il cattivo sangue non mente mai

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𝐀𝐓𝐓𝐄𝐍𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄: 𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐢𝐞𝐧𝐞 𝐥𝐢𝐧𝐠𝐮𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐮𝐭𝐢 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐭𝐢. 🟡
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Penoso è lo stato in cui una donna tanto buona si possa ridurre per un uomo.

Lo pensa Colin che, forse, dovrebbe parteggiare per il suo stesso genere, quantomeno per istinto d'appartenenza. Sebbene nessuno sappia con certezza quali idee esprima la voce della sua coscienza, il giovane non è nuovo a questa categoria di pensieri. È fin dalla tenera età che si domanda come sia possibile che la Dea conceda a due bestie tanto differenti di contaminarsi l'un l'altra. A vedere i suoi genitori si comprende anche il motivo. Lei: una donna raffinata ed elegante, di una bellezza d'altra epoca, riservata, capace di tenerezza e parole di conforto, ma anche determinata e scaltra, a sufficienza da muoversi nell'ombra del marito e impartire ordini ai suoi sottoposti senza udire un solo fiato. Lui: un dispotico pezzo di merda, incapace di accettare il fallimento di aver costruito una famiglia tanto disfunzionale. Basti osservare i quattro figli: una è sparita dalla faccia della terra, per fuggire chissà dove, uno è morto ammazzato dal grilletto del suo stesso genitore, l'altro si è disfatto del cadavere di suo fratello per liberarsi della reputazione di "checca" che il padre gli aveva affibbiato. E infine lui, Colin; il diavolo di Dustville, una figura invisibile che cammina tra i grattacieli della città lasciandosi alle spalle sangue e terrore.

A pensarci bene, Colin non ha mai saputo da che parte stare, né in questioni di genere e né tanto meno in questioni di famiglia. Sa solo di dover tener fede alla parola data e che un giorno la sua lealtà al padre lo avrebbe ripagato. No, non con il trono della città; a differenza del fratello maggiore, Colin non ha mai aspirato al dominio di quell'urbano buco grigio e puzzolente. Proprio perché consapevole di cosa significhi possedere tanta responsabilità, il ragazzo preferirebbe una posizione umile che consenta di mantenere integra la visione agghiacciante e misteriosa che la città ha di lui. Esporsi equivale a parlare, parlare equivale a esser fraintesi e, sia mai, esser fraintesi potrebbe costringerlo a dare spiegazioni. La sola idea di discutere con altri esseri umani attraverso la diplomatica lingua e non con la lama, gli provoca una forte emicrania. Ma il diavolo di Dustville non combatte le battaglie del padre per volontà, per sentimento o per ragione, si limita a eseguire senza porsi domande. Un'azione che il fratello maggiore Dwight non commette più da anni.

E si vede. Lo si vede negli occhi umidi di Irma che, accasciata sul pavimento dei cessi del locale, si nasconde impacciatamente dallo sconfortato sguardo di Colin.

La prima volta che Irma fu catturata da quegli occhi neri, pensò che la stesse giudicando. Poi a lui bastò aprir bocca e dirle "ti sbagli: quel che vedi è la tua coscienza, non sono io", per comprendere che chiunque incontri le sue scure iridi è solo in grado di osservare il proprio riflesso. È quello il segreto di Colin Kray. Se incute tanto timore non è perché abbia un aspetto spaventoso, ma perché riflette l'immagine cruda e putrida degli abitanti di questa città. E nessuno è pronto a tanta brutale onestà. In special modo Irma, non tiene affatto a guardare allo specchio il suo preannunciato fallimento.

«Dwight?» una domanda che sa più di affermazione, pronunciata tra le sottili labbra del ragazzo. Il tono è basso, ma profondo abbastanza da rimbombare tra le esili mura dei bagni. Irma non lo guarda in faccia, ma drizza la spina dorsale appena sente quel nome. Per un secondo si distrae. Riflette sull'incredibile dono del giovane Kray che, parlando così di rado, riesce a far dimenticare a chiunque la sua voce, seppur vi lasci una traccia mnemonica impiantata nella pelle. I pochi peli di Irma si drizzano assieme a lei, riconoscendo il timbro caldo e armonioso del serpente. Poi annuisce in risposta. E sebbene si diano le spalle, Colin la vede attraverso lo specchio appeso al muro.

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