La pazza della Villa

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Sono Francesco, ma tutti mi chiamano Franco, Franco Marchesi.

Non è facile per me scrivere queste righe.
I pensieri si affollano, le scene si confondono.
Forse, la pazzia, si può attaccare come una malattia contagiosa per via sessuale?
Ma che stupidaggini dico!
Scusatemi come dicevo non sono pienamente lucido.
 Oggi è il 2 luglio 1920 ed ho 25 anni.
Fui chiamato a combattere per l'esercito italiano nel 1914 quando avevo 19 anni.
Allora ero felice, appena diplomato, volevo fare il maestro di ginnastica.
Ma poi scoppiò la guerra e io fui subito reclutato come granatiere.
Del resto il mio metro e novanta, i miei muscoli forti, avevano fatto optare gli ufficiali dell'esercito per mettermi agli ordini del capitano Filippo Dalminis, milanese di origine, come me, ma con  madre Croata.
 Il capitano poteva avere al massimo 40/45 anni.
Aveva fatto da sempre il soldato e se le era meritate tutte quelle medaglie.
Fedele ai Savoia, non tollerava diserzioni.
Una volta lo vidi con i miei occhi uccidere un soldato che scappava, sparandogli alla testa.
Un solo colpo e quell'uomo non c'era più e lui ci obbligò a festeggiare la morte di un nostro compagno perché " un imboscato in più è morto, un romano naturalmente!"
Tra noi milanesi questa cosa dei romani che si imboscavano si diceva spesso e devo dire che i dati poi lo confermarono.
I laziali furono ultimi per morti di tutte le regioni Italiane, i lombardi i primi.
Un giorno, sul finire della guerra, una granata scoppiò di fronte a me e al mio capitano, io lo buttai a terra e gli salvai la vita, beccandomi la granata quasi addosso , ma non riuscì a salvargli gli occhi.Le schegge della bomba lo avevano accecato.
Il mio capitano, barone Filippo Dalminis, avviato alla carriera militare da suo padre da giovane come molti nobili, ora era definitivamente cieco.
La sua carriera, militare o politica che fosse voluta essere era finita.
Fummo entrambi rispediti a casa. La guerra finì dopo alcuni mesi.
Del mese che passammo in ospedale in reparti diversi, non ho grandi ricordi, ma ricordo bene come io scrissi una lettera affinché fosse letta al mio capitano e lui me la fece recapitare indietro, senza risposta.
Cosa provava per me quell'uomo? La domanda mi tormentava fino a quando, 6 mesi dopo, non ricevetti una lettera fatta scrivere da lui in cui mi diceva che stimava il mio coraggio, mi ringraziava per avergli salvato la vita e sperava che io stessi meglio di lui, costretto a questa nuova situazione di invalidità perpetua.
Non ebbi mai più sue notizie.


