Aveva gli occhi di ghiaccio, lei.
Occhi azzurri, quasi bianchi. Ma non proprio bianchi. Forse grigi, come fossero un cielo di nebbia.
Fu quella la prima cosa che notò Giacomo, quando la vide cantare.
Si stava muovendo intorno ai tavoli, con uno straccio in mano ed un vestito bianco di lino, stretto in vita da un corsetto, uno di quelli che in genere tutte le ragazze indossano nelle rievocazioni medievali come quella. Ma lui non l'aveva neanche notato.
Non appena aveva iniziato a cantare, tutti l'avevano guardata, quasi fosse una sirena. Era salita sul tavolo, mettendo prima un piede sulla sedia. Aveva intonato qualche parola, per poi tornare a terra e versare da bere a chi ne chiedeva, schivando pacche sul culo di montanari ubriachi, e avvicinandosi con dolcezza a bambini meravigliati.
Dopodiché, era rimasta nascosta nel coro. Così tutti se l'erano dimenticata, quella ragazza. Tutti tranne Giacomo, che continuava a fissare quello sguardo così grande, quasi eterno, ma anche così perso.
Avevano passato il pomeriggio così. Lei a servire birra e bibite cantando, e lui a contemplarla.
Durante l'ultima rappresentazione, dopo essersi accorta di avergli riempito il bicchiere diverse volte, anche lei iniziò a guardarlo, di striscio, come per controllare. Non capiva. Aveva paura, forse. I suoi occhi parlavano, dicevano timore, chiedevano qualcosa ad un altro ragazzo, anche lui a cantare tra i tavoli. Allora il ragazzo si avvicinò.
Era vestito da contadino, solo un po' più elegante forse.
«Non hai bevuto abbastanza?»
«Questa è l'ultima canzone, giusto?»
Il ragazzo lo fissò per qualche secondo, senza rispondere. E si allontanò, salendo sui tavoli, come tutti gli altri, per gli applausi finali.
Gli spettatori allora si alzarono. Ingoiarono le ultime gocce di una birra ormai calda, e sparirono dietro l'angolo, verso il tramonto, permettendo così di raccogliere tavoli, bicchieri e tutti gli oggetti di scena, che gli artisti iniziarono a caricare sul camion.
Nel momento in cui lo stesso ragazzo gli si avvicinò per togliere la panca su cui era seduto, Giacomo si alzò.
«Non devi tornare a casa? Lo spettacolo è finito».
«Come si chiama la ragazza col corsetto azzurro?»
«Ti conviene andare a casa. Hai bevuto tanto».
«È la tua ragazza?»
Lo guardò dalla testa ai piedi, ogni movimento, ogni posizione: «sì, sta con me».
Giacomo socchiuse le palpebre, esplorando nei suoi occhi, nel suo viso e nei suoi gesti. No, non era la sua ragazza.
«Posso parlarle? Non penso di dover chiedere il permesso, non siamo più nell'anno Mille, giusto?»
L'altro aprì la bocca, senza dire niente, perché una mano gli toccò la spalla.
«Tranquillo Dak, vai pure ad aiutare gli altri». Il ragazzo si voltò, assicurandosi delle parole dell'amica con uno sguardo, poi si allontanò, continuando a controllare.
Allora lei si fissò davanti a quello sconosciuto, con gambe serrate e braccia conserte, cercando di coprire il timore nei suoi occhi.
«Perché mi fissi da tutto il giorno?»
Lui sorrise, e allungò una mano, lento, per non spaventarla ancora di più: «sono Giacomo».
Non ricambiò il saluto, ma fece di più. Dopo qualche secondo di silenzio e osservazione, sciolse le braccia, mettendo le mani in tasca, e ripeté la domanda.
«Semplicemente non riuscivo a smettere».
I suoi occhi si addolcirono. Erano sempre fatti di nebbia azzurra, ma diversi, in qualche modo. Lo guardava, ma in un altro modo, lo capiva.
«Il tuo amico non sa mentire» disse, schiarendo la voce «mi ha detto che eri la sua ragazza. Si capiva che non era vero. Forse lo vorrebbe e basta».
«N-no, siamo... siamo solo amici». Continuava a guardarsi attorno, muovere le mani, quasi non trovasse un posto. Lo guardava negli occhi solo per ascoltarlo, bloccandosi. Sembrava cercasse qualcosa. Aveva un modo di guardarlo
«Non sei abituata a ricevere complimenti?»
«Semplicemente non capisco cosa vuoi da me».
«Conoscerti. Magari stasera possiamo iniziare, se vuoi».
Respirava a fondo. Il petto alzava come un'onda in tempesta, e prima di rispondere guardò più volte in basso.
«Non posso, scusa». Accennò un sorriso e si voltò, iniziando a camminare.«Domani? Domani puoi?»
«Ho da lavorare, mi spiace» disse, indicando gli altri artisti.
Non disse altro. La guardò parlare col suo amico, ma solo per poco, mentre lui lo stava osservando, cupo, fisso, quasi per avvertirlo.
Allora Giacomo, senza levar lo sguardo, finse di alzarsi il cappello, come facevano nel Medioevo per salutare, e se ne andò.
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Nebbia
AdventureDue ragazzi, soli, persi. La prima volta che la vide, non riuscì più a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, azzurri, quasi bianchi. La vide, le parlò, e da quel momento, la loro vita non fu più la stessa.