Introduzione

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1985
Carissima amata, chiusa all' interno del mio cuore, come una farfalla all' interno di un barattolo di vetro, che mi chiami dall' alto di quel maledettissimo cielo. Coperta da nuvole invetriate sei, il tuo spirito la notte vedo e non posso fare a meno di versare le lacrime che ribollono nel mio organismo. Per colpa mia si è scatenata l' ira di chi è considerato Dio. Quella cagna vestita da santa che ti ha portata via da me, che ha separato i nostri cuori, i nostri cervelli, le nostre anime. Se un Dio veramente esiste mi porterà da te un giorno, per adesso vivrò nel tormento, rimuginando quel momento in eterno. Ti amo ma non l' ho mai detto. Ti ho amata dal primo secondo un cui le nostre iridi hanno creato quella connessione che ha segnato il mio divenire. Ti amo ma adesso non potrò più dirlo. Amore mio, mi hai donato la vita, per poi portarla via con te. Mia cara, se davvero un Dio esiste, spero capirà il nostro peccato, una lussuria inspiegabile. Solo i nostri cuori hanno fatto l' amore. Solo le nostre anime hanno potuto conoscersi. Con questo scritto io ti dico finalmente addio.

1975
Come si riconosce un peccato? Come facciamo a capire che quello che stiamo facendo è giusto o sbagliato? Ma soprattutto, esiste il peccato? Chi ci dice che una determinata cosa non la possiamo mettere in atto?
Se quell' azione è possibile compierla allora possiamo farla.
C'è chi direbbe che c'è il carcere, che c'è la morte e dopo la morte l' inferno. Ma se l'inferno non esiste, allora tutto è lecito. Persino uccidere. Non ci sono pene abbastanza crudeli, neanche la morte. Ci basiamo solo su quello che fa stare bene o male noi. Se uccidi qualcuno stai male, oppure devi scappare a vita, o scontare trent'anni di prigione. Se muore qualcuno a noi caro stiamo male, ma non perché quella persona ha cessato la sua esistenza, ma perché ci faceva stare bene e adesso, senza, non sappiamo che fare. Se leggiamo di una notizia di cronaca nera non ci sentiamo indignati per quello che è successo, ma perché tutti lo fanno o perché ci sentiamo in dovere di farlo.
Tutti siamo in grado di compiere ogni singolo peccato. Il cervello umano ne è in grado.

Parole che escono dalla sua testa, che non fanno a meno di vagarle per le strade del cervello. Impresse sulla carta, violentemente strappata e lanciata. Ormai non esistono più. Mani tra i capelli zuppi di lacrime e muco, lavati il giorno prima ma intrisi si sudore. Adesso al tatto sono ruvidi. Il corpo coperto solo dal reggiseno nero e le mutande, la pelle liscia al tatto e scivolosa. Occhi che chiedono pietà, profondi ma freddi.

Una scena che grida dolore.

Dall'altra parte un momento di preghiera. Un Padre Nostro e dieci Ave Maria, il tutto ripetuto per cinque volte. Inginocchiata per terra, con un rosario in legno e un crocifisso davanti, non pensava a niente, solo a quello che stava facendo in quel momento. Stava pregando senza sapere cosa o chi. Le ginocchia ormai segnate dalle setole del tappeto rosso della camera. Nessun pensiero. Nessuna domanda. Occhi vuoti. Nessuna emozione.

Ma poi si videro. Le iridi si scontrarono, nel corridoio del palazzo in cui entrambe si erano appena trasferite. La prima con un sorriso smagliante, in contrasto alle emozioni appena provate. La seconda con un espressione neutra e priva di sentimenti, solo un sorriso di cortesia. Ma una scintilla aveva collegato le due, un qualcosa di invisibile ma che entrambe avevano sentito. Una sensazione diversa per ognuna, ma molto forte. Si guardarono e dopo un cenno si separarono.

Nella loro mente per giorni l'immagine dell'altra si susseguiva, anche se non si videro per molto tempo, come se una forza le dividesse ma le attirasse l'una all'altra allo stesso tempo. Una mente già troppo tormentata che lo era diventata ancora di più e una troppo ordinaria che riscontrava per la prima volta il piacere, ma anche il dolore, dei pensieri ricorrenti e assillanti che possono affliggere una persona.
Non poterne parlare con nessuno la distruggeva, così si rifugiava nella preghiera, dove chiedeva perdono per pensare a qualcuno. Non era colpa sua, ma era peccato. Cosa pensava? Solo l'immagine di quella ragazza dagli occhi verdi. Sembrava così felice e sorridente. Con i suoi lunghi capelli castani che aveva visto oscillare da una parte all'altra mentre scendeva le scale. Ciò che aveva attirato di più la sua attenzione, però, era stato il suo corpo. Come poteva indossare una maglietta talmente corta nelle sue condizioni? La pancia le fuoriusciva dai jeans a zampa che indossava, forse la cintura era anche troppo stretta per lei.
Mentre ci pensava, anche l'altra rimuginava all'aspetto d'ella. I capelli di un biondo bellissimo, portati fin sotto alle spalle, raccolti in parte con un fermaglio in metallo, forse argento, con qualche fiorellino colorato. Indossava una gonna verde scuro a quadretti, con linee rosse e gialle, il bordo a sbuffo sul fondo le fece storcere il naso. Abbinata aveva una camicetta bianca con le maniche, anch'esse a sbuffo. Ai piedi un paio di ballerine nere, semplici, insieme a dei calzini bianchi. Un'immagine che la colpì sin dal primo attimo, ma che allo stesso momento la destabilizzò. Non poteva fare a meno di pensare che la ragazza che si era trovata davanti quel pomeriggio, fosse tonalmente costruita, come se dietro alla sua immagine ci fosse un' "entità superiore". Non era lei che si sentiva così, che si vestiva così, ma qualcuno lo faceva per lei, insinuando nella sua testa che fosse quella la sua persona.

*Piccola introduzione di quella che penso sarà la storia definitiva.

Fatemi sapere che ne pensate.

SofyFantasy*

La vita di una farfalla (definitiva)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora