Prefisso 081

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Simone era arrivato al limite della sopportazione. Da quando suo padre era tornato non aveva fatto nulla di buono, anche nelle piccole cose sembrava mettersi d'impegno per complicargli la vita. Quel pomeriggio non aveva fatto eccezione. Probabilmente perso nei suoi pensieri o, per dirlo a modo suo, nell'iperuranio, Dante aveva dimenticato a casa il cellulare. Questa dimenticanza si era tradotta in un'incessante seccatura per suo figlio, che si era ritrovato a dover rispondere a sei telefonate: una della preside, un paio di alcuni genitori di alunni di suo padre, l'elettricista scazzato che aspettava di essere pagato da due mesi, un call center e in ultimo gli era persino toccato sentire una voce stridula dall'altra parte esordire con uno smielato «Pasticcino!» (probabilmente una delle tante avventure di una notte di suo padre), per poi dover spiegare imbarazzato che no, lui non era "pasticcino", bensì suo figlio e che Dante aveva lasciato il telefono a casa, concludendo che se avesse voluto avrebbe potuto provare a richiamare sul tardi. Si sarebbe volentieri fatto mezza Roma in vespa pur di riportare l'aggeggio al suo legittimo proprietario, c'era solo un problema: non aveva la minima idea di dove si fosse cacciato suo padre. Non che gli importasse dopotutto.

Si era ripromesso di non rispondere più a nessuno, la sbadataggine di suo padre non era un suo problema e lui non era certo il suo segretario. Chi aveva bisogno di parlargli lo avrebbe richiamato.

Aveva appena terminato di risolvere la terza delle otto disequazioni di secondo grado che la Girolami aveva assegnato quando, per la settima volta quel giorno, Sweet Child O' Mine iniziò a riecheggiare fra le mura di casa Balestra.

Nel guardare lo schermo, la prima cosa su cui cadde lo sguardo di Simone fu il prefisso 081, e per un attimo si chiese a che città appartenesse prima di accorgersi che c'era scritto proprio davanti ai suoi occhi.

Napoli.

Dopo "pasticcino" cosa gli sarebbe toccato sentire ora? "Babà alla crema"?

Dopo essersi preparato psicologicamente all'evenienza accettò la chiamata, nonostante il proposito fatto poco prima.

Dall'altro lato a rispondergli fu inizialmente una voce registrata, simile a quella del navigatore satellitare, compagna dei lunghi viaggi in macchina della sua infanzia, quando ancora i suoi genitori stavano insieme.«Ha ricevuto una chiamata dall'istituto penale minorile di Nisida, digiti uno per accettare, due per rifiutare la chiamata»

Andò nel panico. L'IPM di Napoli? Doveva esserci un errore, evidentemente un detenuto doveva aver sbagliato numero. Stava per premere due quando si ricordò di aver sentito uno spezzone di conversazione bisbigliata fra suo padre e nonna Virginia riguardo ad un ex alunno che si era messo nei guai con la giustizia. Senza neanche sapere perchè, si ritrovò a premere uno.

«Pronto?» disse con voce incerta

Per un attimo dall'altro capo del telefono ci fu solo il silenzio, poi una voce calda esclamò «Professò?! L'aggio fatt buon o nummero, sì?» sembrò chiedere più a sè stesso che non al suo interlocutore

«Stai cercando il professore Balestra? Sì è questo il suo numero» rispose Simone

«Menumal, m'so sparagnato na figur e merd» mormorò per poi chiedere «Me lo puoi passare?»

Aveva la voce stanca.

«Ha lasciato il cellulare a casa»

«Ah... e fra quanto torna?»

«Non ne ho idea, però se gli devi dire qualcosa di' a me e riferisco»

«Lass stà, nun t preoccupà, lo richiamo domani allora»

Qualcosa nel tono di voce affranto del ragazzo fece stringere il cuore di Simone.

«Aspetta, non so neanche come ti chiami»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 21 ⏰

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