ancora inverno

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stavo lì, in quel banco che sembrava così vuoto, pure troppo pulito dato che la matita, dotata di una lunghezza tale da essere misurata con una briciola di pane, dondolava nelle mani, senza ispirazioni.

odiavo quella sensazione.
tutto ciò che poteva distrarmi da quei momenti era sempre bloccata dai pensieri, i pensieri che mi facevano bloccare dal disegnare anche semplicemente uno smile nel pezzo di carta stropicciato che avevo davanti.

la sua voce, quella voce che odiavo sentire dal dolore e dalle emozioni così repentine da non concepirle tutte, la sentii.
rideva, rideva fuori dalla porta della mia classe.

non la sentii dalle orecchie, la sentii nei miei occhi, lucidi, la sentii nelle mie mani, tremolanti, fredde, la sentii nello stomaco come un calcio in piena pancia, la sentii nelle mie gambe che sembravano voler trapanare il pavimento.

la sentii.
sentii anche gli occhi dei miei compagni di classe, giudicare ogni mio movimento.
perché tutti sapevano, tutti controllavano ogni mia reazione ma nessuno, nessuno sapeva capire la mia situazione.

era come essere rinchiusi dentro le proprie ossa, ma non sapere di esserlo.

tutti dicevano che ad ogni cosa c'è rimedio, tranne ad una, la morte.
e forse era così, ma ogni cosa che sentivo dentro di me quella mattina,
sembrava logorare da dentro e bruciare fuori, ma non lo capisci subito.
era solo il fondo, freddo e buio.

ma arrivò una scala, una corda.
arrivò lei.

Novembre 2023

mattone rosso, mattone grigio
mattone rosso, mattone grigio

sono arrivata.
la fermata era sempre uguale, c'erano sempre le stesse persone, tranne lui.
lui era sparito.
ogni volta che non c'era sembrava che i suoi odori e colori rimanessero fermi e immobili nel tempo.

"Reverie!"
"Reeev" che cazzo, sono grande eh!"

i polmoni presero a respiare e il suo profumo, i suoi colori di fronte ai suoi grandi occhi verdi, vacillarono.

"SARAH DIO SANTO, TI SENTO."

marciai verso di lei,vedendo i suoi capelli biondo scuro volare con il vento invernale che ci circondava, rendendo il suo naso ancora più rosso.

quella fermata racchiudeva un periodo di tre anni, era strano tornare in un posto che ti ha visto crescere più delle persone.

Sarah Miller se ne stava lì, con i suoi occhioni verdi, a fissare per terra o ognuna delle persone che la circondavano, stringendo stretta la bretella dello zaino, come sé potesse cadere da un momento all'altro.

"Sa', passi da me oggi?"
chiesi, portando i miei capelli corvini lungo la schiena, per poi riportarle in tasca.

"ovvio Ra', contaci".

intravisi di rado il motociclista che mi prese in pieno, forse o forse no, quel giorno, per quanto difficile da credere, fu il punto di svolta.

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