1. «Sei un mostro»

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"Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri."
-George Orwell

1 mese prima

Era un freddo pomeriggio invernale, il sole era oramai coperto interamente da un fitto agglomerato di nuvole grigiastre. Il cielo non lasciava spazio alla fantasia facendo intuire che un'imminente bufera si sarebbe ben presto materializzata per dare inizio alla stagione delle piogge.

In tutta la cittadina era presente un'aria di spensieratezza e felicità dettata soprattutto dalla vincita di una squadra rinomata di calcio, chiunque era sceso in strada a festeggiare la vittoria compreso chi di consuetudine non adorava lo sport.

In quei momenti di felicità, lontana dalla strada principale, una casa posta su un promontorio era decorata da un assenza di luci che la rendevano più terrificante di ciò che era.  Una villetta a due piani con numerosi balconi adornati da fiori di plastica dai colori orrendi, un ingresso composto da una porta sul beige posto sotto ad un arco raffigurante dei leoni.

In quell'abitazione viveva la famiglia Rossi, ignoti e misteriosi non partecipavano ad alcuna attività che non fosse legata alla religiosità. Il nucleo familiare era composto da quattro componenti: il capo famiglia il signor. Rossi, sua moglie ed i suoi due figli, Leonardo ed Elena.

Erano una famiglia tradizionale legata ai valori religiosi, forse anche troppo, infatti il signor. Rossi teneva particolarmente a dare ai suoi figli un educazione prettamente cattolica tanto da non permettere di mandandarli ad una scuola publica fino all'età di quattordici anni.

In quei lunghi anni il primogenito, Leonardo, aveva contatti con l'esterno solo grazie al catechismo che era obbligato a frequentare anche se non credeva in un Dio. In quelle occasioni aveva conosciuto Christian, un ragazzino della sua stessa età naturalmente bello, che era diventato il suo migliore amico.

Un giorno mentre si cambiavano nello spogliatoio maschile della chiesa Leonardo vide il suo giovane amico senza maglietta e provando piacere a guardare il corpo di Christian capi di essere gay.

Era ancora un bambino e non capì che ,per quanto fosse una cosa naturalissima per lui, il mondo lo avrebbe sempre visto come "uno diverso". Decise di dirlo ad il suo amico ma anziché una reazione normale si ritrovo a scappare dopo aver ricevuto come risposta «Che schifo! Sei un frocio, stammi lontano»

Da quel giorno decise di non dirlo a nessuno ad eccezione dei suoi genitori che lo avrebbero scoperto al compiere dei suoi sedici anni.

Quella giornata, caso volesse, fosse proprio quel maledetta giornata invernale che fu ricordata da molte persone come la più bella grazie al campionato ma come la più brutta per Leonardo.

«Papà, mamma, Elena vi devo dire una cosa» disse Leonardo richiamando l'attenzione a cena.

«Dici» disse il signor. Rossi scocciato «in fretta» ribadì guardando la faccia ansiosa del ragazzo.

«Oramai sono un paio di anni che...» si blocco guardando la faccia preoccupata della sorella che gli faceva cenno di non parlarne, Elena infatti era l'unico membro della famiglia che sapeva del piccolo segreto di Leonardo.

«Se non lo dirai entro tre minuti non lo dirai mai più» disse alzando la voce il signor. Rossi visibilmente irritato.

«Va bene» Leonardo fece un sospiro profondo ed annunciò «mi sono innamorato di un ragazzo » disse lui in una furia chiudendo gli occhi per paura della reazione.

Dopo un silenzio assordante decise di aprire gli occhi, si ritrovò davanti le facce dei suo genitori inorridite. E da li capi che aveva fatto l'errore più grande della sua vita.

«È uno scherzo vero?» tento di dire la madre camuffando il suo orrore in un sorriso «Mio figlio non è g..g..» balbettò lei.

«No, sono davvero gay» disse Leonardo con la faccia visibilmente rossa.

