0 - Il contratto

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Il cielo piangeva sugli altissimi grattacieli della città che diede i natali all'uomo che segnò l'inizio della fine del mondo, Trevor Costrerant.
In quel giorno di pioggia, il più maledetto degli uomini se ne stava sulla cima del suo grattacielo di proprietà, incurante della tempesta che gli si scagliava contro e del rischio di prendersi un malanno.
Rimaneva fermo lì, in piedi, a scrutare l'abisso in prossimità dei bordi del tetto.
La grigia atmosfera era la sua unica compagna in quella giornata piovosa, le rapide gocce d'acqua erano le uniche cose a sfiorare la sua candida pelle, il rumore dei tuoni era l'unico che riusciva, seppur per poco, a distrarlo dai suoi pensieri, e l'asfalto ai piedi del suo palazzo era l'unica cosa che osservava.
Il meteo e il suo volto malinconico erano in perfetta sincronia, erano quasi un tutt'uno.
Trevor, a mo' di una triste ninna nanna, canticchiava quella volta.
«In questo mondo una sola cosa conta:
non ciò che la vita fa piacere,
ma come lo ottenere.
Morir melanconici è una futil onta,
meglio non esser mai nati
che scoprirsi annoiati,
e per sfuggir a ciò - un nuovo mondo conio,
portando il Pandemonio».

Se ne restò fuori per una decina di minuti o poco più, poi rincasò.
Il suo appartamento dagli innumerevoli piani era tenuto totalmente al buio,
era impossibile orientarsi visivamente, il signor Costrerant faceva totale affidamento alla sua memoria per potersi muovere nella sua stessa casa.
Con comodo, discendeva un piano dopo l'altro, una rampa di scale dopo l'altra, senza mai inciampare sui gradini proseguiva.
Si fermò al 51esimo pianerottolo, tirò fuori un mazzo stracolmo di chiavi dalla tasca del suo cappotto e, attraversata la porta "51 - B", gli si prospettava davanti un esagerato brulichio di simboli demoniaci, sulle pareti, sugli oggetti, sulle carcasse degli animali sacrificali, dappertutto; si trovava nella sala dei rituali.
Trevor si barcamenava nella stanza tra il forte fetore della putrida carne in decomposizione che gli faceva contorcere lo stomaco e tra il disordine caotico generale, andando verso quello che ricordava uno strumento di videosorveglianza.
Le immagini trasmesse dal marchingegno erano oltre il raccapricciante, le videocamere riprendevano un'atrocità tale da essere accostabile alle più grandi atrocità commesse nella storia:
Nel palazzo del signor Costrerant pullulavano un numero approssimativo di un milione di prigionieri, reclusi abusivamente in claustrofobiche celle insonorizzate, dai scheletrici corpi consumati dai loro stessi succhi gastrici e dalle traumatizzate menti in frantumi che davano chiari segnali, tra tic nervosi, pianti disperati e urla disumane, di ogni genere e tipo di disconforto.
Il destino di questi uomini non era molto diverso da quello di un animale in un macello, pensati e usati per il sostentamento di un terzo; e il terzo in questione è un demone, il demone della discordia Leraje.
Trevor fin da giovane ha sempre usufruito dell'aiuto del mondo ultraterreno, per una questione o per un'altra, ma mai prima d'ora s'era mai avvicinato a sacrifici di tale portata, né mai contattò un demone di così alto rango; un marchese, secondo la gerarchia dell'Ars Goetia sono solo inferiori ai re degli Inferi.
Con l'aiuto del suo grimorio, l'uomo poté preparare il necessario per invocare il demone marchese Leraje, il sigillo dello spirito e un cerchio magico di protezione per la precisione.
Senza alcuna esitazione o timore, recitò in maniera eccelsa la sua formula d'evocazione, tutta d'un fiato, ogni singola parola trasudava di una ritmicità tale da parere ipnotica, proferiva parola con così tanta precisione in ognuna delle sillabe che sembrava come se il suo cervello fosse impostato con l'autopilota di una macchina perfetta, il modo in cui leggeva l'incantesimo faceva trasparire più che un senso di conoscenza mnemonica di esso, un senso di memoria spiritica, come se esso fosse intrinsecamente connesso a lui.
In un battito di ciglia, il demone della discordia si palesò.
Sottoforma di chiazza d'ombra tremolante, il marchese Leraje apparve.
Completamente in controllo, Trevor fu diretto con egli.

«Trenta legioni di dannati, niente male signor marchese, centottantamila demoni al suo totale servizio.
E se io le offrissi un milione di anime schiave? Un prezzo piuttosto ridicolmente spropositato, non per peccar di presunzione, per carità, ma credo che converrà anche lei, con una tale cifra di soldati non avrebbe problemi a passare da marchese a re, no?
Sono tutti suoi, all'istante, li ho già marchiati per il rituale di sacrificio.
Questo è il numero di spiriti umani che le offro, non uno di meno, non uno di più.
In cambio le richiedo tre favori:
Sono ben consapevole che un maggior possesso d'anime equivale a maggior potere laggiù, ho avuto modo di intrattenermi in numerose chiacchere con i suoi simili e mi hanno rivelato ciò tempo addietro, la prima gentilezza che le domando è di usare le nuove capacità che otterrà per portare il caos in terra, necessito che lei prenda la realtà come la conosciamo noi umani e la distrugga, nulla dovrà esser più com'era prima, voglio un mondo meno grigio, piuttosto vivace, la magia non deve essere più una fantasia ma bensì realtà, ho bisogno di vedere il paranormale sbucare da ogni dove, in una totale caoticità randomica con cui è impossibile non rimanere esterrefatti davanti al nuovo, davanti al sempre più nuovo e al sempre più sconosciuto, e voglio che tutto sia animato e acceso, ovunque.
Dicono che il conflitto sia l'anima dell'arte, io dico che è il cuore pulsante della realtà; senza esso, nulla ha senso.
Scommetto che il demone della discordia non abbia problemi morali a portare il pandemonio in Terra, alla fine il fosso infernale ne guadagnerebbe solamente per la causa della rivolta Luciferina.
La seconda richiesta consiste in un mio sfizio, desidero che una copia di ogni singolo esemplare di fenomeno paranormale mi sia fatto fornire, e desidero, se esso fosse un qualcosa di potenzialmente ostile, che non lo sia nei miei confronti, e, tengo a precisarlo, desidero che solo e solamente quella copia sia innocua verso di me.
E per concludere, l'ultima e terza condizione consiste nel ricevere una strumentazione autosufficiente in grado di tenere sott'occhio a distanza l'intera razza umana.
Questo è quanto, mio marchese».

Leraje lo stette a scrutare per una trentina di secondi, studiando per bene il suo evocatore, quasi come se stesse tentando di analizzare e di imprimere nella sua memoria il suo volto.
Soddisfatto, dalla chiazza d'ombra si estese un lungo arto color nero pece che puntava, con l'indice, verso Trevor, l'unghia di quel dito era più associabile ad un artiglio che ad un'unghia vera e propria, era più un artiglio spesso e scheggiato.
Il demone rivolgeva quell'artiglio sempre più vicino al piccolo naso all'insù dell'uomo, fin quando, d'un tratto, con un rapido movimento diagonale, gli lasciò una cicatrice su di esso che gli causò una sensazione di bruciore che faceva sembrare che l'acciaio che gli aveva penetrato le carni lo stesse mordendo freneticamente come un leone a digiuno.
Dalla ferita, tutt'altro che superficiale, non sgorgava sangue, bensì si venne a formare immediatamente una linea scura su di essa; era simbolo d'aver stretto un accordo con un demone di alto rango come un marchese, un segno non delebile, né in vita né da morto.
Trevor Costrerant, vittorioso per aver condannato il genere umano a causa di un suo egoistico desiderio di intrattenimento, procedette a portare a termine gli ultimi step di questo piano che progettava da anni, consapevole che sarà ricordato nella storia come il più stramaledetto degli esseri che abbia mai abitato il pianete Terra.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 15 ⏰

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