amare te è facile

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Mimmo è intento a catalogare alcuni libri quando Simone fa il suo ingresso dalla porta della biblioteca.

«Ue Simò, ma che ci fai qua?» chiede mentre il cuore inizia a martellargli nel petto, come da un po' di tempo a questa parte succede appena lo vede.

«Ho visto che non mangi mai a pausa e allora ti ho preso questo» gli dice porgendogli un panino incartato in una bustina di carta e una bottiglia d'acqua.

«Grazie! Scusa ma tu non dovevi stare in classe?» non vuole metterlo nei guai nuovamente, già ha fatto abbastanza

«Eh si però ho detto che mi serviva un libro per una ricerca»

Mimmo vorrebbe dirgli che quando dice le bugie gli si legge in faccia, ma forse Lombardi non è così acuto come pensa di essere.

Perchè sì, sa che a quell'ora ha latino, conosce il suo orario meglio di Simone stesso.

«Senti come vanno le cose dentro?» domanda il riccio

«Come al solito» risponde mesto. Non c'è bisogno che Simone sappia in cosa consiste “il solito” «l'idea di doverci stare altri due anni, è tosta… però tutto a posto»

Si chiede se anche a lui le bugie gli si leggano in faccia. In quel momento spera Simone sia analfabeta quanto Lombardi.

«Magari esci per buona condotta però» dice cercando di accendere un barlume di speranza

«O magari mi prendono mentre sto portando i soldi a Lori»

Mimmo quella speranza non può concedersela, inizierebbe a sognare troppo e, come Icaro che osò volare troppo vicino al sole, finirebbe col precipitare giù, perciò decide di rimanere realista. Sta sbagliando e chi sbaglia, prima o poi, paga. La lezione la vita gliel'ha già data una volta.

«Mazza oh, viva l'ottimismo questa mattina» ride Simone, facendo ridere anche lui e facendo stendere l'espressione sul suo viso.

«Oggi è così» e non solo quel giorno, ma non c'è bisogno di guastare l'umore anche al riccio che è lì con le migliori intenzioni

«Che posso fare per tirarti su il morale?» chiede il figlio del professore, che come suo padre ha un'evidente passione per i casi persi

«Già hai fatto assai, hai dato da mangiare agli affamati -in questo caso, io- hai fatto ciò che raccomandava Gesù»

Gli viene in mente il suo parroco a cui tante volte da bambino aveva fatto il chierichetto. Era stato ucciso dalla camorra perchè “non si era fatto i fatti suoi”, aveva avuto il coraggio di denunciare davanti a tutti, dall'ambone dell'altare, l'ipocrisia, l'omertà e la criminalità che permeava il quartiere.

Gli era rimasto impresso quando gli aveva parlato delle sette opere di misericordia corporale. Più di tutte lo aveva colpito “visitare i carcerati” e si chiedeva che senso avesse visitare un carcerato, se stava lì aveva fatto cose brutte e cattive come quelle che vedeva succedere intorno a lui ogni giorno. Quando in carcere c'era finito lui, almeno in parte aveva capito. Avrebbe pagato oro per avere qualcuno che lo visitasse, che lo consolasse, che gli desse un supporto, che gli ricordasse che poteva essere una persona migliore nonostante i suoi sbagli, che era ancora meritevole d'amore. Solo il professore, per quanto gli impegni glielo concedessero, lo aveva fatto.

«Sei credente?» chiede Simone

«Una mezza cosa. Io ho fatto l'asilo dalle suore eh, però alcune cose non le capisco… tipo quando Gesù diceva che dobbiamo amare i nostri nemici. Perchè bisogna amare i propri nemici?»

Pensò a suo padre che l'unica volta che si era degnato di farsi vedere aveva messo le mani addosso a sua madre. Al vecchio schifoso del palazzo che aveva rubato l'innocenza di una ragazzina. A quelli che avevano ucciso suo zio per una mera questione di soldi. Al ragazzo ossessionato da Dalila che l'aveva massacrata di botte quando aveva scoperto che si era fidanzata con lui.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 21, 2024 ⏰

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