ʟᴇᴀʜ
Perdere una persona cara è forse il dolore più grande che si può provare: la sua assenza pervade ogni cosa, si nasconde in ogni nostro piccolo gesto e ci accompagna giorno dopo giorno, mentre la ferita che ha lasciato sembra non poter mai cicatrizzare.
Per stare meglio ci vuole tempo, e il viaggio verso la guarigione è diverso per ognuno di noi.
A volte potremmo sentirci come se nulla più avesse significato, e la sofferenza prende il sopravvento.
Bene, non per me; odiavo mia madre. Al momento di trasferirci in Italia anni fa ne fui felice, un nuovo posto, ma ero piccola e ingenua, e non avevo ancora realizzato il divorzio tra i miei genitori e il fatto che sarei stata dai miei fratelli.
Si dice che le cose che amiamo sono le stesse che ci distruggono: era la descrizione perfetta di mia madre, ogni sera tornava a casa ubriaca, fino a quando il suo fegato ha ceduto ed è morta.
L'odio verso la famiglia racchiude in sé una grande contraddizione.
Implica, in un modo o nell'altro, odiare se stessi.
Geneticamente e socialmente siamo parte integrale di quel nucleo familiare, dunque esiste un punto nel quale siamo indivisibili da esso. Ciò nonostante, questo di mancato amore e di rifiuto verso il gruppo familiare viene provato da molte persone.
Io ero una di quelle, a momenti disprezzavo persino mio padre per non essermi mai venuto a prendermi, ma gli unici che non avevano colpe erano i miei fratelli, loro mi erano sempre stati accanto, e non avrei mai potuto odiarli.
I miei pensieri vennero interrotti dalla voce del pilota che annunciava di essere arrivati a destinazione.
Stavo per rincontrare i miei fratelli, i brividi mi cosparsero la pelle per il freddo dato che indossavo un maglione di cotone che lasciava la spalla sinistra scoperta, così mi affrettai a spostare una parte dei miei lunghi capelli neri, lisci come seta, su una spalla.
Non appena uscita dalla zona del mio gate, cercai James con lo sguardo, quando finalmente lo trovai: un metro e 88, una chioma ribelle di ricci castani e due occhi azzurri che sapevano leggere il tuo dolore, come quelli della mamma, solo che i suoi lo provocavano.
L'ultima volta che avevo visto James aveva dodici anni, portava una maglietta a righe a dir poco imbarazzante della Benetton e un paio di pantaloncini che erano stati sicuramente di mio padre.
Teneva in mano un cartoncino con scritto "Cerco La Mia Nana" e quando mi vide lo girò dall'altra parte, dove si presentava un altra scritta "Muoviti Che Ho La Macchina In Doppia Fila" risi e corsi contro di lui e lo abbracciai.
<<Mi sei mancata Nana>> mi chiamava sempre così, per ovvie ragioni visto il mio metro e 56
<<Non posso dire lo stesso. Scherzo dai, dov'è Jake?>> Jake era l'altro mio fratello, il gemello di James, due gocce d'acqua, ma una cosa che li differenziava era l' eterocromia di Jake: aveva un occhio azzurro e l'altro verde.
<<E' in macchina che ci aspetta, andiamo>> prese le mie borse e ci avviammo verso la sua macchina, la cosa a cui teneva di più.
Trovai Jake appoggiato alla macchina che quando mi vide mi corse incontro e mi sollevò in aria.
<<Dai, sali, la nonna è a casa non vede l'ora di vederti, ha detto che vuole farti "tante domande sui ragazzi", non la smetteva più di parlare>> il pensiero di rivedere la nonna Mary mi fece sorridere, ma non per molto ancora.
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ROOMATES
Teen FictionEra il primo giorno al campus della Darrin University, quando Leah rincontrerà il migliore amico dei suoi fratelli, Nathan. Leah non lo aveva mai sopportato, ma si era sentita sollevata all'idea di non vederlo più, quando a 13 anni si trasferì in It...