Erano ormai quasi due settimane che mi recavo al St Thomas' Hospital a far visita a Isabella.
Ogni mattina e ogni sera ero lì, ad aspettare invano che dalle sue labbra uscisse anche solo un sibilo, ma niente. Mi ero quasi rassegnato.
Il dottor Moore mi aveva ripetuto un centinaio di volte che insistere non sarebbe servito a nulla perché la voce sarebbe tornata solo con la pazienza, ma io di pazienza ne avevo ben poca.
Voce o non voce, niente e nessuno poteva impedirmi di perdermi nella dolcezza dei suoi occhi e passare ore interminabili a fissarla mangiare anche solo un boccone.
Anche se lei odiava non essere in grado di provvedere a se stessa, lasciava che io l'aiutassi nelle piccole cose che poteva fare, come per esempio piegare i vestiti da mettere in valigia e riordinare le cose del bagno, visto che di lì a poco sarebbe stata dimessa.
Un altro grande dilemma era proprio questo: Sarebbe rimasta a Londra o sarebbe venuta con me ed Eleonor a Monaco?
Io ovviamente patteggiavo per casa mia, ma dall'altro lato c'erano Toto e Lewis.
Il pilota inglese l'avevo incrociato poche volte nei corridoi del St Thomas', ma le cose erano notevolmente migliorate.
Spesso era lui a tenere la bambina quando io avevo troppi impegni o volevo passare del tempo da solo con Isabella, e nonostante le nostre conversazioni fossero brevi e concise, delle volte mi parve di vedere anche qualche abbozzo di sorriso sul suo viso impassibile.
Come si suol dire, il tempo cura ogni ferita.
E di tempo da quando Isabella si era svegliata ne era passato, tanto che l'ultima volta che mi recai all'ospedale a farle visita ricevetti una fantastica notizia. Quando entrai nella stanza trovai il dottor Moore intento a visitare Bella, seduta sul letto a gambe incrociate e con la canotta tanto abbassata da far vedere intravedere il petto.
Mi voltai all'istante, anche se sarei voluto rimanere a guardare, e lasciai che si rivestisse prima di scambiare due parole con il dottore che nel frattempo si agganciava attorno al collo lo stetoscopio.
Il dottor Moore era un uomo sulla cinquantina, brizzolato e alto quasi quanto me. La sua reputazione era ottima: molti articoli di giornale lo descrivevano come un eccellente chirurgo e la sua fama era cresciuta ancor di più quando i media avevano saputo che Isabella Wolff, figlia di Susie e Toto Wolff, Team Principal della Mercedes, era da lui in cura.
Mentre Isabella era a fare riabilitazione con il fisioterapista io ripiegavo alcune sue magliette, anche se mi riscoprii piuttosto incapace nel farlo, perciò abbandonai presto quell'attività per dedicarmi ad altro, cioè girovagare per l'ospedale.
Camminai tra i vari corridoi a testa bassa, anche se una vocina dentro la testa mi diceva di sbirciare dentro le camere di quell'immenso edificio. Le diedi ascolto solo poche volte e scorsi gambe e braccia ingessate, fasciature in testa, lividi violacei sparsi qua e là e persino bambini dell'età di Eleonor attaccati a delle flebo.
Ben presto la mia avversione per gli ospedali tornò a farsi sentire, perciò abbandonai quel giro turistico e tornai al reparto aspettandomi di trovare Bella in camera, ma lei non c'era ancora: Quanto tempo era passato?
Stavo per uscire di nuovo dalla camera per andare a cercarla quando qualcosa catturò la mia attenzione: il suo telefono, sepolto sotto alcuni libri sul comodino, emise un paio di vibrazioni.
Ero al corrente che impicciarmi nei fatti degli altri fosse una pessima abitudine ma non potei fare a meno di controllare chi le avesse scritto e dio, avrei preferito non farlo!
Sul display del cellulare di Isabella apparve a caratteri cubitali il nome "Mason" con due nuovi messaggi, messaggi che purtroppo non potei leggere per quel maledetto aggiornamento dell'iPhone che impediva a chiunque, a meno che il proprietario del telefono non l'avesse sbloccato, di leggere l'anteprima di qualsiasi notifica.
Fanculo. Chi cazzo era Mason? E perché scriveva alla mia Isabella?
Non ebbi il tempo di rispondere a quelle domande perché proprio lei fece capolino nella stanza spinta sulla sedia a rotelle dal fisioterapista. Seppellii nuovamente il cellulare sotto i libri e finsi di essere appena rientrato nella stanza dopo aver fatto colazione al bar dell'ospedale. Entrambi ci credettero e prima di lasciarci soli Oliver, il fisioterapista, fece alcune raccomandazioni a Bella promettendole che sarebbe passato a salutarla prima di essere dimessa l'indomani mattina.
A quell'affermazione le mie orecchie drizzarono e per un istante accantonai Mason e la faccenda dei messaggi per concentrarmi solo su Isabella.
Sarebbe stata dimessa nel giro di un giorno e ciò non poteva che rendermi contento, nonostante non fosse chiaro dove sarebbe stata una volta fuori dall'ospedale.
Rimasi ancora un po' lì con lei per aiutarla a mettere via le sue cose prima di fare ritorno nell'appartamento che avevo preso in affitto per me ed Eleonor, nonostante Toto mi avesse offerto numerose volte la sua ospitalità.
Ad aspettarmi c'erano Lewis e la piccola, entrambi seduti a cavalcioni sul parquet e intenti a giocare con una numerosa varietà di macchinine che lui le aveva regalato.
Salutai entrambi e mi diressi in cucina per sgranocchiare qualche nocciolina.
Controllai il telefono e mi accorsi di avere due chiamate perse dalla mamma, così la richiamai. Mi rispose dopo appena due squilli
«Arthur tesoro, come va lì a Londra? Come sta Isabella? E la piccola Eleonor?» mi riempì subito di domande
«Tutto bene maman. Eleonor è di là che gioca con Lewis, io sono appena rientrato dall'ospedale e senti un po', domani dimettono Isabella» sorrisi al pensiero. Mi sistemai meglio il telefono all'orecchio e mi leccai le dita per togliere il sale in eccesso, poi aprii il rubinetto della cucina per prendere dell'acqua
«Che notizia meravigliosa! A proposito, preferisce le lenzuola di seta bianche o colorate? Inoltre, dovrei far preparare la stanza degli ospiti al primo o al secondo piano?»
«Mamma, non sai neanche se verrà a stare da noi!» puntualizzai
«Ma certo che verrà a stare da noi! Quindi bianche o colorate? Perché in vetrina ci sono un paio di lenzuola rosa cipria davvero incantevoli.
Piacciono molto anche a Geneviève»
«Qualsiasi colore andrà bene» risposi mentre sciacquavo il bicchiere per poi rimetterlo nella dispensa
«E per la camera?» domandò ancora
«Isabella non può fare ancora le scale perciò è un bel problema»
«O non preoccuparti, ci ho già pensato io.
Proprio stamattina ho fatto installare una pedana meccanica per farla scendere e salire comodamente seduta in carrozzina»
«Come al solito hai pensato a tutto»
«Voglio accoglierla nel miglior modo possibile»
«Sono sicuro che se verrà sarà tutto perfetto. Per la camera ti faccio sapere entro domani mattina, appena saprò per certo se resterà qui o verrà da noi»
«In ogni caso faccio preparare quella al primo piano, così è più vicina alla tua stanza» ottima idea
«Perfetto maman. Ci sentiamo più tardi, bisou»
la salutai
«À plus tard chèrie»
Riagganciai il telefono e tornai in salottoAttenzione ‼️
Questa è solo la prima parte del capitolo, la seconda la pubblicherò più avanti (per diversi motivi) e poi le unirò entrambe in un capitolo unico. In ogni caso, spero vi piaccia. A presto❤️
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SEI SEMPRE STATA TU || Arthur Leclerc
FanfictionIsabella, a soli diciannove anni, si ritrova a fare i conti con una situazione difficile. Su di lei gravano il giudizio altrui, il peso delle aspettative e la consapevolezza di non essere ciò che gli altri desideravano che fosse. Al suo fianco un...