Capitolo sei

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MARTHA

La mattina mi sveglio e mi sento stranamente vuota, leggera, ma in una maniera fastidiosa. Accanto a me Connor non c'è, e il suo posto è tiepido, per cui si è alzato da un po'. Controllo l'ora e mi rendo conto che sono rimasta a letto fino a tardi, perché sono da poco passate le undici. Mi alzo, indolenzita. C'è uno strano silenzio in casa; esco dalla camera e vedo Connor nel corridoio. Indossa una tuta ed è madido di sudore. Il suo viso si illumina in un sorriso dolce quando mi vede.


«Buongiorno,» mi dice, lasciandomi un lieve bacio sulla guancia. È di buonumore, nonostante la nottataccia che gli ho fatto passare. «Come stai?»

Cerco di ricambiare il sorriso, ma le labbra mi tremano. Non voglio parlarne, lui capisce. «Bene. Sei andato a correre?» domando, cambiando argomento.

Annuisce. «Sì, ma ho fatto solo metà percorso perché tra poco arriva Sophie.»

«Chi?»

«Cecilia Moore,» si corregge. «Capelli rossi, abbraccia la gente, giochiamo insieme a lacrosse, hai presente?» inizia a snocciolare per stimolare la mia memoria. «È qui a Londra e mi porta degli appunti di un seminario di glottologia che c'è stato venerdì e a cui non sono riuscito a partecipare.»

Certo, Cecilia. Non so come prendere questa notizia, perché, a dirla tutta, io non la sopporto. È troppo sorridente, loquace, sembra sempre che voglia darti lezioni di vita, fa domande assurde ed è un'enciclopedia ambulante. Però fa dei buonissimi brownies, che si dà il caso siano il punto debole di Connor, di solito in fissa con la sana alimentazione anche a causa mia. Ho notato che lui ne è affascinato, lo vedo da come indugia ogni tanto su di lei, da come la cerca con lo sguardo mentre giocano, e anche se non se ne rende conto, ciò mi infastidisce non poco. Il bello di essere la migliore amica del tuo ragazzo è che lo conosci più di quanto lui conosca sé stesso, e nel caso di Connor è particolarmente vero perché lui con le sue emozioni non va molto d'accordo. È un campione mondiale di spostamento traumi sotto il tappeto. Devo sorbirmi Cecilia pure più del dovuto, perché anche se Connor frequenta Lettere Moderne alla Selwyn e lei Lettere Classiche alla Homerton, hanno diversi seminari obbligatori in comune.

«Oh, okay,» rispondo, celando il fastidio. «Allora vado a vestirmi. Tuo padre dov'è?»

«Rose l'ha portato a fare una passeggiata, ha detto che probabilmente pranzeranno fuori, così ti potrai riposare,» mi spiega. «Hai bisogno del bagno?» mi chiede poi, indicando la porta.

Scuoto il capo. «No, vai pure a fare la doccia, userò l'altro.»

Connor mi sorride, mi accarezza una guancia e poi sparisce dietro la porta di legno. Resto a fissarla per qualche secondo, poi mi convinco ad andare a vestirmi, così recupero tutto ciò che mi serve dalla camera e vado verso il bagno di servizio. Supero il salotto e mi volto in direzione della cucina, incontrando lo sguardo di Caleb, seduto su uno sgabello accanto all'isola, la tazza di caffè tra le mani. Indossa un pantalone della tuta nero ed è a petto nudo. Sembra stare sempre peggio, e le sue occhiaie lo confermano, anche se a quanto pare nemmeno quello che ha passato in questi giorni è riuscito a intaccare la sua bellezza maledetta. Mi fermo in mezzo alla stanza, i nostri sguardi restano incastrati qualche secondo di troppo. Vorrei chiedergli come sta, ma rivedo davanti agli occhi quel plettro. Lui fa per dire qualcosa ma io gli do le spalle e vado verso il bagno, chiudendo la porta in faccia a lui e a tutto ciò che è stato tra di noi.
Nel giro di qualche minuto esco dal bagno e il campanello della porta suona. Attraverso il salotto senza guardarmi intorno e vado ad aprire.


«Ciao, Cecilia,» la saluto, cercando di non far trasparire il fastidio.

«Ciao, Martha! Buon Natale,» mi saluta con entusiasmo. Ha un parka verde tra le mani, il berretto e la sciarpa di lana neri malamente infilati nella borsa a tracolla. Indossa un maglione nero oversize con l'immagine di un omino di pan di zenzero - Dio, è una di quelle in fissa col Natale, come poteva essere diversamente? - una gonna in fantasia a quadri beige e rossa, delle calze di lana nere e delle Dr. Martens nere. Il naso e le guance rosse danno un'idea di quanto sia freddo fuori, eppure lei sembra accaldata. Fa un passo verso di me e una scia di profumo con note di cocco mi investe. Avanza nel corridoio e mi segue in salotto, dove Caleb sta fumando, appoggiato al davanzale della finestra.

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