Cercai di riprendere la mia vita, ripresi a studiare, per rinfrescare le materie del diploma di maestro di ginnastica ma nessuna chiamata arrivava.
La scuola Italiana era a pezzi, i bambini facevano lezione nelle tende o in vecchi capannoni, pochi pensavano ad assumere maestri di ginnastica.
La sorpresa arrivò 3 settimane prima di oggi,in cui sto scrivendo queste righe.
Mi giunse una lettera del mio capitano barone Filippo Dalminis che richiedeva la mia presenza nella sua residenza per affidarmi un incarico, molto, molto importante.
Accettai. Non avevo un lavoro e poi mi faceva piacere in fondo rivedere quell'uomo.
La villa era nel Lazio, il barone era sposato alla marchesa Gabriella Tolonia, un antica e nobile famiglia romana.
Nella splendida Terracina, un paesaggio marino, con molte palme ed alberi di aranci, vedeva sorgere al suo centro una villa che in realtà era l'unica cosa a stonare con il resto.
Una brutta costruzione, in rovina, mal tenuta almeno all'esterno.
Si vedeva una torre circondata da sbarre, un classico fortino.
La villa mi mise un po' di paura.
Sembrava quasi una struttura militare come quelle in cui ero stato da giovane ed io mai avrei voluto tornarci.
All'entrata del cancello esterno notai che la villa effettivamente era enorme!
Ci misi un quarto d'ora, attraversando prati e cortili, a giungere in casa.
Vi erano circa 50 domestici che  sembravano però più che altro impegnati a fare la guardia a stanze vuote.
A me fu affidata Amanda, una procace cameriera di 36 anni che appena mi vide , mi disse:
 "Non sono una di quelle che nasconde l'età e non né ho bisogno mi pare", disse spostando i lunghi capelli biondi sul grosso seno.
In realtà era una bella donna con tutte le curve che madre natura le aveva donato.
" Lei è un così bel ragazzo, sono stata incaricata di darle tutte le attenzioni che richiede, mi chieda ogni cosa a qualsiasi ora" disse Amanda.
Avevo colto le sue allusioni sessuali, ma l'unica cosa che mi interessava era liberarmene.
Ed infatti, quando veniva a chiamarmi per il pranzo, o per la cena, o per altre formalità, era sempre più esplicita nelle sue avances sessuali, ovviamente da me sempre respinte.
L'unica cosa che le chiesi, di fronte alla marchesa Tolonia, era di quel suono di violino che sentivo provenire dalla torre.
Un suono incessante,, che ogni tanto si interrompeva su una nota nemmeno tanto difficile, come se una bambina stesse suonando il violino. Amanda stava per spiegarmi ma fu Gabriella la moglie del barone a prendere la parola :
" Caro sergente, in quella torre, è rinchiusa mia cognata Lisa. E' pazza. Sì in famiglia Dalminis c'è una pazza, lo tengono segreto ma tutti lo sanno. "
Gabriella, una donna, alta, segnata dall'età più del marito, forse anche a causa della gravidanza e dei tanti anni di solitudine, era una signora comunque molto bella, austera, con lunghi capelli neri e degli occhi altrettanto scuri, e vestita sempre con lunghe gonne e camicioni che nulla lasciavano trasparire allo sguardo.
Fu lo stesso barone Dalminis a parlarmi della sorella:
" Sergente io l'ho chiamata qui perché accetti il ruolo di diventare il mio segretario personale", questa rivelazione mi lasciò atterrito.
L'ambiente non mi piaceva e io volevo andarmene.
E poi avrei dovuto fare praticamente il badante ad un uomo di colpo invecchiato sicuramente nel fisico che mostrava chiari segni di decadenza a causa dell'immobilismo.
" Lisa, mia sorella, è nata parecchi anni dopo di me. Glie lo dico perché tra noi non devono esserci segreti, se come spero lei accetterà l'incarico. Mia moglie è una vera santa ad occuparsene. Prima c'era mia madre ma ora lei è morta e solo lei sa come lavarla, calmarla. "
Mi parvero strane quelle lodi alla moglie: si vedeva che i due non si sopportavano, con i domestici che si spaccavano tra chi era più fedele alla Marchesa e chi al Barone, il quale aveva la guerra in casa praticamente.
Dalminis comunque continuò: "Quando Lisa nacque era una bimba bellissima. Bionda, con i suoi occhi verdi, cresceva felice, forse un po' viziata a causa dell'essere l'unica figlia femmina da due genitori che non erano più giovani ma chi poteva biasimarli? I primi problemi li ebbe a dodici anni, quando fu vista fare il bagno nuda qui al mare. Fu messa in punizione e la cosa finì lì. A tredici anni Enrico,il figlio del fattore, confessò al padre che la Baronessina lo aveva fatto oggetto di "particolari attenzioni". Mio padre, su tutte le furie licenziò il fattore e cacciò lui e la sua famiglia a causa di quel tentativo, secondo lui, di infangare il nome della figliola.
Ma quell'estate venne mia zia Carla, con suo figlio Alfio, 15enne in vacanza qui da noi.
I due cominciarono a passare sempre più tempo insieme, finchè la zia non li trovò a masturbarsi reciprocamente entrambi nel pieno della pubertà e della scoperta dei loro corpi e del piacere carnale.
Mio padre si infuriò e mandò mia sorella in Svizzera, a Ginevra, presso i Gesuiti, affinché potessero rieducarla.
Ma dal collegio, la rimandarono indietro dopo 6 mesi. La signorina dava scandalo intratteneva rapporti indecenti con le ragazze, le incitava a provare a sedurre i poveri preti e non c'era modo di contenerla.
Allora mio padre capì che si doveva sentire un dottore.
Fu vista dal miglior psichiatra di Milano, il dottor Furlanini, seguace diretto di Freud, il quale le diagnosticò una iper andria, dicendo che questa era dovuta alle violenze che la bambina aveva subito da un signore con la barba bianca all'età di dieci anni.
Ma l'unico con quelle fattezze era il fratello maggiore di mio padre, lo zio Cesare e la cosa non si doveva sapere!
Il dottore assicurò comunque che con le giuste terapie, la ragazza poteva guarire. Peccato che a 16 anni si fece mettere incinta da un contadino, in una gita in campagna che aveva fatto con la mia povera madre, chissà come le era sfuggita dallo sguardo.
Il bambino fu affidato alla famiglia dei contadini che furono pagati per tacere su chi fosse la madre. Fu trovata una moglie all'ingravidatore e lo scandalo finì.
Lisa fu rinchiusa nella sua camera ma il giorno del suo 18esimo compleanno durante la festa non si sa chi dei servi la mise incinta nuovamente.
Tutti i servi maschi per prudenza furono licenziati ed il bambino, a causa delle percosse di mio padre, fu abortito.
Io ho sofferto tanto per questa mia sorella sventurata.
Per la quale fu costruito il fortino dove ora è rinchiusa, da dove suona il suo violino e fa disegni osceni, di rapporti sessuali che la mia santa moglie distrugge subito".

La pazza della VillaWhere stories live. Discover now