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"L'amore per l'ordine è una buona qualità. Potresti diventare una brava moglie".

Elettra abbassò il porta-blocco che le copriva metà del viso e sul quale erano fermati i fogli che stava diligentemente compilando. I suoi occhi sgranati si puntarono su Leo, che sedeva tranquillo dall'altro lato del tavolino del Café con un grande bicchiere di latte macchiato stretto tra le dita. 

Che significa?

Erano lì per discutere di opere d'arte, non della sua propensione al matrimonio. Uno status che, per inciso, era ancora molto, molto in basso nella lista delle sue personali priorità.

Si domandò se Leo non si stesse annoiando in sua compagnia, e se quei continui tentativi di cambiare discorso e di distrarla dai suoi compiti non fossero che un gioco con cui divertirsi.

"Questa l'hai copiata da qualche film", mormorò.

Si stava sforzando di apparire infastidita dalla sua ennesima interruzione e si era obbligata a riportare lo sguardo sul testo che stava scrivendo, ma dovette ammettere a se stessa che ogni tentativo di ignorare la sua presenza stava andando a vuoto. Per quanto ci provasse, non riusciva a concentrarsi: i suoi occhi tornavano a sbirciarlo, senza che lei potesse esercitare alcun controllo su di loro.

Leo socchiuse le palpebre e increspò le labbra in un sorriso che Elettra trovò irresistibile.

Che qualsiasi donna sana di mente troverebbe irresistibile.

"In effetti, sì".

Non c'era nulla di affettato o di costruito nel modo in cui aveva pronunciato quella frase, ed Elettra non riuscì a trattenere una risata. Una risata del tutto spontanea, così come lo era il fascino di Leo: naturale fino ad apparire distratto, come se lui non se ne rendesse conto o non vi desse alcun peso.

Non avevano trascorso insieme neppure un'ora, eppure la sintonia immediata che si era stabilita tra loro era palpabile, a dispetto degli sforzi di Elettra di arroccarsi su una posizione distaccata e professionale.

"Adesso che hai sottolineato le mie qualità, possiamo tornare a discutere della valutazione del quadro?", insistette.

"Non c'è nulla da discutere", ribadì lui, senza nemmeno guardarla. "La datazione è errata".

Elettra sbatté le ciglia, esterrefatta. Quel tipo aveva proprio deciso di farle perdere la testa, per una ragione o per un'altra.

"Non posso scrivere nella relazione che la datazione è sbagliata soltanto perché lo hai detto tu!", esclamò.

Il tono della sua voce si era impennato verso un picco di esasperazione. Leo smise di osservare la stanza e le persone che li circondavano, e tornò a interessarsi a lei.

"Perché parti dall'assunto che i tuoi libri contengano sempre la verità?", chiese soltanto.

Elettra non si era aspettata quella domanda. Suo malgrado, esitò nel rispondere. In qualche modo sentiva che una dichiarazione rigida e scontata non sarebbe stata abbastanza. Non con lui.

Lui sembrava possedere un quantitativo imbarazzante di argomenti che lo interessavano, altrettante opinioni che esponeva senza troppe remore e un genuino interesse a metterle in discussione con lei. Quell'ultimo punto, più di ogni altro, pungolava la sua intelligenza. Decise di essere sincera.

"Perché dovrò pur avere un appiglio, una certezza..."

"Credi davvero di averne bisogno?"

Una volta ancora, Elettra si sentì obbligata a riflettere, a non replicare in maniera distratta, ma a cercare dentro di sé la verità di quel discorso.

REVOLUTION - Anteprima della storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora