Capitolo 3 - La fine

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Mi ritrovai di fronte la facciata d'ingresso del posto in cui ho sempre vissuto da quando ho memoria. 
Qui ci nacqui;
Qui ci crebbi;
Qui ci vissi tanti momenti felici insieme a mio padre e mia madre.
Mi tornarono subito in mente i miei genitori e il mio cervello diventò improvvisamente come una grande camera vuota, in cui il silenzio sembrava quasi essere un assordante rumore che non aveva intenzione di cessare.
Ero ancora convinto di trovarmi dentro un assurdo sogno, così pensai che magari dentro ci avrei trovato loro, pronti ad accogliermi, almeno per poter dire quanto mi mancavano e che non fossi ancora pronto a dire loro addio. 
Il vialetto di casa era sporco di terra e con qualche erbaccia sparsa, era pazzesco come in poco tempo potesse ridursi così. 
Mi avvicinai alla porta d'ingresso dal color caramello un po' sciupato dal sole, guardandola per qualche istante, pensando che quella maledetta sera mi trovassi dall'altra parte, del tutto spensierato. 
Avvicinai lentamente la mano alla maniglia, provando ad aprirla, ma era chiusa a chiave. 
Senza pensarci due volte, mi chinai verso lo zerbino ricordandomi che mio padre fosse un po' sbadato, e dato che gli capitava spesso di dimenticare le chiavi di casa, ne aveva nascosta una di riserva proprio sotto quel tappeto d'ingresso.
Presi la chiave, la strinsi in mano e mi sollevai avvicinandomi a quella vecchia serratura ormai un po' rovinata dal tempo. 
Inserii la chiave nel foro d'apertura, girandola mi accorsi e realizzai che sembrava fossi diventato sordo.
Non sentivo più alcun suono, né dell'ambiente circostante, né della chiave che faceva scattare la serratura. 
Presi un bel respiro profondo e aprii. 
Dentro era come ricordassi, sul divano c'era ancora il telecomando che poggiai quello stramaledetto giorno, quando dovetti andare ad aprire la porta a quella che fu una vera e propria esecuzione alla mia testa ed al mio cuore.
Feci qualche passo, e mi accorsi in fretta che la polvere sembrava aver preso il sopravvento su tutto il perimetro della casa. 
Pensai che non avessi mai apprezzato ciò che facesse mia madre prima d'ora, perché doveva fare proprio un gran duro lavoro per mantenere la casa in modo impeccabile, giorno per giorno.  
Mi guardai attorno, ma era tutto spento e silenzioso. 
Lasciai cadere la chiave a terra, ma ancora una volta non sentii niente. 
Mi avvicinai verso la camera dei miei, ma ormai era quasi vuota, perché mia zia stava pian piano facendo portare via tutto. 
Fissavo quel letto e mi ricordavo quando da piccolo mi bastava stendermi lì sopra per sentire l'odore dei miei genitori e sradicare improvvisamente qualsiasi pensiero negativo, ma adesso non ne avevo il coraggio; lo fissavo e basta. 
Mi avvicinai al comodino di mio padre, mi sedetti sul bordo del letto ed aprii il primo cassetto. 
Era ancora pieno di calzini che penso non abbia mai indossato, dato che molte volte lo sgridavo perché adorava prendere i miei. 
Sospirai, ne fissai il contenuto per qualche istante e poi lo richiusi. 
Decisi dunque di aprire il secondo cassetto, e dentro ci trovai la cornice di una fotografia a testa sotto, così la presi e la rigirai per poter vedere quale momento ne fosse stato immortalato all'interno, ma con un misto di stupore e tristezza, vidi che fosse rotta e vuota all'interno.
Avrei voluto vedere una foto dei miei genitori, perché con tutto questo caos, mi ero proprio dimenticato di procurarmene una, così mi venne un'idea geniale: 
Avrei potuto prendere la scatola di fotografie che mia madre custodiva gelosamente dentro un'anta del suo armadio e potermi godere, almeno per qualche istante, il loro amorevole ricordo come se fossero ancora qui con me.
Mi alzai dal letto e mi diressi verso l'armadio di mia madre, ma una volta aperto notai con dispiacere che dentro fosse ormai vuoto. 
Mi sentivo come se anche l'ultima mia speranza di vederli stesse svanendo, finché non mi venne in mente qualcosa che mia zia mi disse, una delle poche volte in cui mi rivolse la parola, da quando andai da lei: 
 «Shu, non so se possa farti piacere, ma ho preso alcune delle cose dalla stanza dei tuoi genitori e le ho messe in uno scatolone, dentro quel vecchio mobile in salotto»

Senza pensarci nemmeno, uscii di casa lasciando tutto aperto. 
Con passo svelto mi inoltrai verso casa di zia che distava poche centinaia di metri da casa mia, e quando arrivai, ricordo di aver avuto il fiatone, ma non avevo tempo di riprendere ossigeno.
Aprii il portone, salii gli scalini due per volta per la fretta, e spinsi la porta d'ingresso che lasciai socchiusa. 
Non mi importava davvero più di nulla, volevo solo godermi i momenti immortalati in quelle foto e rivedere i volti dei miei genitori che in tutto quel trambusto avevo paura di dimenticare. 
Il fatto di non sentire più alcun suono ormai non mi importava nemmeno più, io avevo in mente solo loro.
Nella mia testa volevo riparare qualcosa che pensavo fosse andato in pezzi e che credevo non avrei mai più potuto aggiustare. 
Aprii l'anta di quel mobile che non so per quale miracolo divino si tenesse ancora in piedi, e tirai fuori un grosso scatolone che sembrava essere stato messo lì da poco. 
Dentro c'erano per lo più cianfrusaglie come accendini, calamite da frigo e pupazzetti di ceramica dalla dubbia utilità. 
Continuai a cercare sempre più a fondo, finché non trovai un piccolo cumulo di foto, poggiate una sopra l'altra. 
Le tirai fuori da quel cartone sbiadito, non preoccupandomi affatto delle cose che spostai in malo modo pur di farmi spazio. 
Quei momenti impressi nella carta fotografica erano più belli di ciò che mi aspettassi davvero. 
Fu come un fantastico viaggio cronologico della vita dei miei genitori:
Quando si fidanzarono;
Le prime festività insieme;
Quando si sposarono; 
Il viaggio di nozze;
La gravidanza di mia madre;
La mia nascita; 
Il mio primo compleanno; 
Il nostro primo viaggio insieme. 
Vedere quelle foto mi riempiva il cuore, e per la prima volta dal giorno della loro scomparsa, cominciai a piangere come una fontana. 
Non ricordo di aver mai pianto tanto in vita mia, ma qualcosa in me si era finalmente sbloccato. 
Non capivo se fossi io o chissà che altro, ma cominciai a sentire il rumore di gocce d'acqua infrangersi sul pavimento. 
Mi asciugai le lacrime con le maniche della maglia che indossavo, e mi alzai alla ricerca di questo rumore. 
Seguii dunque l'unico suono che riuscii a sentire quel giorno, e mi ritrovai davanti la porta del bagno.
Presi un bel respiro profondo, e aprii lentamente la porta. 
Una vista macabra mi sconvolse:
Una sagoma nuda, dentro la vasca da bagno colma di acqua e sangue, illuminata solamente da quei raggi di luce che entravano dalla porta che aprii. 
Il cuore mi salii fino in gola e sbiancai di colpo. 
Aveva un braccio fuori dalla vasca, che ancora sgocciolava sangue, mentre vicino la mano che sfiorava il pavimento era presente una lametta da rasoio manuale. 
Mi avvicinai lentamente a quel che ormai era un corpo senza vita e mi accorsi di ciò che in cuore mio avevo immaginato fin dall'inizio, ma che speravo fosse solo frutto della mia immaginazio:
Quel corpo dentro la vasca era il mio. 

Shu si suicidò il giorno del suo diciottesimo compleanno, il 7 luglio 2023. 


SE CREDI CHE TU O UN TUO AMICO DOVESTE SENTIRVI A RISCHIO DI SUICIDIO O AUTOLESIONISMO, TI PREGO, PARLATENE CON UN PROFESSIONISTA E SOTTOPONETEVI A DEI PERCORSI DI TERAPIA E/O CERCATE IL SUPPORTO DI ESPERTI NEL CAMPO DELLA PREVENZIONE DEGLI STESSI. 
SE NECESSITATE DI ASSISTENZA IMMEDIATA, CONTATTATE UNA LINEA AMICA O UN OSPEDALE VICINO A VOI. 
PARLATE. 
CHE SIA CON UN AMICO, CON UN PARENTE, UN INSEGNANTE O UN CONOSCENTE. 

Parlare è sinonimo di coraggio, ed un gesto coraggioso può salvare una vita. 
Chiedere aiuto non è mai una debolezza. 

Grazie per l'attenzione.

I sintomi della tristezzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora