*CAPITOLO 2*

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Tante volte uno deve lottare così duramente per la vita che non ha tempo di viverla. CHARLES BUKOWSKI
                                      
       PRESENTE
     ARIA

Dopo aver terminato le lezioni, aver fatto un piccolo giro scolastico insieme, ci salutammo per qualche ora all'uscita da scuola salutai, dicendomi che avrebbe fatto un bel tour universitario un po' più approfondito, ma so benissimo che altro tour avrebbe fatto, quello di osservare ad bocca aperta secondo lei i più fighi della scuola.

«Ehi, io vado, se ti serve compagnia, chiamami subito è arriverò immediatamente da te, stellina mia» mi disse, prima di girovagare tra i corridoi.                                
Amavo quando mi chiamava così, all'inizio non nego, che gli avrei tirato una bella scarpa in testa, ma poi ci feci l'abitudine, è sentirglielo dire mi tranquillizza, e lei lo sapeva benissimo.

«Tu sai invece dove trovarmi, non penso ci sia il bisogno di dirtelo» ma il tempo di finire la frase che lei non c'era più.

Così uscì da scuola, trovandomi nell'immenso giardino invaso dal verde,  iniziai a cercare un posto tranquillo dove avrei potuto sedermi comodamente, è fare la cosa che mi rilassava di più al mondo, leggere un libro, mi liberava dai miei tormenti, ma vedendomi così penserai che sono la persona più tranquilla del mondo, ma ricordatevi che molto spesso l'apparenza inganna, avevo anche il lato che nessuno avrebbe voluto conoscere, e a dirla tutta neanche io.

Finalmente dopo aver individuato un punto solitario sotto a un albero al fresco, mi sedetti, estrassi dal mio zaino il libro che stavo leggendo in quel periodo, "L'enigma della Camera 622" di Joël Dicker, non ero una ragazza da libri sdolcinati o con troppo spicy, amavo leggere solo gialli e mistery.

Alla fine era coerente con la mia vita, piena di misteri e enigma tutti da decifrare, ma che alla fine tutti i pezzi sono crollati, cadendomi addosso come macigni.

Ma all'improvviso i miei pensieri furono interrotti da dei passi dietro di me e una voce cupa che mi prese alla sprovvista che m’indusse a voltarmi di scatto.

Una ragazza si stava sedendo accanto a me?

Venni immediatamente catturata dalla sua lucente chioma color pece, portava i capelli corti e leggermente mossi che si alternavano a treccine filiformi, scivolando su un paio di lobi tempestati di orecchini.

«Non ti ho mai visto da queste parti, sei nuova giusto?» mi disse , rivolgendosi a me.

Senza volerlo, fu istintivo per me spostarmi un po' da lei, erano anni che non parlavo con nessuno al di fuori di Maia. È non avrei di certo iniziato quel giorno.
Non volevo più persone false nella mia vita, che mi avrebbero fatto del male.
Mi bastava l'amore e il sostegno della mia famiglia e quello della mia migliore amica.

Ma ovviamente non passò inosservato da parte sua il mio gesto, che fece calare un silenzio tomba tra di noi, durò qualche secondo, ma  fu interrotto subito da lei.

«Stai bene?» mi disse preoccupata, e io mi limito solo a muovere la testa, io segno di "Si"

"Non sono abituata a fare amicizia» finalmente riuscì a far uscire dalla mia bocca delle piccole parole.

«Stai tranquilla, voglio solo conoscerti, ti ho vista tutta sola e ho pensato di avvicinarmi»  «Dimenticavo, piacere mi chiamo Leyla» si presentò, guardandomi dritta negli occhi

«Io mi chiamo Aria, oggi è il mio primo giorno di Università» fu l'unica che riuscì a dire

Nei miei pensieri mi amavo, riuscivo a fare amicizie tranquillamente, li non avevo paure delle persone con cui mi rapportavo.
Perché non doveva essere così anche nella realtà.

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