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— ANDRES —

Tranquillamente, quella mattina, stavo in banca per controllare qualche movimento sul mio conto. Mi era arrivata una lettera da "Save the Children" in cui dicevano che la mia regolare donazione di cinquanta euro al mese non fosse arrivata, quindi sono corso a controllare.

Quelle piccole creature contavano su noi donatori e io mi sentivo estremamente vicino a loro perché le loro vite, difficili e corrose dalle malarie, somigliavano parecchio alla mia.

Non volevo morissero di fame o sete come invece avevo rischiato di fare io durante gli anni in orfanotrofio per paura di andare nella dispensa di notte a prendermi una barretta.

In quel posto davano solo brodo, sia a pranzo che a cena. Se si voleva mangiare qualcosa di diverso si doveva rubare e per quanto io ci abbia provato una volta, mi è bastata per metterci fine all'istante.

Ero stato veloce, ma qualcuno fece comunque la spia e io finii in punizione.

Ricordavo ancora le mie grida nella stanza delle torture e l'ematoma che mi ritrovavo sulla schiena di certo non aiutava a dimenticare.

Mi stava appiccicato addosso come per non farmi immagine di non esser maledetto.

Guardai il pannello dei numeri in uscita e vidi il A20; mi diressi allo sportello esponendo il problema alla signorina dietro il vetro.

Lei mi guardò un momento, incantata e io battei le mani per riscuoterla. Mi stava mangiando con gli occhi e per quanto sapessi di essere un'ottimo boccone, quello non era certo il momento.

Senza contare che avevo già un'altra ragazza da domare.

Una rossa che mi tormentava ancora nonostante avesse detto che non voleva più avere a che fare con me.

«Oh, ci scusi tanto signore. Ripeteremo l'operazione all'istante chiedendo a un tecnico di verificare l'inghippo.»

«Ok, quanto ci vorrà? Mi avvisate quando sarà di nuovo tutto in ordine?»
«Certo, con un SMS direttamente sul cellulare.»

Allungò un dito per indicare l'apparecchio che avevo in mano, intenzionata a sfiorarla. Sbuffai nervosamente, infastidito e m'allontanai scoccandole un'occhiata truce.

«D'accordo...speriamo bene» borbottai tra me. Poi feci dietro front e uscii facendomi strada tra la decina di persone che occupavano il piccolo atrio dell'edificio.

Salii in macchina percorrendone con il dito la linea della carrozzeria – era un vizio che non riuscivo ad evitare. Adoravo seguirne le curve e sentirle sotto il mio tocco.

Quasi come adoravo sfiorare appena la pelle di Esmeralda solo per vederla arrossire.

Comunque, una volta posizionato dietro al volante, misi in moto e partii alla volta del mio negozio. Avevo qualche appuntamento quel giorno e dovevo controllare che fosse ancora tutto in ordine come l'avevo lasciato.

L'allarme antifurto non scattava da mesi, ma una visita di persona mi rassicurava sempre maggiormente.

Quindi, una volta arrivato, parcheggiai estraendo la chiave del negozio dai pantaloni ed entrai – trovai posto per la mia Porsche proprio di fronte.

Accessi la luce e venni inondata da un caldo -e non troppo forte- bagliore. Espirai a fondo. I mobili stavano ancora nella posizione in cui li avevo disposi e non presentavano difetti . Lo stesso valeva per gli ornamenti in oro e le spade da samurai.

Una leggera folata di polvere filtrava nell'ambiente, illuminata dal lampadario.

Mi diressi al bancone, controllai un paio di documenti contabili e di cassa in generale. Trovai i profili dei vecchi affari e alcuni riguardanti quelli in corso – tipo il signor López a cui mancava ancora qualche rata.

𝑪𝑹𝑨𝑺𝑯 1 | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora