Questa storia, che vado a raccontarvi ora, mi è sempre stata narrata da mio nonno, un uomo che ha sempre vissuto per aiutare il prossimo e il più debole, un uomo che a soli 25 anni ha vissuto l'atrocità della seconda guerra mondiale in prima persona e l'ha vinta tornando a casa e sistemandosi mettendo su famiglia. Quest'uomo, mio nonno, amava narrarmi di questa sua avventura dopo la guerra e io amavo ascoltarla tanto da farmela scrivere in modo da poterla leggere anche ora che lui non c'è più... Ora in questo quaderno,in cui sto scrivendo vari racconti della mia vita, scrivo anche questa storia a me molto cara; scrivendo prima una piccola premessa. La storia è ambientata nel 1945 un mese dopo la fine della seconda guerra mondiale e mio nonno, un giovane di 25 anni, ritornò a Manchester deciso di sposare la donna che amava, aveva cambiato vita e non voleva più prendere in mano un'arma e uccidere però dovette attendere ancora. In quegli anni mio nonno era alto circa un metro e sessantotto di media stazza;con un carattere gentile,infatti aiutava sempre il prossimo sia nella vita comune sia quando era in guerra. Era sempre riluttante nel dover uccidere le persone,anche se era in piena guerra ma quello era il suo compito e doveva portarlo a termine: preferiva, se necessario, stendere i nemici senza eliminarli ma in guerra ciò non poteva essere possibile soprattutto nella seconda guerra mondiale, uno dei più brutti scontri che il mondo abbia mai visto, e quando era in dubbio, se fosse giusto uccidere o meno, ricordava che i nazisti non ebbero pietà per gli ebrei e per chi li difendesse. Per narrarvi la storia riporterò le identiche parole che ho scritto,quindi il narratore sarà proprio mio nonno attraverso la mia copiatura della sua storia .Concludo qui la mia premessa per dare spazio al vero racconto. <> Mio nonno iniziava sempre così quando voleva raccontarmi qualcosa.<> Quella fu la mia risposta ogni volta che volevo sentirla e lui rideva sempre e iniziava sempre nello stesso modo,sempre con il sorriso"Tutto iniziò il 6 giugno 1945 quando rientrai a Manchester, finalmente era finita la guerra, quella guerra dove si doveva far capire ai tedeschi cosa fosse la giustizia e la parità di diritti poiché non esistono razze ma solo uomini e siamo tutti uguali, ma questo i bastardi tedeschi non lo capivano. Erano le 19:00 quando arrivai a Manchester e la prima cosa che feci fu andare a casa della mia fidanzata e poi dritto a salutare i miei genitori, non li vedevo da sei anni. Manchester era proprio come l'avevo lasciata e la sua popolazione applaudiva quando passavamo congratulandosi con noi e acclamandoci eroi, però anche noi subimmo delle vittime e il peso della guerra lo sentivamo solo noi, non eravamo più felici come prima eravamo cambiati tutti, la guerra cambia l'anima e veder morire così tante persone distrugge l'anima e il cuore. Andai primadalla mia donna, ero lì con il cuore in gola davanti la sua porta, bussai e mi aprì sua madre:<> Le chiesi. Lei mi guardò con un ampio sorriso e entusiasta mi rispose:<< Maxwell sei tornato! Emily è in camera sua va pure a trovarla.>> Salii le scale dirigendomi da lei,Emily era una ragazzabassina e bellissima:la incontrai cinque anni prima di partire in guerra e il giorno prima di partire mi ripromisi di chiederle di sposarmi se fossi ritornato; ero ritornato e volevo ancora sposarla. Giunsi davanti alla sua camera aprii la porta senza bussare trovandola lì che si pettinava i suoi lunghi capelli biondi, era l'unica persona bionda con gli occhi azzurri che volevo vedere dopo sei anni di guerra contro i tedeschi,le accarezzai il viso mentre lei,dopo avermi visto, scoppiò a piangere di gioia abbracciandomi :<> Le risposi:<> Poi ci furono due minuti di silenzio, l'unico rumore erano le sue lacrime di gioia che scendevano mentre era attaccata a me. Passarono due ore,le raccontai tutto ciò che accadde in quei sei anni di orrore, le raccontai di quanto mi erano mancati quei momenti di pace e di quanto mi mancava lei e l'amore che mi dava; poi andai dai miei genitori, finalmente tornavo a casa mia, finalmente la mia odissea era finita. Bussai e, quando aprì la porta, mia madre, una donna di cinquanta anni bassa con le rughe e i capelli bianchi ,scoppiò in un urlo di gioia e chiamò mio padre:<> Mio padre, alto un metro e sessanta con quei baffi che riconoscerei subito e quel suo fare da ottimista corse verso la porta e mi abbracciò:<< Maxwell figlio mio, grazie a Dio sei tornato.>> I miei mi strinsero tra le loro braccia ero felice di vederli, ero felice di vedere che stessero bene, ero felice di essere a casa mia. Quando mi lasciarono dal loro caldo abbraccio mio padre prese le mie due valigie e disse:<> Mi diressi con mio padre in camera mia intanto gli posi delle domande, iniziando così il nostro discorso: << Dove sono Michael e Matthew?>> Essi sono i miei fratelli minori dovevano avere circa 17 e 18 anni sicuramente erano in giro di domenica sera, la risposta su veloce:<> Il mio volto si intristì, faceva sempre male parlare dei compagni persi in una guerra che si poteva evitare,ma soprattutto faceva male il fatto che non abbiamo potuto salvare molti ebrei e molti compagni che ora riposano in pace faceva male la guerra... risposi con delle parole dolenti:<> Mio padre domandò direttamente il dubbio che, forse, tutti avevano:<< Hitler si è veramente suicidato?>> ripensai a quando trovai il suo cadavere insieme ai miei compagni, non provavo pietàper il suo corpo privo di vita, avevo solo rabbia per ciò che aveva fatto, eppure ora penso che forse è stata la morte più giusta, forse se fosse stato ucciso qualcuno avrebbe provato pietà per lui, e non la meritava. Risposi quindi a mio padre:<< Si, l'esercito sovietico l'ha trovato.>> Continuò mio padre:<< E i soldati nazisti sono morti tutti?>> <> Capì che quelle domande riaprivano le mie ferite di guerra quindi decise di cambiare discorso: << Be' figlio mio immagino che tu sia affamato, è vero che in guerra si mangia davvero male come dicono?>> Iniziò a ridere, voleva rimettermi il buon umore , e allietò il mio animo. Gli sorrisi e gli risposi:<< Certamente, pregavo di tornare a casa per mangiare i piatti della mamma, avevo più paura di morire per via dei pasti cheper via dei fucili.>> Rise ancora, era come se immaginasse la scena, e sento ancora il brutto sapore di quello schifo che si mangia in guerra. Poco dopo aver posizionato le cose in camera mia madre ci chiamò per andare a tavola ed erano tornati pure i miei fratelli.<< Andiamo figliolo.>> Disse mio padre, gli annuii e guardai ancora una volta la camera, che condivido con i miei fratelli,era rimasta tale e quale a quando me ne andai, era bello rivedere le vecchie abitudini, quella stanza era dipinta di celeste e di celeste era rimasta, i letti erano posizionati nello stesso ordine e feci subito caso a una lettera che stava sul mio letto, lo aprii e lessi, ancora oggi ho quella lettera con me non la perderò mai: "Caro Maxwell, se stai leggendo questa lettera significa che sei tornato, volevo scriverti queste poche parole per dirti che, il mio amore per te cresce sempre di più ogni giorno che passa, sopporto il tuo stare lontano perché in cuor mio sento che tornerai, so che tornerai. In questi giorni in cui tu sei lontano penso e ripenso al fatto che io voglia vivere per sempre con te se tornerai. Torna presto. Tua per sempre Emily." Quelle parole suscitarono dentro di me commozione, non avevo più dubbi volevo sposarla, decisi di chiederlo l'indomani stesso. Quel momento di amore che mi avvolgeva fu distrutto da mia madre che urlò:<à>
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Manchester Murder 16 years old version
Mystery / ThrillerUn giallo ambientato a Manchester alla fine della seconda guerra mondiale. Questa è la versione che ho scritto a 16 anni