La zona sembrava sgombra, non c'era traccia di persone o di auto nelle vicinanze, tutto era tranquillo, come previsto. Per sicurezza, abbassò ulteriormente il cappuccio sugli occhi, bloccandolo con un berretto, prima di appoggiare lo zaino a terra, aprirlo, attaccare con il nastro adesivo lo stencil sulla porta e prendere la bomboletta spray. Una volta terminato questo lavoro staccò lo stencil e lo accartocciò, prima di gettarlo nello zaino. Poi prese la pistola, si mise lo zaino in spalla e girò la maniglia. Era aperta, come quasi tutte le case in quella zona. Appena varcata la porta venne accolto da un muro bianco, quello sulla sua planimetria non c'era.
Questo potrebbe essere un problema.
La planimetria in suo possesso risaliva a dieci anni fa, ma sapeva che la casa non era stata abitata fino a tre anni prima. Ora poteva solo sperare che non fosse cambiato troppo. Alla sua sinistra sentiva il rumore della televisione e delle stoviglie. Avrebbero attutito i suoi passi, ma per sicurezza, visto che il pavimento era in parquet e non in moquette, decise di togliersi le scarpe. Girato l'angolo si ritrovò nel soggiorno, una rapida occhiata gli assicurò che il resto della casa era rimasto uguale, alle pareti c'erano tante fotografie di una donna con un ragazzo, la prova definitiva che si trovava nella casa giusta.
La donna era alla sua destra, con la schiena girata, intenta ad apparecchiare la tavola. Puntò la pistola e la armò, la donna si voltò e lasciò cadere il piatto che aveva in mano mentre urlava. Al rumore seguì un momento di silenzio, poi si sentirono dei passi provenire dal piano superiore e poi giù per le scale.
«Mamma, tutto bene?»
Alla sua sinistra apparve un ragazzo sui vent'anni. Gli puntò subito contro la pistola. Era lui il suo bersaglio. La causa di tutti i suoi problemi.
«Ciao, Macao.»
«Cos- non sono Macao...»
«Pensi seriamente che cadrò in questi trucchi? Non ci sono molti thailandesi in questa città, soprattutto della tua età. Ora, a meno che tu non voglia che tua madre si faccia male, non aprirai bocca, capito?»
L'altro annuì debolmente guardando sua madre.
«Ti prego. Te lo giuro, non sono Macao...»
Vedendolo distratto la madre, furiosa, si scagliò contro l'uomo. Iniziò una furiosa lotta in mezzo alla sala; la donna afferrò violentemente la pistola cercando di disarmare l'altro e usando la stessa forza esercitata sull'arma per cercare di ferire l'avversario. Era minuta, ma sapeva come combattere.
L'aggressore iniziò a sudare, la presa sulla pistola non era più salda come prima, si sentiva cedere, mentre la donna non dava segni di debolezza.
Un forte boato si alzò dalla casa. Per un momento il tempo sembrò fermarsi, poi la donna si accasciò a terra.
«Mamma!» il ragazzo urlò correndo accanto alla madre tamponandole immediatamente la ferita all'addome.
Nell'esatto momento in cui avvenne lo sparo, la polizia fece irruzione nella casa.
L'uomo capì di essere nei guai e si diede la fuga da una delle portefinestre che davano sul giardino. Due poliziotti gli corsero dietro mentre gli altri si prodigarono attorno alla donna ferita.
«Qui è l'agente dell'FBI Vegas Kornwitt Theerapanyakul. C'è urgente bisogno di un'ambulanza presso il 4942 di Argonne Street. Un ferito da arma da fuoco, fate presto.» A parlare fu un uomo che era rimasto in fondo al gruppo di agenti. Finita la chiamata si avvicinò al giovane che era stato allontanato dalla madre, sembrava sotto shock. Delicatamente riuscì a farlo spostare fino al tavolo e a farlo sedere «Andrà tutto bene, non preoccuparti. Qual è il tuo nome?»
Il ragazzo lo guardò confuso, sentiva le parole ovattate, come se fosse sott'acqua «-te...mi chiamo Pete»
«Okay, Pete. L'ambulanza sta arrivando. Tua madre se la caverà.»
Il ragazzo riportò l'attenzione sulla donna. In quel momento si ud' il suono della sirena e pochi minuti dopo caricarono la donna.
Vegas non si allontanò neanche un secondo dal ragazzo, almeno fino a quando una delle macchine della squadra intervenuta non si offrì di accompagnarlo in ospedale.
Come l'ambulanza si allontanò prese in mano il suo telefono e avviò la chiamata «Sono Theerapanyakul. Ho bisogno di parlare immediatamente con Chan. È un'emergenza»
Seguì un momento di silenzio, poi una voce femminile rispose
«Chan, ho bisogno del permesso per poter indagare su un tentato omicidio. Al 4249 di Argonne Street a Denver. Hanno ricevuto la telefonata mentre mi stavo congedando. Mi bastano due settimane. Devo assicurarmi di una cosa»
«Perché?"
«Beh...» Vegas si girò a guardare la porta di ingresso «La situazione è più grave di quanto sembri»
«E cosa te lo fa dire?"
Vegas restò in silenzio per un secondo «Diciamo che ho una strana sensazione...»
«Te ne do una, poi devi tornare qui.»
«Va bene, grazie»
Finì la chiamata e ripose il cellulare in tasca. Fissò l'uscio in silenzio fino a quando un poliziotto rimasto sulla scena non gli si affiancò «Cosa ne pensa?»
«Penso solo che non sia finita. Anzi, questo è solo l'inizio»
L'altro uomo annuì in accordo e fissò per un secondo ciò che stava attirando l'attenzione di Vegas: sulla porta, mezza colata per la vernice fresca, spiccava il disegno di una farfalla blu.
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Butterfly Killer
FanfictionVegasPete Fanfiction Vegas è un agente dell'FBI rinomato per la sua determinazione e abilità investigativa. Quando la polizia lo contatta per un omicidio capisce che qualcosa non va. infatti accanto alla vittima hanno trovato il graffito di una far...