Apnea: Antarctica

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"Dedicato ad Andrea Spezzacatena e a tutti voi, che in vita avete portato un peso troppo grande, per essere parole."



Apnea: Antarctica nasce nel 2022 e da allora è stato mille cose, lettere epistolari e pagine di diario, un melting pot narrativo ha attraversato chi vi scrive attraverso tante epoche e tanti scrittori, da Poe a Pessoa passando per Dostoevskij in molti hanno messo la loro penna sopra la mia, questo per paura di avere un'identità letteraria che potesse rispecchiarmi troppo o troppo poco, troppo superficiale o troppo pesante a seconda di chi legge; nel ho ripreso il progetto cambiandone la forma narrativa e cercando di darne un senso, senso che porterà il protagonista ad affrontare un declino emotivo e umano fino a farlo scontrare con temi ritenuti tabù dalla società, dal nichilismo verso l'amore al suicidio, il tutto con personaggi che non hanno nulla di secondario ma che, proprio come nella vita reale, contaminano tramite rapporti interpersonali l'altro fino a plasmarlo contro la sua volontà. Queste pagine non hanno l'intenzione di elevare il soggetto a vittima o carnefice, è una storia come tante di un uomo come tanti la quale non riesce a uscire da situazioni di vita ordinarie, che siano pessimi genitori o partner anaffettive, problematiche nel mondo del lavoro e integrazione nella società; ovviamente nomi di persone e eventi raccontati possono essere veri o romanzati, nessuna pagina nasce con l'intento di classificare le persone in buone o cattive, sono solo storie. Prendetele per quel che sono.


Trama: Francesco si ritrova seduto sul tetto di casa sua in una sera di fine settembre, pensa ai suoi 28 anni appena compiuti e come sia arrivato a fissare il vuoto vedendolo come una salvezza, pensa al rapporto con i suoi genitori assenti da sempre, con la sua fidanzata con la quale ha un rapporto unilaterale, con un lavoro che lo schiaccia quotidianamente, allora decide di lanciarsi. Un volo e poi lo schianto, sulla salma di Francesco giace una farfalla, e quando apre gli occhi scopre di non essere morto, vede se stesso in terza persona, e una seconda opportunità dalla vita. Che forse potrà sfruttare per liberarsi attraverso il viaggio nel corpo di una farfalla.


INDICE

1.Verde2.Terra rossa3.Cuore e spina dorsale4.Anafranil5.Matrioska: ascensore per l'inferno6.Compromessi7.Hokkaido: per ogni lacrima un fiocco8.Ragazzi soli9.Apnea: Antarctica10.Esiste una farfalla libera




1. Verde


Di questi giorni, compressione di tante vite in un'unica sagoma che per tanti anni gli altri hanno chiamato Francesco, resterà solo un ricordo, la mia salma dentro una lastra di vetro immersa nel fondale di un mare del nord che va giù. A fondo, scendo sempre più a fondo e cresce la pressione sulla lastra che annega, il mio sguardo verso l'alto intercetta gli ultimi bagliori di luce, sempre più fievole, il suono delle balene artiche mi accompagna in una culla che per pochi secondi mi fa assaggiare il calore materno con la speranza di morte affianca ogni essere quasi umano. Era tutto un sogno, era tutto cosi reale, era tutto.Rinvengo, com'è iniziato?

15 anni prima

"Ci siamo persi" mi guardo intorno e ne prendo atto "ci siamo persi al ritorno dal primo giorno di scuola" come sia stato possibile non lo so, nella desolazione di quello spiazzale cercavo con lo sguardo l'unico mio punto di riferimento: Simone. Lo guardo e sbuffo << Ma come abbiamo fatto a perderci? Abbiamo seguito le indicazioni di mio padre sui bus>> girandomi desolato cerco informazioni sui cartelloni << avrà sbagliato anche lui, siete simili>> le battute di Simone non sono mai state pungenti, mi hanno sempre riportato ad una dimensione bambina.Lo guardo e mi consolo, sono genuinamente felice di averlo conosciuto ormai tre anni prima, negli anni delle medie, anni che ancora oggi cerco di dimenticare, avendo perso la persona più importante della mia infanzia, eppure, eppure Simone sin dal primo giorno mi ha trasmesso una sensazione di gioia e vitalità difficilmente esprimibili a parole, non che lui avesse un modo di fare acuto o un linguaggio forbito, ma quelle son cose che si possono acquisire, Simone aveva altro, aveva occhi rari, occhi che non giudicano, nessun secondo fine o malizia ha mai attraversato la sua persona e anche oggi, a distanza di 18 anni dal nostro primo incontro, credo sia l'unica persona a cui affiderei l'ultimo frammento di memoria emotiva da proteggere. Di lui mi fidavo, mi fido e fiderò sempre. Mi accorgo di essermi perso nei miei pensieri mentre la stazione dei treni ci ricorda che sono le 14:27, dovevamo essere a casa da un'ora abbondante, mentre nella mia testa scenari di scuse si susseguono su come spiegare a mia madre quella disattenzione che ci è costato un viaggio ai limiti della regione; avrei scoperto solo col tempo che quella era stata la metafora perfetta di una vita all'insegna del caos."Treno in transito al binario 2, allontanarsi dalla linea gialla" riecheggia l'altoparlante che mi fa vibrare i timpani, o forse sono le cuffie di questo mp3 che non riescono ad isolarmi abbastanza dall'ambiente circostante, sono le quasi le 7 del mattino eppure il mondo è già cosi vivo, cosi pieno, cosi asimmetrico da me che preferisco isolarmi in me stesso, soprattutto nei giorni dove non essendoci Simone mi ritrovo a prendere il treno anzichè il bus, consapevole del fatto che ad appena 12 anni mi muovo già da solo con estrema destrezza, anche se con poca gioia, dato che lo faccio solo per andare a scuola. Frequento il primo anno di un istituto tecnico industriale e so che quello che studio non mi piace, anche se ad essere onesto non so cosa mi piaccia davvero, forse non è normale in quest'epoca essere indecisi a 12 anni, forse dovrei saperlo cosa mi piace, almeno cosi mi dice chi ha qualche anno in più. Ad essere onesti, l'unico lavoro che vorrei fare da grande è il medico, ma per i miei genitori è troppo ambizioso quindi mi hanno vivamente suggerito un percorso diverso. Salgo sul treno e non respiro, tutte queste vite così coese quasi mi allontanano dalla vita stessa, mi sento soffocare in quattordici minuti di apnea su rotaie, trovando consolazione solo nel finestrino che mi mostra il centro direzionale di Napoli, un luogo che per centinaia e migliaia di persone ogni giorno è mero lavoro per me è ricordo di quella che fino a pochi anni prima era la mia vita da bambino, una vita che oscillava tra la scuola e casa dei miei nonni materni.Ho sempre vissuto Napoli come una mamma troppo estrosa da gestire, una mamma che ti mette in imbarazzo davanti ai tuoi amici alle feste, ma che come nessun'altra mamma ti fa capire il significato dell'amore e della vera ricchezza, che va ben oltre una banconota, e io la ricchezza l'ho trovata sin da bambino in una zuppa di latte e una tv a tubo cadotico dal sesto piano di casa dei miei nonni, casa che ho vissuto fino a 4 anni come presenza fissa, e fino agli 11 come dimora per i miei fine settimana. Ora che sono passati anni, posso dire con assoluta certezza che non esiste una forma d'amore maggiore di quella di un nonno o una nonna verso il proprio nipote, un amore incondizionato che va ben oltre la corrispettività dell'amore romantico, dell'aspettativa dell'amore genitoriale, dell'abnegazione dell'amore unilaterale, ma quello dei miei nonni e soprattutto di mia nonna, quello no. Era diverso, lo sarà per sempre, lei aveva capito che il segreto per rendermi felice fosse regalarmi la tranquillità e il sonno, tutto ciò che la vita mi avrebbe strappato troppo presto. "Treno in arrivo al binario 6, non sostare sulla banchina durante la discesa" l'avviso dell'altoparlante mi fa rinvenire mentre la marea umana di persone mi spinge verso l'esterno, è incredibile come bastino dei ricordi per portarmi in una realtà che non c'è più, e mentre la nostalgia mi trafora esco dalla stazione in direzione della scuola.Corro verso l'atrio e sono già stanco, sovente fermo compagni di classe nel cortile con un rituale <<gli altri sono già sopra?>> per ricevere puntualmente un secco <<No>> detto con sufficienza, quella di chi ha la consapevolezza che nessuno sale prima dell'orario ma questo io ancora non lo sapevo, per me la scuola era una prassi, non un peso come sarebbe divenuto poi negli anni. Era una scuola maschile, non formalmente dato che era aperta a entrambi i sessi ma vedere solo due donne in tutto l'istituto faceva un certo effetto, era come se fossero lì per errore, e per errore spesso origliavo i più grandi fare commenti sessisti sul fatto che una donna non dovesse fare una scuola "da uomini", eppure a me quelle due sembravano interessate alla meccanica molto più di tanti uomini, sicuramente più di me, che non avevo nessuna passione per le varie specializzazioni che avrei potuto scegliere da lì a due anni, quelle cose non mi piacevano, mi piaceva starmene per i fatti miei e aspettare che il tempo scorresse, che fosse dal finestrino di un treno o dalla finestra di una classe non aveva importanza: io ero sempre fuori, con il corpo o con la mente mentre il tempo mi attraversava e io lo lasciavo fare.Ero molto diligente, raramente nei primi anni mi assentavo anche se - ad essere onesti - lo facevo più per non subire le pressioni psicologiche dei miei genitori che mi facevano pesare ogni assenza, con commenti o allusioni di vario genere, piuttosto che un reale interesse verso la scuola, e non credevo loro lo fossero ma forse lo erano nel modo in cui un genitore senza educazione affettiva, tipica di chiunque nasca tra gli anni sessanta e ottanta, è abituato a interessarsi <<hai fatto l'interrogazione?>> oppure <<gli altri come sono andati?>> nella migliore delle ipotesi c'era un << potevi fare di meglio>> tante cose, bravo mai. Mai ho sentito parole di gratificazione da parte dei miei genitori tuttavia la loro mancanza di interesse nelle mie passioni mi demoralizzava più di qualsiasi fallimento scolastico.

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⏰ Last updated: Dec 09, 2023 ⏰

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