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ma spero che molto presto tutto questo finisca voci dentro la mia testa dicono che devo smetterla
tarda notte, non fumo, voglio restare nervoso tutta questa gente attorno, ma poi parlo da solo
occhi lucidi come le scarpe che indosso, come i sogni di giorno come la pioggia sul duomo
Ogni notte, la stessa storia. Emily appariva nei miei sogni vestita da angelo, bella come un peccato, e irresistibile. La rottura era stata brutale, più dolorosa di quanto avessi mai immaginato possibile. Nonostante tutti i miei sforzi, non riuscivo a scacciare il suo ricordo. Le notti erano un tormento costante, e durante il giorno, cercavo di seppellire il dolore sotto strati di musica e lavoro.
Avevo appena pubblicato il mio nuovo album "Pizza Kebab". Era un progetto in cui avevo riversato tutto il mio essere, sperando che Emily, in qualche modo, potesse sentirlo. Speravo che, ascoltando quelle canzoni, capisse quanto ancora pensavo a lei, quanto mi mancava. Ma sapevo che era un'illusione. Emily era una ferita aperta che non smetteva mai di sanguinare.
La prima volta che la vidi in TV, il cuore mi si fermò. Era solo un'immagine fugace, un flash durante una pubblicità di Las Vegas, ma bastò a riportare tutto il dolore a galla. La mia rockstar stava diventando famosa, e io sentivo la sua mancanza più che mai. Non importavano le donne che passavano nel mio letto; nessuna poteva prendere il suo posto. Era come cercare di riempire un buco nero con della sabbia.
Ogni tentativo di dimenticarla era vano. Ogni volta che chiudevo gli occhi, la vedevo: Emily, con il suo sorriso radioso, la sua bellezza che toglieva il fiato. Era un dolore asfissiante, una morsa che non mi lasciava mai. Provai a chiamarla più volte, sperando di sentire la sua voce, ma non rispondeva mai. Ogni chiamata senza risposta era un pugno nello stomaco, una conferma del fatto che era andata avanti senza di me.
Mi sentivo perso, intrappolato in un loop di dolore e ricordi. Ogni angolo della mia casa, ogni strada della mia città mi ricordava lei. Perfino il caffè che bevevo ogni mattina aveva il sapore amaro del suo ricordo. Non sapevo come andare avanti, come vivere una vita senza di lei. Mi rifugiavo nella musica, sperando che potesse essere un balsamo per il mio cuore spezzato. Ogni nota, ogni parola di "Pizza Kebab" era un grido di aiuto, un tentativo disperato di esorcizzare il fantasma di Emily.
Ma ogni volta che prendevo la chitarra, sentivo la sua presenza accanto a me. Era lì, mentre suonavo le corde, mentre cantavo le parole che avevo scritto pensando a lei.
La sua assenza era un peso che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Ogni volta che aprivo Instagram e vedevo una sua foto, era come se qualcuno mi strappasse il cuore dal petto. Era sempre lì, sorridente, felice, mentre io mi sentivo perso e distrutto. Sembrava così distante, così irraggiungibile, mi sentivo impotente, incapace di muovermi, di andare avanti.
Provai a chiamarla un'ultima volta. Il telefono squillò, ma non ci fu risposta. Lasciai un messaggio, la voce tremante: "Emily, come stai? Per favore, chiamami." Ma sapevo che non avrebbe risposto. Lei era andata avanti, mentre io ero rimasto intrappolato nel passato.
Ogni donna che incontravo, ogni flirt, ogni notte di passione non erano altro che tentativi falliti di riempire il vuoto che Emily aveva lasciato. Ma nessuna era come lei. Ogni bacio, ogni carezza mi ricordava quanto mi mancava. Era un dolore che non riuscivo a scacciare, una ferita che non voleva guarire.
Alla fine, avevo capito che dovevo trovare un modo per seppellire quella storia una volta per tutte. Dovevo accettare che Emily era andata avanti, che non sarebbe mai tornata. Dovevo lasciarla andare, anche se questo significava vivere con un pezzo del cuore mancante.
Decisi di partire, di lasciare la città che tanto mi ricordava lei. Presi la chitarra e qualche vestito, e mi diressi verso l'ignoto. Forse, lontano da qui, avrei trovato la pace che cercavo. Forse, avrei potuto dimenticare Emily. Ma sapevo che il suo ricordo mi avrebbe sempre seguito, come un'ombra. E ogni notte, nei miei sogni, lei sarebbe sempre apparsa, vestita da angelo, bella come un peccato, e io non avrei potuto fare altro che desiderarla ancora.
Mentre guidavo lontano dalla città, con la chitarra sul sedile posteriore e il cuore pesante, mi chiedevo se avrei mai trovato la pace. Ogni chilometro che percorrevo sembrava allontanarmi da lei, ma il suo ricordo era sempre lì, accanto a me. Ogni canzone che passava alla radio la ricordava, ogni paesaggio che vedevo fuori dal finestrino mi parlava di noi.
Mi fermai in una piccola cittadina vicino Milano, decisi di prendermi una pausa. Entrai in un bar, ordinai un caffè e mi sedetti vicino alla finestra. Guardavo la gente passare, cercando di trovare un senso in tutto questo. Ma la mia mente tornava sempre ad un passato remoto. Non importava dove andassi o cosa facessi, il suo ricordo era sempre lì, a perseguitarmi. Come un fantasma.
Mi ero reso conto che forse non avrei mai potuto dimenticarla completamente. Forse, il suo ricordo sarebbe sempre stato una parte di me. Ma dovevo imparare a convivere con questo dolore, a trasformarlo in qualcosa di positivo. Dovevo trovare un modo per andare avanti, per vivere la mia vita nonostante tutto.
E così, continuai a suonare, a cantare. Ogni canzone era un pezzo del mio cuore, un frammento della mia anima. E poi capirla davvero. Forse, un giorno, sarei riuscito a trovare la pace che cercavo. Forse, un giorno, avrei potuto guardare indietro e sorridere, ricordando Emily non con dolore, ma con affetto.
Ma per ora, tutto ciò che potevo fare era suonare e cantare, cercando di dare un senso a questo caos. E ogni notte, nei miei sogni, lei sarebbe sempre stata lì, vestita da angelo, come la ricordavo, e io avrei continuato a desiderarla, a ricordarla. Ma forse, un giorno, sarei riuscito a lasciarla andare.