«Basta» Disse il signor. Rossi, non aveva alzato la voce ma aveva fatto qualcosa di peggiore, si era alzato e con gli occhi pieni di furia guardava Leonardo.

«Devi andartene, devi andartene da qui ora» disse con una calma lui, Leonardo sussulto.

«Mamma» disse Leonardo cercando un aiuto dalla madre, che lo guardava come se lui fosse malato della peggior malattia mortale, non disse nulla. «Per favore» sussurò lui con una lacrima che gli scendeva per le guance.

«Papà, posso sp-»

«Questo non è quello che Dio voleva da te»

«Per favore, ti prego»

«Vai via, Ora!»

«Mamma! Farò di tutto lo giuro!»disse Leonardo mentre singhiozzava, oramai le lacrime gli inondavano la faccia.

Si girò verso sua sorella che con il viso terribilmente rosso piangeva istericamente, e fu in quel momento che capì che qualunque cosa lui poteva dire o fare non poteva cambiare la situazione.

I suoi genitori lo guardavano come Christian aveva fatto con lui prima di non rivolgerli mai più la parola.  I suoi genitori, il dono più prezioso che aveva ricevuto, coloro che avrebbero dovuto supportarlo per ogni cosa adesso lo rinnegavano e gli davano del mostro.

Da un momento all'altro Leonardo si ritrovo a correre verso la sua stanza, la sera prima aveva preparato una valigia preparandosi al peggio. Non avrebbe mai pensato di doverla prendere, ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro se non le ultime parole che il padre gli aveva detto: "Sei un mostro".

Mentre cercava disperatamente la valigia sentiva il padre imprecare e tirare pugni alla porta mentre gli urlava di uscire al più presto, fortunatamente aveva chiuso la porta a chiave.

Piangendo e singhiozzando prese la valigia posta sotto il letto e controllò se aveva dimenticato qualcosa, sfortunatamente aveva dimenticato la cosa più importante una scatolina rossa posta nello scaffale più alto dell armadio. 

Non ci penso due volte, fece un sospiro e si diresse verso la porta.

Prese la valigia tremendamente pesante e lo zaino striminzito e uscì dalla stanza ancora piangendo. Guardò suo padre e rimase soddisfatto quando esso si dimostrava sorpreso dalla sua uscita.

«Il mostro qua sei tu, sono contento di non vederti mai più» disse con un sorriso appena evidente.  «Ah e comunque, sei uno stronzo» aggiunge lui facendo la faccia più sprezzante possibile.

Era nella foga di scappare, di allontanarsi da quel luogo infernale che non pensò a cosa fare o chi chiamare una volta scappato di casa. Non aveva parenti o amici al d'infuori di casa propria ma ^, fortunatamente, aveva iniziato la scuola publica appena un mese prima.

«Cazzo rispondi!» impreco Leonardo, era in una cabina telefonica appena vicina alla piazza principale.

«Pronto?» rispose una voce roca probabilmente assonnata.

«Salve, sono Leonardo Rossi della 3 c» rispose lui mentre il suo stomaco emetteva strani boati per l'ansia.

«Ah, salve, come mai questa chiamata?» rispose l'uomo alzando leggermente la voce.

«Emm... ecco i miei genitori mi hanno cacciato di casa, non è che lei sa dove potrei dormire per la notte?»  chiese Leonardo con molta vergogna per l'accaduto.

«Come mai la hanno cacciato di casa? Se posso chiedere.» Chiese l'uomo con tono pacato.

«e... ho fatto... coming o-out» disse Leonardo, il muoio della notte lo soppresse ed il silenzio durato pochi secondi per lui era come se fosse durato anni.

Aveva già ricevuto una delusione e di certo non voleva riceverne un'altra.

«Scusi, fa niente arrivederci» disse combattuto.

«...aspetta» disse l'uomo.

Per sempre tuo, Leonardo // gay storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora