Avevo la mente del tutto annebbiata, l'unica cosa che mi sembrava importante in quel momento era rendergli il torto, e renderglielo alla grande. Non riuscivo a pensare ad altro che non fosse la bocca di Dan schifosamente attaccata a quella di Beth. Il solo immaginarlo mi faceva venire voglia di vomitare e a quel pensiero vedevo tutto rosso; ero confusa e accecata, accecata da quel profondo sentimento di odio e di dolore e dall'enorme desiderio di vendetta.
Ero in camera mia e mi stavo cambiando mentre, dall'altro lato della parete, un ragazzo che avevo conosciuto appena due ore prima mi stava aspettando seduto pazientemente sul mio letto. Non potevo andare a una di quelle corse con un vestito da gala e ancor meno con dei tacchi da venti centimetri. Mi tolsi tutto e mi infilai un paio di pantaloncini di jeans, una canottiera nera e dei normalissimi sandali. Sapevo bene di non potermi presentare in un posto del genere come una bigotta, per cui mi rallegrai che, contrariamente alle mie abitudini, quella sera mi fossi lasciata truccare in modo eccessivo.
Mi tolsi il più in fretta possibile le orribili forcine che mi facevano venire mal di testa - ne avrò avute un centinaio! - e insieme a quelle mi ritrovai in mano anche diversi capelli lunghi e ricci... Frustrata, mi feci una coda di cavallo.Nella mia mente si disegnava soltanto un'immagine: io che iniziavo a flirtare con il tizio più sbruffone e fico del posto. Così mi sarei sentita più soddisfatta, meno usa-ta, meno presa in giro e, soprattutto, meno idiota, anche se in fondo sapevo che niente di tutto quello avrebbe potuto cancellare la realtà: ero distrutta, e a malapena riuscivo a tenere insieme i mille pezzetti in cui si era rotto il mio cuore.
Chissà se Beth aveva raccontato a Dan tutte le cose che le avevo confidato... Magari avevano riso alle mie spalle mentre io cercavo di dare il massimo in quella che era la mia prima e unica relazione. Era tutto pianificato?
Respirai a fondo cercando di mettere a tacere quei sentimenti e quei pensieri dolorosi.
Uscii dal guardaroba e constatai l'effetto che il mio aspetto aveva su Mario, il cameriere che avevo appena conosciuto, il quale spalancò gli occhi pieno di ammira-zione.
«Sei bella» mi disse con un sorriso divertito che ricambiai senza grande entusiasmo. Quella notte non ero in vena di stupidi complimenti o altro del genere.
«Grazie» risposi prendendo la mia borsa dal letto e incamminandomi verso la porta. «Andiamo?»
Mario si alzò e mi rivolse un altro sguardo divertito mentre uscivamo dalla stanza. Poi raggiungemmo la sua auto.
Mezz'ora dopo, Mario imboccò una strada secondaria circondata da campi aridi e terra rossa e arancione. A mano a mano che ci allontanavamo iniziai a non sentire più le macchine dell'autostrada, sostituite da una musica ripetitiva e sempre più alta.
«Sei mai stata in un posto del genere?» mi chiese Mario, che teneva una mano sul volante e l'altra comodamente
appoggiata allo schienale del mio sedile.
«Sono stata a diverse corse, si» gli risposi in tono un po' scocciato.
Lui mi osservò per qualche istante e poi si rimise a guardare la strada. A quel punto riuscii a vedere, in lon-tananza, un sacco di gente e delle luci simili a neon che illuminavano una zona deserta piena zeppa di auto parcheggiate alla bell'e meglio.
La musica era assordante e, una volta arrivati, vidi ragazzi e ragazze tra i venti e i trent'anni che bevevano, ballavano e si comportavano come fosse l'ultima festa della loro vita.
Mario fermò l'auto in uno spazio piuttosto affollato e scese aspettando che facessi lo stesso. Scesi anche io senza smettere di esaminare quello che mi circondava.
«Dove mi hai portata?» non potei evitare di chiedergli.
Lui scoppiò a ridere.
«Non preoccuparti, questi sono spettatori, quelli che contano sono laggiù» mi disse indicando a sinistra verso un grande gruppo di ragazzi e ragazze appoggiati contro i cofani di macchine allucinanti, modificate in ogni modo e dai cui portabagagli usciva una musica tanto orrenda quanto quella che tuonava dov'ero io.
Notai che era pieno di vestiti fluorescenti. La scarsa illuminazione - generata perlopiù da luci bianche - faceva brillare quegli abiti nel buio della notte. E non solo, c'erano anche molte ragazze con disegni in faccia o sul corpo realizzati con quel tipo di pittura.
«Hai pensato anche ai dettagli, eh?» mi disse Mario e io lo guardai con aria interrogativa.
Mi indicò il corpo e a quel punto capii a cosa si stava riferendo. Il prodotto che mia madre mi aveva spruzzato su braccia, collo e capelli ora faceva risplendere di una luce fluorescente la mia pelle chiara. Ero ridicola.
«Non ne avevo idea, te lo giuro» risposi e lui scoppiò a ridere.
«Sarebbe stato meglio se l'avessi avuta, qui non ci può venire chiunque e non è che voglio offendere, ma tu sei...
un po' meno appariscente della maggior parte delle persone presenti» mi disse osservando i miei pantaloncini corti e la mia semplice canottiera.
Eccome se ero meno appariscente! A quelle ragazze, per essere completamente nude, restava solo da togliersi le minigonne - esageratamente corte - o la parte superiore dei bikini che usavano come top.
«Non so se sai cosa ci facciamo qui, ma in queste situazioni ci sono sempre bande e gruppi. Tuo fratello è il capo di una banda e oggi è molto importante per tutti che vinca contro Ronnie» mi aggiornava Mario mentre ci avvicinavamo al gruppo con le auto costose.
Nick era il leader di una banda? Quello davvero non me l'aspettavo, anche se in fondo non mi stupiva. Quel poco che sapevo di lui mi bastava a vedermelo coinvolto in cose del genere. Era violento, duro e minaccioso, e riusciva a nasconderlo alla perfezione quando era con la sua famiglia; ma santo cielo! Era straricco, e nel suo mondo queste cose non succedevano... Cosa aveva da spartire il figlio di uno degli uomini più potenti del Paese con una misera banda come quella che avevo davanti in quel preciso istante?
Mario si fermò accanto a dei tizi il cui aspetto avrebbe potuto causarmi incubi per mesi. Avevano le braccia tatuate, vestiti larghi e un sacco di crocifissi e lunghe catene d'oro e d'argento appesi al collo. Anche le ragazze del gruppo vestivano in maniera provocante, ma non tanto come quelle che avevo visto dove avevamo parcheggiato.
Mario andò dritto verso di loro e, come fossero amici da una vita, iniziarono a salutarsi pugno contro pugno, a darsi piccole pacche amichevoli e a ridere. Mi sorprese tutto quel cameratismo tra di loro, visto che da fuori facevano davvero paura. Un'altra cosa che li distingueva era che tutti avevano dei laccetti giallo fluorescente legati all'avambraccio, ai polsi o ai capelli.
Capii che erano tutti membri di una stessa banda, nello specifico quella di Nick.
Non appena finirono di salutarsi tra loro, i ragazzi si
accorsero di me.
«Chi è questa bambolina?» urlò uno e tutti scoppiarono a ridere osservandomi attentamente. Continuava ad arrivare gente, da tutte le parti... ma quel gruppetto non mi toglieva gli occhi di dosso.
Il commento non mi andò giù, ma mi limitai a fissare il tizio che l'aveva fatto con aria poco amichevole.
«Non ci crederete ma è la nuova sorellastra di Nick» rivelò Mario facendomi cadere le braccia. Non volevo che le persone lo sapessero; quella notte avrei preferito passare inosservata o, almeno, potermi divertire senza sentirmi apostrofare come la bambolina-arrampicatrice-sociale-sorellastra-di-Nick.
Scoppiarono tutti a ridere di nuovo e ancora più forte, sempre che fosse possibile, mentre le ragazze iniziarono a esaminarmi con rinnovato interesse.
«Portate qualcosa da bere alla nostra nuova amica!» urlò un tizio afroamericano che reggeva un bicchiere rosso in una mano, mentre con l'altra cingeva una ragazza molto bella. Fu lei a girarsi, a versare qualcosa in un bicchiere e ad avvicinarsi a me. Gli altri continuarono a parlare tra di loro e a ballare al ritmo di quella musica stridente.
«Quindi tu sei la nuova tipa del nostro caro Nick?» mi chiese squadrandomi dall'alto al basso. lo feci lo stesso. Se lei era sfacciata, allora potevo esserlo anch'io.
Era di colore, alta e molto slanciata. Aveva i capelli neri pettinati in migliaia di piccole treccine che partivano dall'inizio della testa e arrivavano fino alla vita.
Indossava un paio di pantaloncini corti bianchi e una maglietta blu scura firmata... Uhm... quello sì che era interessante.
«Sorellastra» la corressi mentre prendevo il bicchiere di plastica, la osservavo con cautela e la scrutavo con diffidenza. «Non è che ci hai versato dentro qualcosa, vero?» le chiesi guardandola in malo modo. Non mi fidavo di quella gente, mi era già bastato che la notte prima mi avessero drogata, non ero disposta a permetterlo di
nuovo.
«Ma che razza di persona credi che sia?» replico offesa dalla mia domanda. «E birra, e se vuoi qualcosa di più leggero sei nel posto sbagliato» mi disse voltandosi arrabbiata e quasi schiaffeggiandomi con le sue trecce svolazzanti. Se ne andò dritta dall'altro ragazzo di colore muovendo i fianchi in modo molto sexy, tanto che diversi ragazzi la guardarono con desiderio.
Mario si avvicinò a me e mi guardò divertito.
«Sei qui da meno di mezz'ora e stanno già fioccando scommesse» mi informò scoppiando a ridere. Lo fissai accigliata.
«Scommesse su cosa?» volli sapere.
«Su quanto ci impiegherai a mollare il bicchiere di birra e a tornartene di corsa a casetta» rispose alzando le sopracciglia, in attesa.
Ah, quindi era così che la pensavano?
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E'Colpa Mia? (1)
RomanceNoah deve lasciare la sua città, il fidanzato e gli amici e trasferirsi nella villa del nuovo ricco marito di sua madre. Lì incontra il suo nuovo fratellastro, Nick, e presto scopre che dietro l'immagine di un figlio modello, nasconde qualcosa.