-

853 79 30
                                    

"Buongiorno"
"Buongiorno"

Manuel era appena entrato in sala da pranzo, addosso la solita felpa nera col cappuccio e la prima maglia di Simone rubata dall'armadio.
L'altro, seduto a capotavola, accennò un sorriso ma non disse niente. C'era abituato. Da quando lui e Anita abitavano a casa loro e condividevano la stanza, era capitato sempre più spesso che gli rubasse le maglie. Ma da un paio di mesi aveva una scusa in più per farlo.

"Caffè?" chiese Simone accennando alla Moka posata al centro del tavolo.
E Manuel si stirò allungando le braccia.
"Sì grazie" rispose, sfuggendo allo sguardo insistente di Simone che era sceso prima di lui come ogni mattina.

"Non lo perdi il vizio di rubà le maglie mie"
"Ah è tua? Manco me ne so' accorto" mentì Manuel, trattenendo uno dei suoi sorrisi sfrontati mentre si sedeva alla sua sinistra.
"Seh vabbè" mormorò Simone.
"Che c'è?"
"Niente. È che poi ti lamenti sempre che ti vanno grandi. Non te ne accorgi quando te le metti, no?"
"No, non me n'accorgo. C'ho sonno quando me vesto, Simò" replicò il più grande versandosi il caffè nella tazzina e portandosela alle labbra. "Tu invece? Ci siamo svegliati polemici stamattina?" aggiunse subito dopo.
Ma Simone non rispose. Si limitò a scuotere la testa lentamente e a sorridere, timido.

Quindi si piegò in avanti per avvicinarsi al viso di Manuel e lasciargli un umido bacio sulle labbra, a cui l'altro non si ritrasse, chiedendone subito dopo un altro, e un altro ancora. Una lunga scia di baci al sapore di caffè, di bocche ancora impastate dal sonno e fugaci come quelli che si davano da due mesi a quella parte, quando nessuno li vedeva.
Con le mani intrecciate sopra il tavolo, che si erano cercate, e trovate, senza che loro neanche se ne accorgessero.
Poi Simone si staccò delicatamente, allungando la testa verso l'ingresso del salotto, richiamato da un rumore di passi proveniente dalle scale. E Manuel sorrise, scivolando via dalle sue labbra come se niente fosse.

"Buongiorno ragazzi" esclamò infatti subito dopo Dante, entrando in salotto.
E Simone gli rispose con un cenno della testa e un mezzo sorriso, mentre Manuel si girò appena.

"Ci sarebbe mica..." domandò poi, in piedi accanto al tavolo.
"Caffè?" si affrettò a completare la frase al posto suo Simone, prendendo la Moka.
"Caffè, sì" annuì suo padre, afferrando la prima tazzina che si trovò sotto mano.

E fu in quel momento, mentre il professore mandava giù il primo caffè della giornata, che nella stanza calò un silenzio imbarazzante.

"Ma voi..." mormorò Dante, buttando l'occhio sulle mani di suo figlio e di Manuel ancora intrecciate sopra il tavolo.
E Simone, che l'aveva seguito con lo sguardo, "Che?" incalzò, affrettandosi a sciogliere quella stretta inconsapevole e strusciandosi entrambe le mani sui pantaloni, col fiato sospeso.
Erano passati sì e no trenta secondi da quando Dante era sceso, e loro avevano smesso di baciarsi ma non di stringersi le mani in bella vista. Un tempo troppo breve perché un occhio poco attento se ne accorgesse. Ma non il professor Balestra, che eppure non disse una parola sull'argomento e sviò immediatamente la domanda per non far sentire i ragazzi in imbarazzo.

"Non fate tardi a scuola?" chiese quindi, gustandosi l'ultimo sorso di caffè.
E Simone e Manuel si guardarono, seri, e non dissero niente.
"P-pure tu papà" esordì poi Simone, leggermente confuso.
"Eh no, io ho la seconda ora" ribatté Dante guardando di sfuggita l'orologio che teneva al polso.
"Giusto" mormorò suo figlio alzando le mani.
"Comunque sì, mo andiamo" disse invece Manuel, alzandosi.
"No io devo finire" si lamentò Simone, con un biscotto ancora tra le labbra.
"Sbrigate, t'aspetto fuori" e lasciò la stanza facendogli un cenno con la testa.

"Anita? L'avete vista?" domandò quindi Dante a suo figlio, che scuotendo la testa si affrettò a divorare l'ultimo biscotto e scappò.

"Ci vediamo dopo!" gli gridò dietro suo padre afferrando quello rimasto sul tavolo.
E Simone gli fece un cenno con la mano mentre era già sulla porta del salotto.
"Sì, ciao"


Più tardi in giardino, il rumore dei propri passi sulla ghiaia e il profumo dei gerani a invadergli le narici, Simone sorrise vedendo Manuel appoggiato alla sua Vespa che lo guardava col casco in mano.

