- Io, Diabolico Sceneggiatore -

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Come se gli episodi mi crescessero in mezzo ai capelli, per non dire altro.

Adoro i fan, sono fan-tastici, AHAHAHAH, no vabbè, è meglio se le battute le lascio agli attori...

Dicevo: adoro i fan, ma alcuni di loro, di voi, sono un po'... troppo ossessionati! Insomma, io mi alzo, faccio colazione con uno squisito uovo sodo e comincio subito a scrivere. Mi metto comodo sul divano, ancora in pigiama mentre mio figlio – vestito uguale a me per sembrare più diabolico quando invece è una patata – mi tiene d'occhio i social dove voi vi lamentate sempre e scrivo. Non so nemmeno io cosa scrivo, sono troppo assonnato, così esce sempre fuori una cazzata.

Ed ecco che mi tocca cancellare tutto e riprendere di pomeriggio. Davvero, non so nemmeno perché mi ostino ad alzarmi alle 8 in punto quando invece il mio cervello prende a funzionare intorno alle 12... Ma non è questo il punto!

Oggi ho voluto dare una svolta alla mia vita: mi sono alzato alle 10 e sono andato a fare una passeggiata al parco, portandomi dietro appunti e fogli bianchi. Almeno così non ho mio figlio attaccato al culo che "Papà, dicono che devi uscire lo speciale di Doctor Who! Papà, vogliono la quarta di Sherlock! Papà, pensano tu sia morto o peggio: pensano tu sia in realtà George R. R. Martin!"

E fin qui tutto okay.

Poi però, al parco, un bimbo mi riconosce e – cristiddio – ha la maglietta coi Dalek e già lo adoro.

«Mophuat!» Sì, vabbè, è talmente piccolo che non riesce nemmeno a pronunciare bene il mio nome, ma è stupendo.

«Ciao, piccolo» gli rispondo io, sorridendo. Il che mi riesce malissimo – succede sempre quando sono in mezzo alla gente "normale". Infatti lui si spaventa, ma c'è la madre che lo tiene per mano e lo obbliga a fare una foto con me dopo avermi chiesto se volessi. Ovvio che voglio, non sono mica un mostro, ma DEVO SORRIDERE.

Mi riesce meglio uccidere Jack Harkness o illudervi sui Pond.

Fa la foto e si allontanano. Faccio per cominciare a riordinare i miei pensieri per poi scrivere quando una coppia di amiche mi si avvicina e sorridono come due ebete. «Sì, sono io» dico cordiale. Loro si emozionano – manco fossi un sex symbol – e mi chiedono una foto. L'accento italiano che si sente lontano un miglio, ma sono gentilissime, quindi okay. Una delle due porta una camicetta bianca non molto scollata, ma intravedo lo stesso un ciondolo a forma di chiave e sopra c'è scritto 221b e mi accorgo di aver cambiato una generazione.

Va bene, sì, forse sono troppo ambizioso, ma mi piace pensarlo!

Facciamo anche questa foto e, subito dopo, quella con la camicetta bianca mi chiede a che punto è la sceneggiatura per lo speciale di Natale di Sherlock. Ah, che palle. «La stiamo revisionando» le rispondo con un sorriso. (Non è vero: in questo momento il grande capo la starà già amando perché perfetta, ma vabbè, sono un cattivone!) Ma poi torno ad essere un bastardo e aggiungo: «Preparatevi a ottanta minuti di estrema confusione e lacrime!» Poi prendo la mia roba e me ne vado piantandole in asso.

Altro che le uscite di Gregory House!

Non le guardo neanche mentre vado via, ghigno e basta. Ghigno come un idiota e nel frattempo la gente mi nota e mi crede uno scemo, ma è stato troppo divertente e non riesco a smettere. Per fortuna mi scappa l'occhio sull'orologio e vedo che è l'ora di pranzo. Casa mia è un po' lontana, quindi decido di mangiarmi un panino per strada e di andare dritto in studio. Forse lì sarò più tranquillo e libero di essere me stesso: malvagio.

E qui viene la parte bella: Mark. Quello scassamaroni di Mark Gatiss.

Voi lo vedete calmo, tranquillo e come un gentiluomo... Ha davvero sempre un ombrello con sé, tanto che sembra un Kingsman e talvolta mi fa quasi paura... Ma la verità è che ogni volta che entro in ufficio lui è lì ad aspettarmi con qualche scherzo. Per farvi un esempio, la scorsa settimana si è nascosto dietro la porta del mio studio e appena mi sono voltato lui è spuntato fuori gridando «Ti sono mancato?»

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