Fitz-Simmons

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Fitz-Simmons.

Una parola. Un solo cognome. Chi l'avrebbe mai detto che due cognomi così in concorrenza all'inizio dall'accademia sarebbero mai arrivati a fondersi tanto da considerarne uno solo?

Ed é così, ricordo ancora il primo giorno di accademia. Mi ero studiata durante l'estate tutto il programma per essere preparata ai corsi.

Il primo corso di quella mattinata fu fisica. Pochi studenti si presentarono ai corsi quella mattina. Non so quale sia stata la ragione, però nella classe di fisica eravamo in due: io e un ragazzo dagli occhi grigi che mi guardava con superiorità. Anche lui quell'estate aveva studiato il programma di tutto l'anno per mettersi avanti.

Il professor Williams iniziò la lezione parlando della legge di conversazione di massa.
"Chiunque sa qual è il primo principio della termodinamica. Anche i bambini delle elementari. É come la parola mamma che dici da quando hai iniziato a parlare, la dici una volta e la saprai per sempre. Così anche la legge della conversione di materia. Che cosa significherà veramente?"

Insieme diciamo: "Nulla si crea, nulla si distrugge. Tutto si trasforma."

"Grazie per il vostro coretto, é stato molto carino, però era solo una domanda retorica." risponde il professore con una risata.

Il ragazzo mi ha fissata per un momento. Quella sarebbe dovuta essere solo la sua risposta.

Io lo guardo e arrossisco. Era il mio intervento durante la lezione, non il suo!

Il professore continua: "Dato che siete solo voi due, vi faccio fare un lavoro insieme. Non é difficile, quindi dovreste riuscire a portarlo per la prossima volta quando ci saranno più persone. Va bene signor Fitz? Signorina Simmons?"

Annuiamo. Suona la campanella. Quel giorno non ci parlammo per niente, anzi cercammo di evitarci.
Non sopporto avere concorrenza.

Solo il giorno dopo trovai un po' di coraggio e gli parlai del lavoro che dovevamo fare. Lui mi disse che se mi desse fastidio stare in gruppo con lui poteva anche farlo da solo e poi metterci anche il mio nome, ma io, anche se non sopportavo il suo comportamento da superiore, gli dissi che mi sarebbe piaciuto lavorare con lui.

Credo che lui abbia capito che ho mentito un po', non sono mai stata brava a mentire.

Ci incontrammo in biblioteca per iniziare il progetto. Parlammo un po' di fisica,a dopo un po' ci perdemmo in chiacchiere. Il suo accento, non particolarmente americano, mi ricordava l'accento dei miei nonni scozzesi. Ed infatti é scozzese. Viene dall'Inghilterra, come me.

Scoprii che abbiamo un sacco di gusti in comune. A entrambi piace la neve, quella neve costituita da aghi o lamelle di ghiaccio organizzati in cristalli con caratteristiche forme geometriche, spesso riuniti in fiocchi. Ogni inverno aspettiamo con ansia la neve, come quei bambini che non vedono l'ora che nevichi per far chiudere le scuole e poter passare tutto il giorno a fare pupazzi di neve e a tirarsi palle di neve.
Entrambi condividiamo una passione pazzesca a studiare le cose prima della spiegazione, per mettersi avanti. Siamo due persone strane, lo sappiamo.

Quella sera, dopo aver finito di fare il compito di fisica, passeggiammo nel cortile dell'accademia.
Era una tranquilla serata autunnale. Parlammo di noi, dei compagni viziati e di quelli che fanno finta di essere secchioni davanti ai professori.
Ci promettemmo di non rubarci più le risposte a vicenda, ma di fare un cenno per sapere di chi é la risposta.

Il vento iniziò a soffiare più forte. Fitz rabbrividì. Mi tolsi la sciarpa e la misi sul suo collo gelido. "Forse questa può aiutarti" gli dissi.
Lui rispose: "Ma così avrai freddo tu, non voglio che tu abbia freddo"
Lo abbracciai e dissi: "Sto bene così. Sai, sei un ottimo amico. Non pensavo che sarei riuscita a farmi degli amici qui."

