Non sono tranquilla.
La consapevolezza mi ha distrutta dentro.
Non voglio più pensare.
Entro in casa e butto lo zaino a terra.
Dovrei mettermi a studiare adesso, ma so che se aprissi i libri sarebbe come leggere delle pagine bianche: capirei le stesse cose.
Ho bisogno di smettere di pensare.
Prendo le cuffie e metto la mia playlist preferita, ma mi rendo conto che tutti i brani sono allegri.
La loro allegria mi ricorda che non posso esserlo e mi fa stare peggio.
Butto le cuffie sulla scrivania e cerco un libro sugli scaffali. Ne trovo uno che si chiama ‘il male addosso’.
Non l'ho mai notato prima; oggi m’ispira.
Solo il titolo mi descrive.
Comincio a leggere e scopro che la protagonista soffre di cancro da anni.
Non mi rievoca la depressione di cui soffro e non è allegro. Sembra perfetto.
Ciò che mi serve per smettere di pensare.
Leggo tutto il pomeriggio. Forse ho capito la metà di ciò che ho letto, ma va bene lo stesso.
Mamma mi chiama: è ora di cena.
Mi metto ad apparecchiare e impiattare. Oggi mi tocca: non l'ho aiutata a cucinare.
Porto tutto a tavola e ci sediamo.
Non mi rendo conto nemmeno di quello che ingoio. Non ho voglia di mangiare.
Butto giù solo la metà di ciò che c'è nel piatto. Non ha sapore.
“Come ti sembra?” Mi chiede ad un certo punto mamma per rompere il silenzio.
“Buono” rispondo senza guardarla.
Non è una risposta da me.
Di solito le dico che fa schifo a cucinare; il che è vero, ma oggi non ho voglia di dirle che non è capace.
A questa risposta mamma ammutolisce.
Credo abbia capito che c'è qualcosa che non va, ma non osa chiedermi altro: pensa che mi passerà, ma io so che non sarà così.
Domani troverò il modo di fingere che vada tutto bene, ma oggi non ce la faccio proprio.
Voglio solo andare a dormire e aspettare che la notte trascorra.
Finisco di mangiare e porto il mio piatto in cucina.
Vado a mettermi in pigiama e m’infilo sotto le coperte.
Ho freddo, ma non mi va di coprirmi. A che servirebbe? Non ho futuro, non ho speranze, perché preoccuparsi di prendere una coperta più pesante?
Gli occhi si gonfiano di lacrime.
Non le asciugo come al solito. Nessuno si accorgerebbe che piango, né di giorno né tantomeno di notte.
Metto la sveglia alle 5: non ho fatto i compiti e anche mi mettessi a farli ora, non ne troverei la voglia.
Non riesco a smettere di piangere.
Le lacrime solcano un sentiero irregolare sul mio volto, strisciando dagli occhi a vicino alle orecchie.
Il loro sale comincia a depositarsi, tirando la pelle del viso.
Alla fine riesco a smettere.
Abbandono la testa sul cuscino e stranamente mi addormento.Non so quante ore siano passate.
Mi sveglio che sudo freddo; ho i battiti a mille e tremo come una foglia.
Mi cambio.
Ho avuto un incubo: c'era un mostro che mi seguiva.
Non lo vedevo bene, ma avevo paura di lui.
Ero veloce, ma lui più di me: correva sulle sue quattro zampe con balzi di tre metri.
Ad un certo punto mi salta addosso e mi fa cadere a terra.
Mi sono svegliata che urlavo terrorizzata perché la belva, con i suoi artigli possenti mi stava lacerando il petto.
Sono le tre di notte. Non so quanto ho dormito ma non voglio tornare a letto.
Mi metto a fare i compiti.
Ci impiego due ore.
Alla fine mi decido a tornare a dormire.
Reimposto la sveglia e provo a prendere sonno, sperando che il mostro non torni da me.
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Una vita appesa ad un libro
Teen FictionPer chi ama teen fiction, drammi e le tragedie romantiche. "Ho il male addosso: questa è la verità. Esso mi impedisce di essere felice, opprimendo il mio cuore, esattamente come i miei hanno oppresso me." Aurora è distrutta. Ha un passato da dimenti...