Non seppi cosa mi fosse preso, il mio corpo reagì d'istinto, attratto come una calamita da quella ragazza. No, non poteva essere una ragazza, la pelle diafana, le labbra così piene e carnose, i capelli corvini leggermente mossi e gli occhi, dio quegli occhi, di un verde imparagonabile, non potevano che appartenere ad una dea. Una divinità scesa in terra per tentarmi e farmi perdere il controllo, ed io glielo cedetti volentieri. Mi trovavo in quella stanza d'albergo, la numero 93, per colpa, o meglio dire grazie, alle mie amiche, era un loro regalo per il mio diciottesimo compleanno. All'inizio, mentre ero d'avanti la porta, feci fatica a capire cosa ci fosse dietro, magari, pensai, uno scherzo di cattivo gusto, come quelli che faceva di solito Dinah. Cambiai subito opinione quando dalla porta ne uscì una ragazza con addosso solo una vestaglia nera di pizzo. Fui colta improvvisamente dalla consapevolezza e dall'imbarazzo, capii subito che cosa fosse quel regalo. Rimasi ferma sulla soglia ad osservarla per un tempo indefinito, lei ricambiò. Non potei fare altro che pensare a come fosse bella e perfetta quella creatura eterea di fronte ai miei occhi. Osservai scrupolosamente i lineamenti del suo viso, il mio cuore sobbalzò quando il mio sguardo ricadde sui suoi occhi, migliaia di sensazioni diverse nel mio stomaco. Erano di un colore imparagonabile, un verde cristallino screziato di azzurro. I nostri occhi rimasero incrociati per un tempo indefinito, i suoi bellissimi smeraldi mi guardarono in un modo indecifrabile, sembrava volesse leggermi l'anima, scavarmi dentro. Pieni di desiderio, nessuno mi aveva mai guardato in quel modo. Interruppi il contatto visivo solo quando, leggermente, mi prese la mano per portarmi dentro la stanza, chiudendo la porta, e lì mi persi in altri particolari del suo corpo. La sua mano era calda, ferma e accogliente, non sudata e tremante come la mia, la pelle liscia e di un bianco latteo, le dita sottili e aggraziate, curate con uno smalto rosso opaco. La stanza in cui ci trovavamo adesso era piuttosto piccola, un letto matrimoniale con lenzuola candide al centro, una piccola tv sulla scrivania a sinistra e su una sedia c'erano appoggiati dei vestiti con sotto degli anfibi neri, appartenenti di sicuro alla donna di fronte a me. La riguardai di nuovo, era a pochi centimetri dal mio viso e dovetti avere uno sguardo impaurito, perché mi prese i fianchi e mi fece un piccolo sorriso, come per rassicurarmi. Lì persi totalmente il controllo. Il mio corpo si mosse con uno scatto un po' violento, facendole quasi perdere l'equilibrio, il mio cervello improvvisamente si spense. Le sue labbra mi tentarono, i suoi occhi mi guardavano come nessuno fece mai nella mia vita. Anche se mi facevano sentire nuda nell'anima, quella sensazione stranamente non mi dispiaceva affatto. Le mie mani erano sul suo collo, le sue aggrappate alla mia vita e mi spingevano quasi con forza contro il suo corpo. Le nostre bocche si esploravano in maniera rude, ma la colpa era solo mia, perché fui io la prima a dare inizio a quella notte che non dimenticherò mai nella mia vita. La sua lingua era nella mia bocca, scivolava contro la mia lentamente, godendoci il sapore reciproco, mentre con calma mi fece voltare con la schiena verso il letto e incominciò a farmi indietreggiare fino a quando non mi lasciai andare sul lenzuolo. Ci staccammo lentamente con un sonoro schiocco, il mio respiro si infrangeva affannoso sulle sue labbra, le mie dita toccavano leggere la sua guancia, per poi scivolare verso la sua clavicola, dove rimasero ad accarezzare quell'osso sporgente. -Qual è il tuo nome?- mi sorprese con questa domanda, la sua voce ridotta ad un sussurro sottile ma roco. -Camila- biascicai, lei mi osservò per qualche secondo, come per metabolizzare l'informazione, poi nascose il suo viso nell'incavo del mio collo. -Sei così bella Camila- bisbigliò, strofinando il suo naso sulla mia pelle tesa, quel gesto e quel commento mi spiazzarono, mi fecero sentire desiderata, il mio cuore si scaldò all'improvviso e sembrava volesse funzionare a fatica. Ma la mia reazione improvvisamente mi fece travolgere dalla paura, non dovevo reagire così per una perfetta sconosciuta, sicuramente diceva e faceva queste cose a migliaia di ragazze inesperte. Questo mi provocò una stretta al cuore, il pensiero che quegli occhi avessero guardato altre persone nello stesso modo in cui guardavano me mi fece girare la testa. Ma non potevo pretendere nulla, era solo il mio regalo di compleanno, quindi decisi che me lo sarei goduto appieno e cercai di promettere a me stessa che non l'avrei lasciata completarmi. Prese un profondo respiro e strinse leggermente le lenzuola ai lati del mio corpo, come stregata dal mio profumo. Sentivo la sua bocca sfiorare il mio collo e l'unica cosa che in quel momento riuscii a pensare era che volevo sentire le sue labbra sulla mia pelle. Le accarezzai piano i capelli neri e lei si abbassò leggermente, lasciando un bacio umido sulla mia pelle, assaggiandone il sapore. Sospirai beata chiudendo gli occhi, mentre lei lasciava baci e morsi qua e la -Tu invece, come ti chiami?