"Ma la moto tua?" gli chiese allora, senza tono.
Anche se vedendolo lì immaginava già la risposta.
"Serve a mi madre" replicò infatti l'altro, serio.
"Sì, ogni scusa è buona pe' scroccà passaggi" mormorò Simone, senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso.
Sapeva benissimo che Manuel preferiva di gran lunga andare a scuola in Vespa, con lui, perché era l'unico momento - a parte la notte nel suo letto - in cui poteva stringerlo senza dare troppo nell'occhio. Anche se non l'avrebbe mai ammesso.
"Senti, piuttosto"
"Che?" mormorò Simone, slacciando il casco per indossarlo.
"No dico... tu padre"
"Eh" alzò il mento lui, salendo sulla Vespa.
"Se n'è accorto"
Ma Simone non rispose, e si sistemò lo zaino sulle spalle.
"Ci ha visti" insistette Manuel, in piedi accanto a lui, la voce soffocata per non farsi sentire.
"E allora?"
"Dobbiamo stà più attenti, Simò. Te pare che me devi tené la mano sopra al tavolo?" soffiò, spostando l'aria con le mani come faceva sempre quando discuteva con qualcuno.
E Simone alzò le spalle.
"Sì hai ragione. Ma non me ne sono accorto. Non ci ho pensato" ammise, roteando gli occhi.
"E ce devi pensà"
"Tu però stai a diventà paranoico" soffiò il più piccolo.
"Non è esse paranoico. È che sta a diventà impossibile tenello nascosto" si lamentò l'altro puntando gli occhi nei suoi con fare polemico, ma dolce.
E Simone, che a quegli occhi proprio non poteva resistere, si sporse per dargli un bacio ma Manuel prontamente lo allontanò.
"Eddai, che ce sta tu nonna..."
"Non c'è..." rise lui riprovandoci.
E l'altro nuovamente si scostò.
"Quella appare sempre all'improvviso, che non lo sai?"
"Stai a diventà paranoico" annuì convinto Simone.
"E te stai a diventà un rompipalle" tagliò corto Manuel, guardandosi furtivamente intorno con sguardo corrucciato e subito dopo afferrandogli il mento tra pollice e indice per lasciargli un bacio a stampo sulle labbra.
Bacio al quale Simone non fece in tempo ad abituarsi che già ne rimase a secco, perché dopo un secondo e mezzo Manuel si staccò e sentenziò serio: "A scuola profilo basso, mi raccomando"
"Senti, profilo basso... vai con la moto tua" replicò quindi Simone girando la chiave nel quadro, mentre Manuel prendeva posto dietro di lui e replicava scocciato: "Simò, t'ho detto che serve a mi madre"
"Una volta potresti pure dirlo che vieni con me perché ti piace abbracciarmi da dietro, mica mi offendo"
"Siamo diventati un po' presuntuosi, Balestra?" sospirò distratto il più grande, muovendo il bacino per farsi più vicino a lui. Le mani posate sui suoi fianchi con dolcezza, il viso vicino alla sua spalla.

"Io te lo ripeto, vai con la moto" replicò Simone girando appena la testa.
"Eddai Simò, stamo a fà tardi"


Neanche mezz'ora dopo, Simone parcheggiava la Vespa lungo una strada nei pressi del Colosseo, e Manuel, scendendo dalla sella, lo guardava stranito slacciandosi il casco.


"Perché parcheggi così lontano?" gli chiese quando anche lui si fu sfilato il casco.
E Simone non se lo fece ripetere due volte.
"Per fare questo" rispose serio, e lo afferrò per il giubbotto per avvicinarlo a sé, accostando il viso al suo finché le loro labbra non si incontrarono e si unirono come due calamite.

Chi fosse passato di lì in quel momento, vedendo quei due ragazzi baciarsi appoggiati a una Vespa, probabilmente si sarebbe chiesto da quanto tempo quelle labbra si stavano cercando, fameliche com'erano, e impazienti di aversi.
Ma non passò nessuno.
Simone l'aveva fatto apposta.
Lo sapeva, che il mondo non era ancora pronto per loro. E se si fossero nascosti un altro po' avrebbero potuto continuare a baciarsi così ogni volta che volevano.

"Simò" sospirò Manuel senz'aria, quando staccandosi da lui fece schioccare le loro labbra per l'ultima volta.
"Eh" mugugnò l'altro appagato, il viso ancora proteso verso di lui e gli occhi socchiusi.
"Entriamo alla seconda ora"


Ma perché non lo possiamo dire?
Cosa c'è in noi due che non va?
Forse è che ci invidiano l'amore
E ne fanno un problema di età
E noi non lo diciamo, e noi ci nascondiamo
Se il mondo non è ancora pronto per noi
Senza lasciare segni, viviamo i nostri sogni...

Se il mondo non è ancora pronto per noi || SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora