Ohanami.

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Dopo l'incidente di Cherry, Joe non sembrava più lo stesso. Aveva parlato spesso con i dottori e spesso questi lo avevano rassicurato sul fatto che il suo amico di infanzia se la sarebbe cavata con poco, che la stanchezza e tutto ciò che sentiva Cherry era parte del viaggio di guarigione che stentava ad accorciarsi.

Nonostante ciò, Joe passava l'intero giorno al suo fianco, aiutandolo persino ad andare in bagno e ritrovandosi con una bottiglietta di shampoo in testa quando si ostinava a trattarlo come uno in fin di vita anche per quei pochi passi che lo distanziavano dalla porta al water.

Joe era esageratamente preoccupato, ma in fondo faceva parte di lui quel comportamento oltre i limiti, anche motivo per cui loro due erano sempre i primi a bisticciare per ogni cosa. Eppure il primo giorno di ricovero non riusciva a dimenticarlo, era convinto che proprio in quel giorno qualcosa fosse cambiato, che ammetterlo avesse cambiato tutto.

Aveva visto Cherry dormire con una benda sul capo e vari cerotti di diverse dimensioni su gambe e braccia, e che non potevano collegarsi a semplici cadute sullo skate come le miliardi di volte in cui era già accadute, ma erano tutte collegabili a quello stronzo di Adam e a come avesse esagerato... come fosse cambiato repentinamente rispetto a come ricordava in passato.

Sapeva che Cherry sarebbe guarito, magari in una settimana o due, ciò non toglieva che vederlo così aveva scosso qualcosa in lui.

Prese la sua mano, era gelida anche se la stanza era calda, quindi decise di coprirlo meglio fino alle spalle e stringere quelle dita sotto la coperta. Sentì la presa essere ricambiata per qualche secondo, probabilmente un riflesso involontario.

«Kaoru...» lo chiama con un filo di voce per non disturbarlo «Svegliati... mi sentirei meglio se tu aprissi gli occhi e mi dicessi qualcosa... qualsiasi cosa...»

Joe alzò lo sguardo, non sembrava che fosse cambiato, forse una lieve ruga tra le sopracciglia simile a quando si è concentrati su qualcosa, ma simile anche a quando si sente del dolore e questo creava un peso ancor più pesante nel cuore dell'amico perchè impotente a ciò.

«Sai... ci conosciamo da anni e da anni che mi vedi così sicuro e pieno di me. Sempre circondato da belle ragazze pronte a farmi la corte o in giro a far festa, pronto a lavorare e servire con il sorriso chiunque voglia mangiare nel mio ristorante. Sono anni che ci conosciamo e anni in cui mento... mento ai miei amici, a tutti voi e persino a te.» Joe sbuffa una risata e passa l'altra mano sul viso per coprirsi dall'imbarazzo. «Ed è divertente perchè non so neanche io perchè lo faccio! Potrei dirti la verità, la verità pericolosa che mi porto addosso fin da quando eravamo piccoli così! Ma mi son sempre detto che è meglio tacere e accontentarsi dei nostri litigi, di odiare Carla e fartelo notare perchè, dai, non puoi dare un nome di donna a un computer!»

Joe guardò il cielo pensieroso su ciò che stava blaterando, l'agitazione lo stava portando a dire cose senza senso, e certo l'esser solo in quella stanza non era altro che l'ennesima cosa che lo metteva sottostress, e in tutto ciò non si era accorto che Cherry lo stava ascoltando: era ovviamente sveglio e cosciente, ma con gli occhi serrati perchè se li avesse aperti Joe non avrebbe più parlato.

«Accontentarsi...» ripetè con un tono riflessivo «Kaoru, ho riflettutto tanto su di noi. Credo che il motivo per cui mi circondi di donne sia lo stesso che mi spinge a non dirtelo. Il motivo per cui voglio loro è che loro riescono a chiudere minimamente quel vuoto causato dal fatto di non averti, di non poterti mai avere.»

Ci fu un minuto di silenzio, Cherry avrebbe voluto voltarsi, guardarlo, baciarlo, dirgli che era un coglione a non aver capito nulla e non averlo mai fatto, ma rimase immobile dallo shock, con gli occhi chiusi e le labbra strette: l'unica cosa che fece fu lamentarsi nel voltarsi lentamente sul letto e dargli le spalle.

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