media borghesia chiamata Valeria Vaticana e sarebbero potuti essere liberi cittadini, ma quando erano piccolissimi, poco dopo averli abbandonati, il padre venne ucciso per un procedimento punitivo che avveniva quando qualcuno disertava un impegno o un onere. L'uomo era stracolmo di debiti insolvibili e preso dalla disperazione abbandonò i due ragazzi fuori dalla città e vendette i suoi parenti compresa la moglie come schiavi ad un padrone duro e crudele che quasi non li nutriva e vestiva e li utilizzava per compiere lavori pesanti, per questo un giorno la madre dei due ragazzi tentò di fuggire ma fu presa e uccisa. Per anni nessuno aveva più avuto notizie dei due ragazzi, ritenuti deceduti fino a quando un uomo creditore di Fabius, li aveva riconosciuti ed aveva avvisato le autorità competenti che non avevano perso tempo nel rintracciarli e prelevarli.
Damide divenne suo malgrado un gladiatore e Camilla fu venduta come schiava ad un ricco possidente a cui suo padre doveva tanti soldi. Arrivò la sera del primo incontro di Damide nell'anfiteatro Flavio in cui la folla trepidava e acclamava impaziente di assistere a scontri, caratterizzati da violenza e sangue.
Damide era nei sotterranei insieme agli altri gladiatori, ed attendeva con molta tensione addosso che gli altri condannati entrassero nell'arena e fossero dati in pasto agli affamati leoni, dopo sarebbe toccato a lui entrare nell'arena per tentare di uccidere quelle ferocissime belve.
Come tutti sanno, essere un gladiatore significava trovarsi al gradino sociale più basso dello spietato mondo romano e dover essere sempre chiamati a rischiare la vita per il semplice divertimento degli spettatori.
Lui non avrebbe voluto essere un gladiatore, ma d'altronde non aveva avuto scelta e malediceva ogni giorno le peripezie del padre che era stato così egoista da mettere al primo posto i propri vizi dimenticandosi di avere delle responsabilità verso i propri famigliari.
Damide era un uomo dall'alta statura, fisico possente, capelli biondi, occhi blu ma nonostante ciò provava mentre attendeva la sua triste sorte provava paura e dolore per quel che doveva affrontare e infliggere, ma se voleva vivere doveva battersi ferocemente e uccidere.
Le guardie diedero il segnale ed i condannati fecero il loro ingresso nell'arena, fra di loro si trovavano tantissimi schiavi e prigionieri di guerra, ma per lo più si trattava di persone povere che per vari motivi erano stati costretti a commettere orribili azioni per sopravvivere pur sapendo che se fossero stati scoperti sarebbero finiti in quell'arena, come purtroppo accadde.
L'imperatore si alzò per osservare tutte le persone che avevano fatto il loro ingresso nell'arena e dopo avere proclamato la condanna diede il via e di lì a poco squillarono le trombe e le belve furono liberate e si avventarono sui meschini.
Fra il pubblico suo malgrado era presente anche Camilla, che purtroppo non poté esimersi dall'udire le grida dei condannati, le loro invocazioni e i loro pianti soffocati, dopodiché toccò a lui e compagni che uscirono e affrontarono le bestie, uccidendole e rimediandoci non poche ferite e Damide perì nello scontro contro un feroce Leone provocando un pianto disperato da parte della sorella Camilla che non riusciva a darsi pace.
Tutto questo attirò l'attenzione dell'Imperatore che diede l'ordine di far entrare nell'arena anche la piccola Camilla in quanto suo padre aveva commesso crimini troppo grandi contro la corte.
La piccola appena entrò nell'arena venne martoriata dai leoni assettati di sangue e prima che lo spettacolo giunse al termine l'Imperatore fece richiamare i leoni e si avvicinò impietosito allo scempiato corpo di Camilla la fissò nel volto intatto, notando un'espressione rassegnata.
La notte seguente il duro e crudele Imperatore pianse la stolta e indifesa Camilla, in quanto in fin dei conti era una giovane donna gentile, colta e bella che non doveva finire in quel modo per una spregevole condotta di un padre sconsiderato ma quando si addormentò sognò la giovane circondata da una luce abbagliante che gli diceva: "Non devi piangere per me che sono morta per colui che non ha avuto considerazione per me, ora mi trovo in un impero dove non vi sono schiavi che subiscono o padroni che uccidono, pregherò perché tu possa raggiungermi".
Tempo dopo, come gli aveva annunciato la ragazza nel sogno, l'Imperatore si ammalò e stroncato da un male incurabile raggiunse il regno che le aveva descritto la ragazza e si rese conto di quanto era stato crudele nella vita terrena.

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