Capitolo 2

23 2 0
                                    

Dopo altre 5 ore di scuola la mattinata si è conclusa e io e Alyssa siamo uscite. Lei mi ha invitato a casa sua per pranzo e io ho accettato volentieri. Malgrado il mio carattere chiuso, avevo bisogno di trascorrere un po' di tempo con la mia unica amica. Nel tragitto per arrivare all' abitazione, non abbiamo parlato un granché, limitandoci a qualche frase botta e risposta. La madre di Aly ci aveva già preparato il pranzo, ma era uscita presto per tornare a lavoro. Lei lavorava al supermercato del paese come cassiera e faceva un sacco di turni per tirare avanti nel migliore dei modi. Per lei ero come una figlia, dato che andavo spesso a casa sua ed ero amica di sua figlia da tempo immemore.  Alyssa, per aiutarla a pagare cibo e bollette, aveva iniziato a lavorare al Wallace Pub, un covo di cinquantenni single amanti della birra e della musica anni '80. Suo padre le aveva abbandonate quando Alyssa aveva 5 anni senza farsi più vivo e lei non penso lo abbia mai perdonato. Sua madre dice sempre che loro due si completano e non hanno bisogno di nessun altro per essere felici. Io e la mia migliore amica ci eravamo sedute a tavola una di fronte all' altra ed avevamo iniziato a mangiare. Tenevo lo sguardo basso sul mio piatto per non farle notare le profonde occhiaie che mi scavavano il volto, o almeno per tentare di nasconderle. 

"Ti piacciono le lasagne?" Mi chiese lei.

"Davvero tanto, Aly. Amo il cibo italiano e tua madre è una cuoca eccellente."

La madre di Alyssa aveva origini italiane, penso dalla parte di suo padre.

 "Ricordati di salutarla e ringraziarla da parte mia quando torna da lavoro. Se esistesse il premio Nobel per il cibo, lei lo vincerebbe di sicuro. Dico davvero."

Alyssa mi guarda e poi scoppia a ridere e anche io, solo per un momento, tento di dimenticare tutti i problemi che mi attorniano e lascio che un sorriso luminoso nasca sulle mie labbra, come un raggio di sole dopo la tempesta. Che belli quegli attimi di spensieratezza, in cui svuotavo la mente e mi alleggerivo l'animo. Quegli attimi che solo una persona o un luogo speciale ti può regalare. Quegli attimi così belli, delicati, talvolta così sciocchi, da bloccare i tuoi pensieri e le tue emozioni, lasciando spazio solo alla felicità e alla spensieratezza. Quegli attimi profondi, da definire la linea dell'intimità di un rapporto. Ed erano quegli attimi a ricordarmi il passato ma a tenermi salda al futuro. Quegli attimi che ti parlano di quanto avevi sofferto, di quanto pesasse tutto il dolore che ti tenevi nell'anima, ma anche di quanto fossi stata coraggiosa e di quanto la vita aveva ancora da offrirti. Ed era solo in quei brevi momenti che mi sentivo me stessa.

Ma proprio come ogni bella cosa, gli attimi di felicità sono destinati a svanire presto. Un istante dopo mi girò la testa, il buio mi annebbiò gli occhi e vacillai.

La nostra macchina era ridotta a uno scheletro, ribaltata e bruciata a bordo strada, accartocciata contro il 4° pilastro del ponte. I miei genitori erano lì, davanti a me, inermi sotto a dei lenzuoli bianchi che la polizia aveva disteso sui loro corpi. Mia zia Polly si dimenava urlando e singhiozzando tra le braccia di un poliziotto, nel tentativo di varcare la zona dell'incidente delimitata dal nastro giallo. Zio Michael era distrutto, affranto come mai l'avevo visto. Si teneva il viso tra le mani, gli occhi strabordavano di lacrime, singhiozzava rumorosamente. Io non riuscivo a capire niente. Eravamo piombati in quell'inferno, infrangendo tutti i codici stradali pur di arrivare il prima possibile, dopo che mia madre non aveva risposto alle 8 telefonate di mia zia. I miei genitori, che fino a poche ore fa mi avevano salutato per uscire a cena con alcuni amici, ora si ritrovavano distesi l'uno affianco all'altra sull'asfalto scuro della carreggiata, circondati da chiazze sanguinolente, riversi a terra in posizioni scomposte senza più muoversi o respirare. Sentivo il sangue pulsarmi in testa, le mani tremanti, il sudore freddo, il respiro affannato, i battiti accelerati. Paura. La sentivo crescermi dentro a una velocità vertiginosa. Percorsa da brividi in tutto il corpo, fui costretta ad allontanarmi presa da un conato di vomito. Cos'era successo? Mamma e papà erano. . . morti? No, non è possibile. Non a me. Si sarebbe risolto tutto, non sarei rimasta sola. Con sempre meno convinzione, mi accasciai a terra sfiancata dalle emozioni e il buio m'inghiottì. 

Alyssa con uno strattone mi fa tornare alla realtà. Ero di nuovo persa nei miei ricordi.







Il sussurro di ZefiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora