SOLITAMENTE SI BUSSA PRIMA DI ENTRARE

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Spiavi dalla feritoia cercando il coraggio per fare il primo passo.

Che maleducazione, pensai, neanche la decenza di bussare.

Quando sgattaiolasti dalla finestra per scivolare lungo il davanzale, la luce fioca dell'imbrunire si addensò sul tuo volto, il mio sorriso da dolce si incupì rimarcando i lineamenti, gli zigomi pestarono con le palpebre oscurando la visuale e una smorfia si fece largo adombrando il viso.

Ma ti sembra il caso?

Sei arrivata da pochi secondi e già sto male.

Il cuore in men che non si dica mi è finito in gola, il timer biologico è andato su di giri inceppando il contapassi dei pensieri.

L'attivazione fisiologica del mio sistema simpatico è stata tale per cui il corpo si è surriscaldato, come metalli dei comignoli che salutano il fumo del carbone sputato lungo la canna fumaria.

Tutto era veloce, tranne te.

Tu stavi fissa e immobile, silenziosa spiavi il mio flagello.

La mia carneficina era stata servita e tu, da brava commensale, assistevi a quel banchetto.

<<Vattene, vattene! Chi ti ha invitato nella mia dimora?>> ti urlai in preda all' agitazione.

Con gli occhi vuoti non sbattesti un ciglio, stavi lì, pacata in un pallido candore.

La mia prima reazione al nostro primo appuntamento fu di rifiuto e disgusto, imparai sulla mia pelle che quella reazione l'avrei applicata sistematicamente a diversi nostri incontri. Quando ti avvicinavi troppo, la paura era incontenibile. Per difendermi chiudevo i rubinetti della mia emotività, il terrore si solidificava sulla pelle ergendo mura circondariali che mi proteggevano da eventuali nuovi agguati.

Qualcuno potrebbe pensare che in fin dei conti non è andata così male, che da questo primo agguato dovresti salvare qualcosa, che di positivo rimane il fatto che hai scacciato l'indesiderato, hai scaraventato l'impostore al di là delle mura. Ora lui sta al freddo e tu ti godi vitto e alloggio.

Sapete quanto costa ergere delle mura?

Guardiamo al prototipo perfetto, l'esemplare divino. Chàngcheng fu il risultato di una fiumana indefinibile di operatori murari che ogni mattina mettevano il timbro per dar vita ad un progetto che si trascinò per più di due millenni. Noi europei l'abbiamo ribattezzata La Grande Muraglia Cinese, ventunomila chilometri di avamposto fortificato in quella zona ad est, dove il vento di sabbia erode la pietra e si consuma il colore verde della vegetazione sotto i raggi fitti della lucerna del mondo. Quello che non tutti sanno del "grande muro" furono i costi di costruzione. Non parlo di bilanci e appalti edili, ma del prezzo umano che si paga quando si tira su una palizzata. Più s'innalza il forte, più il rischio di crolli strutturali aumenta e la visibilità diminuisce. Talvolta si diventa parte dei lavori, senza che nessuno ti veda oltremodo, in prospettiva condensando il destino di un costruttore murario cinese del Settimo secolo: pietra e calcestruzzo. Merda, sangue e ossa.

Che resta di tutto ciò oggi?

Una fortificazione dove pezzi di roccia e bitume si mischiano con la materia organica, un milione d'anime di pietra che sostengono il peso di turisti armati di reflex e selfie stick.

Torniamo a noi, torniamo a me e te, torniamo a me e me.

Dal nostro primo incontro seguirono mesi difficili, di tanto in tanto davo una sbirciata fuori dalla finestra per vedere se stavi ancora appollaiata da qualche parte dietro la recinzione, magari intenta a sbirciare da lontano la danza che cadenzava il mio vivere inquieto. I costi di manutenzione del perimetro circondariale erano elevati e sfiga vuole che non ci fosse nessun vicino che si accollasse le spese, mi aspettavo un amministratore condominiale e un vicinato pronto a dilazionare le rate, ma mi accorsi che le mie aspettative erano irreali. Quello che rimaneva era l'eco del rumore dei pensieri che mi frullavano in testa, amplificato dal silenzio che veniva schermato dai cunicoli di pietra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 14 ⏰

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