Last Kiss.

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"Dov'è? Dove cazzo sta?!" Continuava a urlare il ragazzo moro che si era appena svegliato nell'ospedale.

Era tutto bianco intorno a lui, voleva vomitare. Non la vedeva da nessuna parte. Ricordava appena tutto ciò che era successo il giorno prima.

"Guarda, sono le chiavi della macchina di papà, ci facciamo un giro?" Le disse sorridendo come un bambino.
Lei era bellissima, aveva i capelli ricci e disordinati, ma era perfetta.
Lei ricambiò il sorriso e entrò dentro alla macchina con lui.

"Dove ti porto, principessa?"
Lei amava quel nomingnolo, così lui la accontentava.
"In un posto silenzioso, mio principe."
Si divertivano così, con la musica anni '70 nella radio e le sigarette in bocca, mentre giravano intorno al loro paesino con la macchina.

Lui aveva deciso che l'avrebbe portata nel piccolo bosco appena fuori il loro paese. Era fresco, pieno di piante con odori forti, e non ci andava nessuno. Anche la strada per arrivarci era deserta, nessuno passava lì.

"Alza, ALZA!" aveva urlato lei quando alla radio era partita la sua canzone preferita.
Era 'Lets Dance' di David Bowie.

"Let's dance put on your red shoes and dance the blues." Cominciò a cantare lei.

"Let's dance to the song they're playin' on the radio." Continuò lui, più che cantare pareva che urlassero a caso le parole.

"Let's sway while color lights up your face, let's sway sway through the crowd to an empty space." Continuarono a urlare entrambi.

Lei muoveva la testa a ritmo scuotendo i suoi ricci, lui invece batteva le dita sul volante seguendo il ritmo incalzante di David Bowie.

Il ragazzo moro continuava ad agitarsi nel letto dell'ospedale, alcune infermiere lo avevano raggiunto per calmarlo, invano.

Un dottore alto, con gli occhi chiari da far paura, lo aveva raggiunto. Gli aveva detto, con voce calma "Lei è andata in paradiso, devi fare il bravo se vuoi rivederla."

Lui non aveva mai sentito parole così inquietanti, ma in qualche modo si era calmato. Voleva solo lei. Voleva abbracciarla e sentire ancora l'odore dei suoi capelli.

"Non ci allontaniamo troppo, okay?" Chiese lei, come sempre.

"Certo, non preoccuparti." La rassicurava lui.

Poi aveva parcheggiato ad un lato della strada e aveva fatto il giro dell'auto per andare da lei.

Lei aveva appoggiato la schiena alla portiera chiusa della macchina e lo guardava sorridendo divertita.

Lui ricambiò il sorriso e le accarezzò piano i capelli ricci, poi le guance, e poi le labbra. Le sfiorò ancora per poi baciarle dolcemente.

Si erano seduti sul cofano della macchina ed erano rimasti abbracciati tutto il pomeriggio in quell'autunno fresco.

Poi era cominciato a piovere, sempre più forte, così erano tornati in macchina.

Ci provava sul serio a dormire, ma non era facile. Si svegliava sempre perché vedeva la sua faccia nei suoi sogni. E non era una bella faccia.
Era scoppiato di nuovo a piangere, ma le infermiere lo avevano lasciato fare, non potevano aiutarlo comunque.

Erano ancora lontani da casa, e la pioggia batteva insistente sui finestini.
Proprio in quel momento passò un'altra macchina, era come se tremolasse sull'asfalto. Il guidatore doveva essere ubriaco.

Lei lo guardò preoccupata, era bella davvero.

Lui le sorrise per tranquillizzarla, ma quella macchina gli si avvicinò pericolosamente.
Lui girò in fretta, ma con la pioggia la sua macchina vecchia non reggeva bene. Per questo motivo finì fuori strada, andandosi a schiantare contro un albero.

"È tutta colpa mia" continuava a ripetere lui, tra le lacrime.

Erano molto vicini al paese, il rumore di bottiglie di vetro che si rompevano, e il rumore che aveva fatto la loro macchina in quella manovra strana sotto la pioggia violenta, era rimasti impressi nella mente di lui.

Uscì fuori dalla macchina a fatica e aprì la portiera dove c'era lei. Tirò fino a che le sue braccia sanguinarono. Sentiva qualcosa di caldo negli occhi. