prologo

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Non conoscevo mio padre.
Mamma mi ha sempre detto che ci aveva abbandonato.

Sono quelle domande scomode che ti fanno i bambini piccoli. Solo che di solito chiedono cose più banali, come per esempio: come nascono i bambini, oppure perché la Luna ha delle macchie (era una delle mie preferite). Di sicuro non si aspettano che la propria figlia, di appena cinque anni, chieda una sera caso:“Ma perché non ho un papà?”
Domanda inaspettata e che nessuna madre vuole mai ricevere nella sua vita, o almeno penso. Per la mia almeno era così.
Poi però cominci a vivere con tale informazione, e da qua in poi si fa dura, perché sei diversa dagli altri e questo ti crea un sacco di emozioni. Direi che la mia vita si poteva dividere in questi step:

1) speranza:
nei primi anni ne sei ancora piena, mischiata anche a un po’ di ingenuità. Esci da scuola, forse dovrai anche tornare a casa da sola, e vedi gli altri bambini che tengono per mano i propri padri, mentre tu sei là, consapevole che non potrai mai provare quella sensazione;

2) rabbia:
tutti i vari stadi di qualcosa includono questa emozione, perciò non poteva mancare di sicuro neanche qua. Rabbia.
Prima verso di lui e poi verso te stessa, è inevitabile. Prima ti chiedi se gli costava così tanto restare al tuo fianco, se eri così difficile da amare, e poi la rabbia verso te stessa: è colpa mia? Ho fatto qualcosa di sbagliato? L’ho deluso? Gli facevo così schifo?

3) tristezza:
rivedi comunque i padri e le loro figlie quando esci in giro, li osservi, e ti sale questa sensazione che ti blocca la gola e ti stringe il petto. E pensi: perché non io? Cosa ho di sbagliato? Perché non posso essere come loro?

4) accettazione:
andando avanti cominci ad accettare che non sarai come quelle figlie di papà che vedi in giro. Cominci a metterti l’anima in pace e piano piano realizzi che alla fine tu non hai niente di sbagliato, in fondo è stata una sua scelta abbandonarti, no?

5) consapevolezza:
non lo incontrerai mai e ti va bene così.
Io ero già arrivata all’ultima fase all’età di 15 anni, ero una bambina abbastanza veloce su certe cose, quelle inutili secondo la società. Infatti riuscivo a ricordarmi perfettamente il testo di una canzone ma non riuscivo a imparare a memoria una poesia per scuola.

Però c’è una fase di cui nessuno parla:
6) lo stronzo si fa vivo:
e ti manda tutto a puttane.

Anni e anni di lavoro su te stessa e lui manda tutto al diavolo. Questo ti fa anche salire i nervi, perché tu hai perso tempo della tua preziosa vita cercando di superarlo e lui pensa di poter tornare così come se niente fosse? Come si permette? Chi cazzo si crede di essere per tornare a suo piacimento e rovinare tutto quello su cui avevo lavorato con tanta fatica?
Qua ritorna la fase 2, ma con un piccolo cambiamento: la rabbia la provi solo verso di lui e non verso di te.
Sei cresciuta e hai capito che l’odio non porta da nessuna parte con lui, è meglio l’indifferenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 11 ⏰

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