La mattina dei cento giorni fu la prima assenza non per malattia dell'intera carriera scolastica di Giulio: le classi uscenti si erano date appuntamento alle dieci e mezzo del mattino fuori dal palazzo della scuola e, verso le undici, tutte le classi erano lì.
Quella mattina, il ragazzo aveva anche visto un post della ragazza in cui c'era una delle foto che aveva scattato lui.
Nella descrizione aveva scritto: "Ho bisogno di tre cose nella vita: αἱ κλίναι, ἡ ἐταιρεία, οἱ τοῦ οἶνου πεντεκαἰδεκα πίθοι".Il ragazzo, sentendosi quella mattina particolarmente brillante, decise di commentare con "ma che bella la terza foto :) <3", facendo riferimento a quella che aveva scattato lui un paio di settimane prima.
Non si aspettava, però, che la ragazza rispondesse con "il fotografo è molto più bello ;)". Rimase diversi minuti a fissare il messaggio, prima di ricordarsi di quello che sarebbe dovuto succedere quel giorno.«Ragazzi, al mio via cominciate a sparare!» esclamò il loro rappresentante d'istituto, Francesco Basmittiani.
«3...»
Giulio si chiese se fosse stata una buona idea andare: non aveva mai partecipato a nessun tipo di manifestazione, perché proprio quella?«2...»
Si girò verso la sua destra e la vide: Beatrice. La ragazza aveva in mano uno dei botti di coriandoli, e si stava preparando ad aprirlo. Era seriamente andato ad una stupida celebrazione solo per un'amica?«1...»
Il ragazzo si tappò le orecchie. Poteva essere assurdo, ma sì, era lì per una ragazza. Il lui di qualche tempo prima non ci avrebbe mai creduto.«VIA!»
Tutti cominciarono ad urlare e festeggiare mentre i botti esplodevano.Cominciarono a far scoppiare petardi e miniciccioli vari e, finiti anche quelli, qualcuno urlò: «SCIAMU ALLA CONCA!» e tutti cominciarono a salire su moto e macchine varie.
Giulio si voltò verso Beatrice e chiese: «Tu vai?», al che lei rispose: «Ti sembra una domanda da fare? Mi sembra scontato che vada!»
La conca era una specie di spiaggia–scogliera iconica a Brindisi: i ragazzi erano soliti ritrovarsi lì poiché c'erano diversi punti da cui ci si poteva tuffare —che fossero estremamente alti oppure abbastanza bassi— e anche perché l'acqua era solitamente pulita e cristallina.
Se Giulio avesse detto al sé stesso di inizio anno che dopo i cento giorni si sarebbe, di sua volontà, trovato alla conca con un centinaio di altri studenti per Beatrice Lobascio, probabilmente si sarebbe preso per pazzo.
Eppure, eccolo lì, in mezzo a persone che si denudavano parzialmente e si tuffavano in acqua.
«Dai, Giulio, buttati, che è morbido!» esclamò Giulia dall'acqua: si era lanciata con ancora indosso maglietta e pantaloncini corti e lo stava salutando dall'acqua.
Giulio prese un bel respiro.
Sicuramente non voleva bagnarsi scarpe, pantalone e camicia, ma non voleva decisamente tuffarsi in mutande in acqua. Ringraziò tutto ciò che poteva ringraziare per avergli dato due genitori che lo avevano obbligato a fare una quindicina d'anni di piscina, si tolse la camicia rimanendo a petto nudo —con le urla di incitazione dei suoi compagni di classe—, si tolse le scarpe e, con un po' di dolore, si tuffò in acqua.Un urlo prorompente venne dai suoi compagni di classe che lo videro, per la prima volta, fare qualcosa di relativamente atletico senza implodere.
«Giulio!», esclamò Beatrice, nuotando a rana verso l'amico e abbracciandolo. Si poggiò poi a lui e disse: «Non pensavo ti saresti tuffato! E non pensavo nascondessi questo piccolo nuotatore dentro di te!»
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"Portami in motobarca e dimmi che mi ami."
RomanceGiulio è un ragazzo normale: va a scuola in un liceo classico, studia, suona il violino e porta spesso a spasso il suo cane. L'unica cosa che lo differenzia dai suoi coetanei, forse, è la profonda avversione che prova per loro. Beatrice, la sua stor...