Prologo: Il Rifugio

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Cheryl osservava il cielo riflesso nelle pozzanghere, che vibrava sotto i colpi della pioggia. Il suo corpo, disteso a terra, era marchiato da lividi e da profondi tagli sul ventre.

Le minuscole onde, generate dall'incontro tra le gocce d'acqua e la piatta superficie della pozzanghera, ipnotizzavano la ragazza. Il dolore dettava la frenesia delle lacrime di Cheryl, mentre il freddo scandiva i suoi respiri affannosi, paralizzandola al suolo. Le gambe accennarono un movimento, che si trasformò in un leggero tremolio e poi si arrestò. Le gocce di pioggia si schiantavano violentemente sul suo corpo, o almeno così le sembrava. Non voleva arrendersi, eppure sentiva la testa così pesante, come se il mondo intero premesse sopra di lei. Resistette ancora qualche altro secondo prima di perdere i sensi.

Scott camminava nella foresta da circa venti minuti, quando ad un tratto scorse una ragazza.

- Ciao! – cercò di attirare la sua attenzione, ma lei non rispose. – Anche tu stai cercando il rifugio?

A quel punto, lei si girò verso Scott e annuì. Senza dargli tempo di poter aggiungere altro, cominciò ad arrampicarsi su un albero. In quella foresta, gli alberi erano spogli e la loro corteccia era particolarmente rigida, difficile da scalare.

- Non si vede molto da qui... - constatò amareggiata. Scott non riusciva a capire se lei stesse riflettendo ad alta voce o se, in qualche modo, si fosse stabilita una comunicazione tra loro. Tentava di trovare una risposta, mentre la ragazza era già scesa dall'albero e aveva deciso la direzione verso cui muoversi. La seguì.

- Come ti chiami? – domandò Scott.

- Bonnie. – replicò la ragazza senza voltarsi.

- Piacere di conoscerti! – il silenzio gli ricordò che non erano lì per fare conoscenze. Anzi, forse sarebbe stato meglio essere semplicemente estranei. Avrebbe reso tutto più semplice.

Lastre metalliche poligonali pavimentavano l'oasi grigia e si conficcavano nel terreno lungo il confine della foresta. Ivor si addentrò con il cuore in gola e mille pensieri per la testa. Il suo battito accelerò ulteriormente quando vide i pilastri del sacrificio: realizzati interamente in acciaio, a partire dal fusto cilindrico, del diametro di un metro, si slanciavano rastremandosi verso l'alto, terminando in un aculeo. Inoltre, a circa tre metri e mezzo d'altezza, erano stati saldati dei bracci meccanici alle cui estremità erano poste delle telecamere. In quel momento erano tutte puntate nella direzione del ragazzo. Ivor sentì il terrore mischiarsi ad una scarica adrenalina, le gambe tremavano e fremevano mentre sfrecciava nell'atrio di quella trappola mortale. I bracci meccanici si flettevano e le telecamere roteavano per osservare la corsa del ragazzo. Quando ormai stava boccheggiando al suolo, i Pilastri del Sacrificio misero il moto le loro affilate vesti, che iniziarono a vorticare rapidamente. Il ragazzo percepì le lame sfiorargli la testa, tranciando ciocche di capelli, mentre cercava con tutte le sue forze di aggrapparsi al pavimento per evitare di essere ferito. Furono i minuti più lunghi della sua vita. Quando i pilastri cessarono la loro attività, rimase soltanto un ragazzo spaventato, col volto bagnato, la mandibola serrata, il respiro mozzato e le gambe insanguinate. Le mani rigide affondavano nei minuscoli spazi vuoti tra le lastre e il corpo strisciava, stridendo sul metallo. Ivor si muoveva senza sosta, tra rantoli e singhiozzi, fin quando una goccia di pioggia scivolò sul suo naso.

- È un po' che camminiamo. - osservò Scott. - Magari potremmo discutere su delle strategie per...

- Non perdiamo la concentrazione, forse il rifugio è qui vicino. – ribatté Bonnie. - Prima ho notato che in questa zona c'era un piccolo "buco" di alberi, quindi sicuramente troveremo qualcosa.

Arrivarono in fretta ad un piccolo prato. Al centro era posizionata una bassa casa in legno di ciliegio. Scott notò che non c'erano finestre. Bonnie si avvicinò e bussò alla porta in modo deciso.

- Devo finire la partita! – gridò un bambino dentro la casa. Bonnie sbuffò e incrociò le braccia.

- Potresti smettere di ignorarmi? – Scott, infastidito, ruppe il silenzio. – Non dovresti comportarti come se io non esistessi.

- Se sei qui, attualmente è come se tu non esistessi. - rispose freddamente lei, guardandolo negli occhi. - Se siamo qui è perché qualcosa è andato terribilmente storto nelle nostre vite.

- Io non la penso così.

- E allora perché stai accettando un rischio così grande?

- Perché non ho più nulla da perdere. E tu perché...

- Devo aiutare mia sorella.

- Non potrai tornare indietro, lo sai?

- Non mi interessa. Questo è tutto quello che posso fare adesso e mi basta per essere qui. Lei sarà la mia unica alleata. Se è morta, vorrà dire che potrò fare affidamento solo su me stessa. Non ho altro da dirti.

Si girò nuovamente verso la porta. Poco dopo il bambino la aprì, consegnò una chiave a Bonnie e una a Scott, poi si posizionò davanti a un cabinato arcade e avviò un'altra partita. La casa all'interno era molto spoglia: l'arredamento consisteva in un gigantesco armadio posto dal lato opposto rispetto al cabinato. Bonnie, a passo deciso, si diresse verso le sei porte in fondo e Scott la seguì.

- Immagino che la tua sia quella - disse lei indicando l'ultima porta a destra. Effettivamente era la sesta e sulla chiave di Scott era inciso un "6", mentre su quella di Bonnie un "5".

Le camere erano piccole, ognuna delle quali conteneva soltanto un letto con una coperta verde. Bonnie si accorse subito di non poter aprire la porta dall'interno e si maledisse per averla chiusa subito, per timore che Scott potesse entrare lì.

- Buonasera, prede e cacciatori. - la voce profonda di una donna risuonò in ogni stanza. - Benvenuti nel mio rifugio.

Cheryl si riprese. Aveva perso molto sangue ma era ancora viva. Si era svegliata perché aveva udito qualcuno urlare il suo nome. La pioggia era ancora più intensa e si sentiva talmente debole da percepire il peso di ogni goccia su di sé. In quel momento riuscì ad alzarsi in piedi, consapevole del fatto che sarebbe crollata di lì a poco.

- Cheryl, mi senti? sono Ivor. - le grida scivolavano addosso alla ragazza che zoppicava freneticamente verso la sorgente. - Sono ferito! Possiamo arrivare insieme, se mi aiuti. - ma le forze di Cheryl non sarebbero bastate a tornare indietro. Sarebbe morta per cercare di portare suo marito con sé. Il suo obiettivo era sempre più vicino, pertanto il pensiero di voltarsi non la sfiorò nemmeno. Le gambe cedettero, le lacrime scesero dai suoi occhi. Non poteva arrendersi. Fece appello a tutta l'energia che le era rimasta, si aggrappò al terreno come fosse una parete da scalare e strisciò contorcendosi dal dolore fino a raggiungere la sorgente. L'acqua si tinse di rosso, ma Cheryl ormai sapeva di essere salva. Tuttavia, dopo poco tempo, fu di nuovo al rifugio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 24 ⏰

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