- cercai di chiederle cercando disperatamente di calmare i battiti incontrollati del mio cuore. Alzò il viso avvicinandolo al mio, nel frattempo mise una mano sotto la mia camicia, accarezzandomi delicatamente l'addome -Lauren- rispose semplicemente, guardandomi come se volesse analizzare le mie reazioni. Sorrisi leggermente e mi lasciai andare a quelle dolci carezze. "Lauren", continuavo a ripetere il suo nome in mente, come se volessi imprimermelo a fuoco nel cervello, era un nome perfetto. I suoi baci erano di nuovo indirizzati alla mia bocca, non esitai a ricambiare, mentre con entrambe le mani mi sbottonava la camicia, lasciandomi esposta al suo sguardo affamato. Sentii una calda sensazione al mio bassoventre nel pensare che era affamata di me, del mio corpo. Quando anche l'ultimo bottone fu tolto, mi levai in fretta quell'ormai inutile elemento, lasciandomi osservare ed ammirare da Lauren, che non perse tempo e mi tolse anche il reggiseno, l'ultima cosa che copriva il mio petto. Il suo sguardo adorante si perse nelle mie forme, rimase quasi a bocca aperta, il suo respiro accelerò visibilmente. Accarezzò piano, leggera come una piuma, il mio petto, non seppi perché, ma in quel momento mi sembrava una bambina, con lo sguardo di chi vuole scoprire cose che ha visto per la prima volta, Tutti questi pensieri non mi erano d'aiuto. Cercavo ardentemente di non dare a vedere che non volevo fosse una storia da una notte, che non volevo lasciare questo pezzo di paradiso, perché c'erano lei e i suoi occhi così luminosi. Mi ricoprì di baci e leggeri morsi, fino a quando non arrivò al mio capezzolo destro, lo prese in bocca, lo leccò, succhiò, mandandomi completamente in estasi, tutte quelle emozioni così ardenti mi fecero gemere talmente forse che me ne vergognai subito dopo. Lei sorrise alla mia innocenza, accarezzando il mio seno sinistro, dedicando anche a lui le stesse attenzioni. Più scendeva giù, più la mia schiena si inarcava. Tracciava con la lingua sul mio addome linee che sembravano una poesia romantica, ma che non sarebbe mai stata letta da nessuno, perché, mi ricordai di nuovo, era solo una storia da una notte, che sarebbe terminata troppo in fretta. MI sbottonò i pantaloni, ma io la bloccai, sfilandole il laccio della vestaglia con delicatezza, lasciandola coperta dall'intimo di pizzo nero. Il suo corpo era perfetto, le curve al posto giusto, non troppo magra, ma riuscivo comunque ad intravedere la linea delle costole sotto il suo seno, che non esitai a toccare. Stette ferma, godendosi la sensazione delle mie dita sul suo stomaco, chiudendo gli occhi, sembrando per la prima volta completamente arrendevole, persa anche lei in mille emozioni. Si riprese dopo un po', aprì gli occhi di scatto, in maniera quasi colpevole, la mia mano, ora sul suo seno sinistro, poté sentire il battito improvvisamente accelerato del suo cuore. Riscese, in maniera un po' troppo brusca, a livello della mia intimità, sfilandomi velocemente i pantaloni, dopo averli sbottonati. MI domandai di questo improvviso cambiamento, ma i miei pensieri furono interrotti dalla sua mano ora sulla stoffa delle mie mutande, che cerchiavano lentamente la mia pelle bollente e indecentemente bagnata. Non potei fermarmi, gemetti il suo nome e le graffiai la schiena, lasciando dei segni rossi evidenti. Lei fu soddisfatta della mia reazione e dopo qualche minuto di lenta e piacevole agonia mi sfilò l'ultimo indumento che mi proteggeva dal suo sguardo. Nessuno mi aveva mai vista nuda prima di allora, ma stranamente non provai molta vergogna, anche se era una sconosciuta, soprattutto perché Lauren tentò subito di farmi sentire a mio agio, sorridendomi dolcemente, baciandomi le labbra, sussurrandomi quanto fossi bella -Hai il corpo più bello che io abbia mai visto- e io le credetti. Ai miei sospiri e gemiti si unirono piccoli mugolii di piacere, causati dal movimento delle dita esperte ed affusolate di Lauren sul mio clitoride. Stringevo le sue braccia come per salvarmi dal cadere in qualcosa più grande di me, come salvarmi dal perdermi nei suoi occhi, ora più lucidi e scuri. Sembravano cristalli, non potevo smettere di osservarli. Incominciai a muovere il bacino verso le sue dita, sentendo un nodo di tensione al mio addome. Lauren aveva preso a baciarmi il collo, lasciando segni evidenti del suo passaggio, sarebbe stato un problema da spiegare ai miei genitori, ma non mi poteva importare di meno, quei marci mi facevano sentire più vicino a lei, mi facevano sentire sua, perché era innegabile che, in quel momento, con le sue dita che percorrevano la lunghezza delle mie labbra e la sua bocca che si scontrava con la mia, ero completamente in suo possesso. Le sue dita raggiunsero la mia entrata e in quel momento mi salì una forte paura, cercai di dirle -Lauren io sono...