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Più volte durante la sera i suoi occhi erano scivolati sul corpo elegante della ragazza e viceversa, cercandosi con lo sguardo in mezzo alla folla di invitati come un gioco perverso tra due quasi sconosciuti. Si erano già incontrati, già avevano sentito una strana fiamma accendersi dentro quando le loro mani si sfioravano per errore ed era capitato che in quei momenti i loro cervelli vagassero altrove, ripensando l'uno all'altro nei momenti di intimità della notte. Giunti alla festa, non si aspettavano di rivedersi lì, di nuovo faccia a faccia come qualche settimana prima. Tra labbra morse e respiri profondi e rumorosi - di chi desidera ma lo nasconde -, si ritrovarono seduti a fianco sul divano, coscia a coscia, spalla a spalla.
Antonio teneva una mano sulla gamba coperta dal tessuto dei pantaloni di cotone e talvolta le dita secche e lunghe finivano per sfiorare le gambe nude della ragazza, facendole venire i brividi su tutto il corpo per il contatto improvviso, delicato e freddo.
Mentirebbe se dicesse che non provava soddisfazione a vedere le gambe di lei stringersi quando accidentalmente la sua mano si avvicinava troppo all'altezza dell'orlo della minigonna.
«Quando hai intenzione di smettere di arrossire osservandomi?». Finalmente il moro - dopo qualche minuto imbarazzante di contatti repressi e istinti domati - si girò verso la ragazza, squadrando bene i lineamenti del suo volto adesso che la distanza tra loro era minima, potendo addirittura sentire il suo respiro caldo e agitato provenire dalle labbra carnose semi aperte. Lei si sentì bruciare il viso con quelle parole pronunciate piano e in modo assai compiaciuto e non ci volle molto affinché il calore si iniziò a diffondere nel resto del suo corpo, insistendo particolarmente nella zona in mezzo alle sue gambe. Gli occhi dell'uomo erano scuri e il suo sguardo intenso; non provava vergogna ad osservare la ragazza da vicino allo stesso modo come lo aveva fatto da lontano per tutta la serata, scrutandola più che mai, come si guarda qualcosa che già si sa che ci appartiene o si ha paura possa sfuggire. Le sue guance di nuovo rosse lo fecero ridacchiare e anche sul volto di lei si accennò un sorriso imbarazzato, accompagnato da un profondo interesse che non poteva più nascondere o negare a sé stessa e agli altri. Sembrava così timido, amorevole, spontaneo, così dolce nei gesti da ricordare l'innocenza di un bambino, ma lei sapeva che quelle mani delicate erano state su tantissimi corpi e seni e gambe, e se le era immaginate pure sopra il suo, caldo per lui, fremente. Nella mente di entrambi vagò la domanda: "succederà qualcosa?", pregando in un silenzioso sì. Guardandole le cosce - guardandola tutta -, Antonio si rese conto che era stanco di dover ricorrere alla sua immaginazione per riuscire a scrutare sotto il vestito aderente, visualizzandola senza nulla indosso almeno nella sua testa come ultima risorsa per controllare gli impulsi. Era diventato frustrante avere la sua pelle morbida così vicina ma allo stesso tempo così distante, essere impossibilitato dallo scorrere avidamente le dita lungo la sua carne e dal farla diventare sua, trasformarla in un disperato groviglio di passioni e desideri non detti. Non resisteva più al suo odore e il cuore ormai gli esplodeva che nemmeno le parole gli sarebbero state abbastanza: voleva che i desideri rimanessero non pronunciati, piuttosto dimostrati solo a gesti primitivi degli istinti carnali più banali. Bramava di stringere ogni centimetro della sua figura, posarvici le labbra e sentire i brividi farsi strada ovunque; questa sete così intensa non riusciva più a controllarla. La festa intanto continuava tutta intorno e ognuno di loro sembrava totalmente perso nel suo mondo - chi tra alcol e chi tra chiacchiere - che il moro pensò che qualsiasi decisione avrebbe preso sarebbe passata inosservata in mezzo alla folla distratta e disattenta, così presa da loro stessi e i loro interessi, egoista e a tratti falsa. Voleva sentire quella ragazza a tutti i costi e lui sapeva che dentro di lei bruciava lo stesso fuoco che lo ardeva dentro da minuti, da ore, da giorni. Basta razionalità, lo stava logorando.
Si ritrovò costretto a tornare presto con i piedi per terra, ancora prima di poter scegliere la sua prossima mossa, quando si sentì chiamare da una voce familiare. C'era bisogno di un aiuto in cucina, diceva, e Antonio scosse la testa e volse gli occhi al cielo con fare scherzoso. Si alzò dal divano e la ragazza sentì all'istante un vuoto, la mancanza di quel calore proveniente da un contatto così stretto col suo corpo. Si strinse in sé respirando profondamente come per ricomporsi, per evitare di far trasparire il turbinio di emozioni che la stava tormentando e le stringeva il petto e lo stomaco, con ardore.
Si levò anche lei dai comodi cuscini, non aveva più motivo di stare lì. Piuttosto si diresse verso quella parte di casa completamente vuota, in cui le voci degli ospiti risuonavano ovattate e distanti e nella quale pensare e riflettere e respirare sarebbe stato più facile. Entrò a passo svelto dentro la prima porta spalancata di una camera da letto che trovò e la sua attenzione fu colpita dal grande specchio a muro posto nell'angolo vicino allo stipite dell'entrata. Ripose la piccola borsa al di sopra della cassettiera e alzò lo sguardo osservando il suo riflesso e cogliendo l'occasione per sistemarsi il trucco: l'illuminante sbiadito, il rossetto color carne appena sbavato. Applicando i vari prodotti, la sua testa vagò altrove, perdendosi in mille pensieri e ripercorrendo gli attimi passati qualche minuto prima su quel divanetto a fianco di quell'uomo che sempre tanto l'aveva incuriosita e affascinata. Certamente, erano amici e avevano già riso tanto insieme come tali, ma in sua presenza talvolta continuava a sentirsi piccola, una ragazzina sopraffatta dall'eccitazione, e in quei momenti riaffiorava quel desiderio che in tutti modi provava a tenere nascosto. La sua mente tornò alle dita affusolate che le sfioravano la pelle, alle mani pallide decorate da anelli che aveva ammirato innumerevoli volte mentre suonavano abilmente la chitarra o il basso, oppure ancora i tasti del pianoforte, immaginando col respiro profondo cosa avrebbe potuto farle con esse se solo avesse voluto. Era stato duro ammettere a sé stessa che a lui si sarebbe data completamente, senza paura, senza pudore, senza dignità. Quegli occhi scuri le scavavano dentro, la lasciavano nuda ogni volta che si incastravano nei suoi e sarebbe bastato il più piccolo dei gesti per farla struggere interamente; sarebbe bastato il più piccolo dei tocchi e non avrebbe più resistito col fingere di non volerlo. Il calore provato in precedenza si fece nuovamente strada nel suo basso ventre e strinse le gambe d'istinto, come reazione naturale al suo perpetuo fantasticare d'esser sua e vulnerabile sotto al suo sguardo e alle sue mani. Schiuse le labbra avvicinandosi allo specchio per stendere il rossetto in modo preciso. La porta emise un lieve cigolio nell'aprirsi e la ragazza gettò uno sguardo attraverso la superficie riflettente.
«Antonio?»
«Che ci fai qua?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 11 ⏰

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mi fai morire - diodatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora