Tu che rimani sempre la mia password del Wi-Fi
E chi sa se lo sai
Sono le 8.15 di mattina, è sabato e vorrei passare la giornata disteso sopra un telo, pensare solamente ad abbronzarmi come ho sempre fatto.
«Ginseng» sento.
Controllo nuovamente l'orologio e sospiro, si sta avvicinando l'orario delle colazioni. Decisamente non il mio preferito. Anche il cliente migliore, il mattino e specialmente se affamato rischia di diventare insopportabile.
«Ginseng» sento, di nuovo.
Mi volto, e vedo un signore con gli occhiali da sole. Camicia bianca, cravatta blu scuro e al polso un orologio che ha tutta l'aria di essere molto costoso.
«Normale?» Gli chiedo, dandogli le spalle per sistemarmi il vassoio con tutto il necessario.
Silenzio, aspetto due secondi. Mi volto nuovamente e lo vedo inserirsi nell'orecchio una cuffia senza filo, AirPods. Con un fugace gesto della mano, mi fa segno di fare veloce.
Mi sale il nervoso, possibile che tutti abbiano sempre fretta come se dovessero salvare vite?
«Lo volevo grande» mi accusa il signore, porgendomi di ritorno, visibilmente scocciato, il vassoio.
Faccio forza a tutti gli insegnamenti di nonna, lo insulto inconsciamente - pesantemente, lo ammetto - e rifaccio il suo Ginseng.
«Ecco a lei» dico a denti stretti, devo migliorare.
"Stronzo" aggiungo tra me e me.
Lo lascio solo, cogliendo l'occasione per andare a servire i due tavolini esterni. Ordinazioni semplici e veloci, un miraggio. Vedo con la coda dell'occhio arrivare Samantha, mia sorella.
«Ohhh, qualcuno oggi ha sentito la sveglia» la prendo in giro.
Samantha, con espressione stanca e occhi gonfi, si limita ad alzarmi contro il dito medio e si sistema il grembiule.
«Ti odio» aggiunge legandosi i capelli lisci in una coda bassa.
«Ti voglio bene, ci sono due tavolini da sparecchiare» ribatto, lanciandole la pezza.
Samantha ha vent'anni, studia a Bologna e durante la stagione estiva si sacrifica aiutandomi al bar. Non le piace, si vede e mi dispiace obbligarla, ma a volte non ho altra scelta. Dopo la morte di mamma, l'attività e i debiti che l'arredano sono passati a me. Spero riesca a trovarsi presto un lavoro tutto suo.
Sto pensando a quanto io sia un pessimo fratello quando sento il rumore di uno schiocco di dita. Samantha sogghigna, sa quanto io odi quel gesto. Nel voltarmi vedo la mano del signore alzata a mezz'aria e l'espressione scocciata, tipica dei clienti rompica**o.
«Wi-Fi» esordisce.
«Come scusi?»
«Qui, voglio la password Wi-Fi» specifica, illuminando ogni sua briciola di cordialità.
Sono anni che ho a che fare con diverse tipologie di clienti, ma ogni giorno, prontamente, riescono a stupirmi, superando le aspettative. Cercando di mantenere la calma e la diplomazia, lo faccio attendere qualche secondo. Secondo. Ripeto, secondo.
«Avrei fretta» intima.
«Saratuttopiccolo» gli rispondo crudo.
Il signore lo digita all'istante e l'espressione rimane scocciata.
«Saratuttopiccolo, s a r a t u t t o p i c c o l o» scandisco bene, prendendolo in giro in maniera velata.
Il signore capisce e riesce a collegarsi al nostro Wi Fi, restando seduto al bancone per ben un'ora, pagando il ginseng con una banconota da 100 € per poi, uscirsene con due monete da due euro. L'ho detto o no, che ci sono clienti rompica**o?
«Lei lo sa?» Mi domanda Samantha, intenta a mangiarsi un panino con la cotoletta nel retro del bar.
«Chi?»
«Sara» mi risponde come se fosse scontato.
Sara. Non la vedo da sei mesi, ma riusciamo a sentirci una volta a settimana, senza rimanere troppo costanti e sempre grazie a lei.
«Sapere cosa?»
«Che è sempre rimasta la tua password del Wi-Fi?»
«Perchè dovrebbe saperlo?»
Rispondere a una domanda con un'altra domanda rimarrà sempre la mia strategia migliore.
«Io lo vorrei sapere» sentenzia.
«Tu non sei lei» obietto rientrando nel bar che era stato rimasto scoperto per troppo tempo.
Nei momenti di silenzio penso a Sara e al tizio che era venuto a sistemarci il modem dell'internet, obbligandoci a cambiare password.
«Dev'essere un qualcosa di semplice, che non vi dimentichiate» Mi aveva ammonito il ragazzo, riferendosi anche a mia madre che ormai faticava a ricordarsi anche il suo stesso nome.
«Sara» avevo risposto senza pensarci.
Quel giorno avevamo litigato, lei era uscita con Thomas, un nostro compagno di scuola. Eravamo al liceo e lui voleva che dormissero insieme. A me sembrò esagerato, ma lei fece di testa sua, come sempre.
«Troppo corto, poi devo sapere se tutto piccolo, se vuoi inserire...»
«Saratuttopiccolo» avevo concluso, aggiornando definitivamente la password.
L'arrivo di una signora del paese mi fa tornare con la testa al presente. Un caffè liscio. Alla cassa mi accorgo del messaggio di Sara.
Sara: posso chiamarti questa sera? Need Help!
Io: certo. Tu sai per caso la password del Wi-Fi del bar?
Passano due ore, il bar ci fa lavorare. Samantha serve i tavoli, io preparo gli ordini. Siamo un po' in difficoltà, ma riusciamo a fare tutto.
Sara: No, non te la ricordi?
Io: Risolto. Ti chiamo dopo.
STORIA ISPIRATA ALLA CANZONE PASTELLO BIANCO - PINGUINI TATTICI NUCLEARI
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STORIE DI CANZONI
Short StoryVoi mi dite le canzoni e io ci creo la storia... ci state?