Da quel giorno diventammo amici, veri amici, facevamo sempre i compiti insieme, conoscevamo qualsiasi cosa dell'altro, da allora lui é diventato il mio migliore amico.
Certo, come tutti, litigavamo, ma alla fine siamo sempre arrivati alla conclusione che entrambi abbiamo ragione.

Eravamo diventati inseparabili.

Proprio per questa ragione ci hanno messo nella squadra dell'Agente Coulson. Non sapevano dove altro metterci. Ci considerano dei geni, una mentalità superiore a ogni altro essere umano sulla Terra. Questo ovviamente non é vero, anche se lo SHIELD l'ha affermato più volte , noi non siamo i più intelligenti sulla Terra.
Il più intelligente é e lo sarà per sempre Einstein, il suo quoziente intellettivo supera veramente qualsiasi altro uomo sulla Terra.

Io potevo finire in squadra con un certo Fred Oswald. Intelligente, di classe nobile, ha sempre fatto i compiti, si è diplomato con i massimi risultati. L'unica cosa che non piaceva a Coulson era che Fred non sapeva qual'era la differenza tra massa molare e massa molecolare.

Così fu scelto Fitz.
Quel ragazzo è così adorabile.
Quegli occhi grigi, dolci, che ogni volta che lo guardi ti ci perdi dentro, quel suo sguardo tutto serio mentre parla di scienza e quello stesso sguardo che mi sorride ogni volta che mi guarda negli occhi.
Quelle sue dolci parole piene di amore.
Qualche volta ha anche cercato di dirmi cosa prova realmente per me. Che è innamorato. Che vuole essere la persona più importante della mia vita superando l'ostacolo di essere un semplice migliore amico.

Anch'io voglio avere una vita con lui, ma non riesco a togliermi l'idea che lui sia un semplice amico. Voglio abbracciarlo forte senza quel salvagente invisibile che non ci permette mai di avvicinarci, che cerca solo di farci peggiorare la situazione. Voglio essere felice insieme a lui. Divertirmi con lui non solo in un laboratorio; fuori, all'aria aperta, senza lo SHIELD, senza l'HYDRA, senza il lavoro. Solo noi due.

Adesso è troppo tardi però.

Non possiamo più tornare indietro. Non possiamo tornare ai vecchi tempi.
È tardi.

Se solo non fossimo stati rinchiusi in quella scatola nera e buttati nell'oceano. Fitz me l'aveva detto. Abbiamo sbagliato a entrare nella squadra. Potevamo continuare la nostra vita in un semplice laboratorio. Sarebbe stato meno pericoloso.
Sarebbe stato più tranquillo.

Rinchiusi in quella scatola. Sul fondo dell'oceano. Lui che pensava a come farmi uscire viva, cercava di ripetermi quello che provava per me. Io non riuscivo a pensare. L'unica cosa che sapevo era che nessuno di noi sarebbe tornato come prima. Era troppo difficile pensare se saremo sopravvissuti o no.

A Fitz venne un'idea.
C'era dell'ossigeno nella scatola, però era solo per una persona. Solo uno di noi si sarebbe salvato. Io non ebbi tempo di pensare, di trovare qualche altra opzione perché Fitz mi mise l'ossigeno alla bocca e aprì la porta.

L'avevo perso.

L'ho perso. L'unica cosa che so è che se sarà ancora vivo non sarà lo stesso. Forse non riuscirà a parlare oppure non si ricorderà alcune
parole o peggio alcuni momenti della sua vita.

Una parte del suo cervello è rimasta in quella scatola. È ancora lì. In fondo all'oceano.

Adesso devo solo aspettare. Aspettare il momento quando si sveglierà.
Se si sveglierà.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 24, 2016 ⏰

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