The Albatross

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2030

Come è assurdo il destino, sembra sempre che voglia prendersi gioco delle persone.

Forse è vero che esiste un ordine cosmico per cui, ad un certo punto della vita di una persona, tutto deve essere chiarito per metterci definitivamente un punto e, solo allora, tutto quello che abbiamo vissuto assume un senso.

Erano anni che Simone si trascinava dietro un senso di inquietudine, di malessere dentro di sé che non riusciva a colmare con niente. Avvertiva di essere sbagliato in ogni luogo, in ogni contesto, e per questo, cercava sempre di tenersi alla larga da tutto e da tutti.

Sentiva che fosse meglio così: era diventato colui che non riusciva a far niente senza ferire le persone a cui voleva bene.

Per lo meno, così si era convinto di essere.

Avvertiva anche di meritarsela quella solitudine, che fosse una giusta punizione, soprattutto da quando aveva lasciato andare via il suo unico vero amore, anni prima.

Quello aveva rappresentato il suo punto di non ritorno e, da allora, la sua vita era crollata a picco.

Se ne erano accorti perfino gli amici e suo padre che qualcosa non stava più andando in lui, che la sua fiamma si stava spengendo lentamente senza che nessuno riuscisse a capirne il motivo.

Dante, un giorno, ebbe un'intuizione: girovagando tra gli scaffali di una cartolibreria, aveva trovato un'agenda blu e aveva immaginato che potesse tornare utile al figlio.

«Non ho così tanti impegni da dovermeli scrivere su un'agenda, pà»

«Non te l'ho presa per quello, Simone. Ho pensato che magari scrivere può aiutarti ad elaborare i pensieri che hai in testa e di cui non vuoi parlare con nessuno»

Simone annuì lievemente e, tornato nel suo appartamento più tardi, abbandonò per giorni, se non per settimane, quell'ammasso di carta ad impolverarsi affianco a tutti i libri che teneva nella sua libreria in salotto.

Tutto ciò fino ad una mattina di marzo.

Come tutti i giorni, la sveglia suonò presto e con fatica dovette liberarsi di quelle coperte calde che lo avevano protetto dal freddo, per andare nell'azienda in cui lavorava da quando aveva terminato gli studi all'università.

Scostando le tende osservò le minacciose nuvole nere nel cielo e la pioggia battente che scendeva a fiumi quella mattina.

Non aveva alcuna intenzione di uscire con quel tempo.

Prese il telefono e avvertì il responsabile che quel venerdì avrebbe lavorato in smart working, assicurandogli che avrebbero comunque avuto tutto il materiale in mattinata.

In realtà, fin da subito, l'azienda gli aveva lasciato la totale libertà di lavorare anche da casa, ma Simone si era sempre sforzato ad andare il più possibile in sede per non continuare ad isolarsi dal mondo.

Fu così che dopo diverse ore davanti al computer a fare conti su conti, poté finalmente inviare i documenti all'azienda e chiudere tutto.

Stiracchiandosi, si incamminò in cucina per prepararsi un thè con l'intenzione di tornare a dormire al più presto. Eppure la sua attenzione fu catturata da quell'agenda «Che cosa stupida» disse, passando oltre.

Quel pomeriggio, complice il fatto che non riuscisse ad addormentarsi e che la pioggia gli stesse lasciando un profondo senso di malinconia e di solitudine, sentì l'urgenza di andare a recuperare la sua vecchia copia de "Les fleur du male" di Charles Baudelaire.

Sfogliando le pagine di quel libro, si soffermò su una poesia che si ricordò di aver studiato al liceo e che aveva un gusto dolce-amaro: "L'albatros".

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