- ma lei mi interruppe -Si lo so, non preoccuparti- mi accarezzò teneramente con la mano libera la guancia, capendo perfettamente al volo. Posizionò le dita sulla mia entrata facendo leggermente pressione. Mi chiese se ero sicura, mi disse che era qui che sarebbe cominciato e che non sarei potuta più tornare indietro. Non opposi resistenza. Si fece strada lentamente dentro di me, voleva evitare a tutti i costi di farmi del male, e in parte ci riuscì. La parte cruciale avvenne soprattutto quando le prime due falangi erano già entrate, da li in poi provai un forte senso di bruciore. Artigliai le spalle di Lauren serrando gli occhi per il dolore, lei si fermò chiedendomi se potesse continuare e io le feci cenno di si con la testa. Ritirò piano il dito , spingendo di nuovo, fino a quando il dolore non divenne piacere ed aggiunse, sempre con cautela un secondo dito. Il mio addome si contraeva, mentre sentivo stringermi attorno a quelle dita così perfette. I mei gemiti si fecero sempre più rumorosi, coperti malamente dalla bocca carnosa di Lauren. Continuavo a mugolare di piacere, ripetendo il suo nome in continuazione, in contemporanea con lei che ripeteva il mio, mentre strusciava il proprio centro sulla mia coscia, in cerca di qualsiasi tipo di sollievo. I nostri movimenti si fecero sempre più fluidi, le sue dita si facevano ormai strada a fatica dentro di me a quanto ero stretta, mentre io sentivo la mia gamba completamente bagnata nel punto in cui la sua intimità si sfregava contro la mia pelle. Venni per prima, lanciando un forte urlo, Lauren venne poco dopo di me, tremando e accasciandosi al mio corpo, seppellendo la faccia nel mio collo. Non potrei non sentire le famose farfalle nello stomaco dopo che, con un gesto che trovai molto tenero, strofinò il naso sul mio collo, come fece prima, facendo dei versi di soddisfazione, che mi ricordano, con un lieve sorriso, le fusa di un gatto. La strinsi a me, accarezzandole lievemente la schiena, tracciando il solco della sua spina dorsale. Il tempo sembrava congelato, non seppi per quanto tempo rimanemmo lì, io che la coccolavo e lei che si stringeva sempre di più a me, ma come mi aspettavo, quel momento così dolce e bello finì quando Lauren si alzò dal mio corpo per vestirsi. I capelli che ricadevano scomposti e arruffati e il trucco leggermente colato, a parer mio la rendevano molto più bella . La osservai con malinconia vestirsi, indecisa se dire ciò che pensavo. La vidi mettersi i pantaloni neri aderenti ed allacciarsi la cintura. i suoi movimenti non erano frettolosi, come quelli di qualcuno che vuole scappare da ciò lo spaventa, anzi si prendeva tutta la calma di questo mondo e ciò mi convinse a dire ciò che pensavo -Mi sono innamorata di te questa notte- lei non rispose, continuò a vestirsi. -Non volevo- dissi con un tono malinconico e triste. Stesi a guardarla, aspettando una sua risposta, ma lei sospirò, lanciandomi uno sguardo quasi implorante -Sembra che anche tu ti sia innamorata questa sera-. Le sue mani, che ora reggevano gli anfibi tremarono leggermente, mentre scosse la testa piano, in segno negativo, senza però guardarmi negli occhi -Possiamo fingere almeno che lo siamo entrambe?- riprovai. Mi ero avvicinata a lei, incurante del fatto che fossi ancora nuda e le accarezzai lievemente la schiena. Si girò e prese il mio viso delicatamente con la sua mano destra, mi beai di quel tocco così dolce e delicato, strofinando la mia guancia contro il suo palmo, questo la fece sorridere tristemente -Addio Camila-. Mi diede un ultimo dolce bacio e sparì da quella porta. Non provai a fermarla, era giusto così , non potevamo che essere un'avventura da una notte, un bellissimo regalo di compleanno delle mie amiche. E cerco ancora adesso di lasciar andare il pensiero di quella bellissima dea dalla mia mente, ma so che non ci sarà verso, perché è perennemente incastonata nei miei più bei ricordi. Mi dispiace ma non volevo innamorarmi quella notte.
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ROOM 93
RomanceLauren e Camila, una storia da una notte Tratta dalla canzone Is There Somewhere by Halsey Camren