Devo dire, in fin dei conti non era andata così tanto male la giornata. Tornare all'università era una boccata d'aria, ancor di più se avevi iniziato finalmente un percorso di studi che ti si addiceva. La giovane me, molto influenzabile, pensava che dovesse essere lei l'orgoglio della famiglia e divenire un qualcuno di importante. Per questo motivo scelsi giurisprudenza, ma ad essere completamente sinceri? Avevo scelto giurisprudenza da una parte per poter scappare da economia ed al contempo soddisfare le aspettative dei miei genitori. Volevano che diventassi una commercialista, un avvocato o perfino un dottore, ma la loro pressione si è poi rivelata soltanto un baratro, nel quale sono precipitata. Inizialmente andava anche bene, ma poi, con il passare dei mesi, era diventata tutto tranne che un percorso godibile. Gli attacchi di pianto erano sempre più frequenti, e la mia ansia era andata man mano a peggiorare. Ed è proprio in questi momenti, dove mia madre vedeva la propria figlia cadere in un tunnel di disperazione, misto stress, ansia e dolore che si accorse che forse quella pressione iniziale mi si era ritorta contro, e mi stava schiacciando. Fù lei la prima ad aprire il discorso, ero ad un altro attacco di pianto, quando mi disse di mollare, di smetterla di tormentarmi, che se non riuscivo non c'era nulla di sbagliato. Avrei avuto tutto il tempo di fare le cose con calma questa volta, senza nessun tipo di aspettativa da dover rispettare, semplicemente, e direi finalmente, avevo carta bianca. E così è stato.
Avevo sempre ritenuto che avessi un bellissimo rapporto con i bambini, qualsiasi bambino che incontrassi sembrava essere attratto da me, ed iniziava a gironzolarmi attorno. Infondo sapevo farci con i bambini, ho cresciute le mie sorelle. Penso che poi questo mio pensiero si sia successivamente affermato quando inizia a lavorare in un ristorante, ogni volta che arriva una famiglia con dei bambini, piccoli o grandi che siano, sembravano subito attratti da me. Infatti, ogni qual volta che potevano, lasciavano il loro tavolo per venire da me, iniziavano a parlarmi timidamente, ed io in tutta risposta cercavo sempre di metterli a loro agio. E in men che non si dica mi ritrovavo con una fila di bambini che mi seguiva per la sala. Invece, per i più piccoli era differente, c'era questo bambino, di nome Gabriele, aveva due anni, e con la sua famiglia erano clienti abituali da un po. Gabriele si affezionò talmente tanto a me, che ogni volta voleva venire in braccio, molto spesso preferiva stare con me piuttosto che andare dalla mamma. Ed io ovviamente, quando potevo, lo accontentavo. Molte volte mi sono ritrovata bambini che si affacciavano per la porta della cucina, ed altri che mi seguivano fin dentro. Quindi mi venne tipo un illuminazione: "se a me piacciono i bambini ed io sembro piacere a loro, perché non renderlo una parte della mia vita?" E quindi eccomi qui, al mio primo anno di scienze della formazione primaria.
Erano ormai le quattro del pomeriggio, avevo finito tutte le lezioni di quel giorno. Uscì fuori dal mio edificio e mi incamminai per il campus, il sole era così piacevole, quasi non mi veniva voglia di tornare a casa. Mi sarei stesa tranquillamente sui gradoni a godermi quel bel sole. 'Al diavolo' mi avviai verso i gradoni, mettendomi un po più distante da un gruppo di ragazzi, posai la borsa e mi ci appoggiai con la testa sopra. Inizia a fare un recap della mia giornata, in che modo suddividere il lavoro da svolgere tra appunti e riassunti. E poi la mia mente balenò verso quei ricci, ovvero lo sconosciuto di stamattina. Sarà impossibile scoprire il suo nome, da quello che ha detto non viene mai in università. 'Stupida Camille! Come hai fatto a non chiedergli come si chiama? È letteralmente la prima cosa che si dice quando ci si presenta'. Ormai dovevo lasciar perdere, non avrei più rivisto bei ricci, peccato, era simpatico e gentile. Nel mentre che ero persa nei miei pensieri, venni coperta improvvisamente da un ombra che impediva al sole di riscaldarmi. Aprì un occhio, e vidi che a guardarmi dall'alto c'era una ragazza dai capelli biondo cenere, occhi verdi, qualche lentiggine sparsa sul suo minuto viso, che mi sorrideva.
"Ehm...ciao? Posso esserti d'aiuto?" Esordì.
"Oh sì...tu sei Camille vero?" Mi disse allargando sempre di più quel sorriso. Non le faranno male le guance?
"Si?..." continuai aspettando che palesasse le sue intenzioni.
"Ciao, io sono Samantha, ma per gli amici Sammy. Quindi puoi chiamarmi Sammy." Amici? Siamo amici? Non credo di averla vista prima d'ora. Non ricevendo risposta continuò con il suo discorso.
"Ehm...seguiamo pedagogia insieme con il professore Miller" Ahhhh...ecco spiegato il tutto.
"Oh sì, posso esserti d'aiuto?" Le chiesi accennando un sorriso.
"In realtà non proprio, volevo invitarti alla festa delle matricole di questa sera" c'era una festa delle matricole? Effettivamente ero nuovamente una matricola, ma non mi ispiravano molto le feste che venivano organizzate dalle associazioni universitarie.
"Oh...bhe, in realtà Sammy, non sono tanto tipo da festa, non mi piacciono" le confessai, era inutile inventare qualche scusa, meglio dirle che non mi andava. Sembrò abbastanza delusa della mia risposta, quindi pensavo che sarebbe andata via di lì a poco.
"Daiiii...ci divertiremo" continuò facendo una voce abbastanza carina(?).
"No davvero Sammy, non mi va proprio"
"Dai Camille, in realtà non ho amici o amiche con cui andare, e tra tutte tu mi sembri la più simpatica. Volevo che diventassimo amiche e magari allacciare di più i rapporti andando a questa festa insieme." Ma cosa stava accadendo? Sembrava che mi fossi ritrovata una bambina un po troppo cresciuta che cercava per forza di fare amicizia. Mi guardava con occhi da cucciolo abbandonato, e per poco non avrebbe fatto il labruccio. Non mi sembrava il caso di deluderla, temevo che sarebbe scoppiata a piangere se le avessi detto di no, quindi cedetti.
"E va bene, dove ed a che ora questa festa" fece dei piccoli saltelli di gioia. 'Era davvero un cane?' Mi afferrò le mani.
"Adesso devo scappare, ma ti aggiornerò tramite whatsapp" Disse prima di iniziare a correre.
"Aspetta...ma non hai il mio numero..." le ricordai urlandole dietro.
"Invece sì, l'ho preso dal gruppo" Disse girandosi di un minimo con un sorriso sul volto. 'Mi fa paura quella ragazza'.
STAI LEGGENDO
Distant
RomanceUn amore, un tormento, un dolore... Ecco in cosa sprofondano Camille e Shawn. Per molto tempo ai due sono serviti solo due telefoni, per poi, precipitare sempre di più in un oblio che li porterà ad essere sempre più inarrivabili, sempre più lontani...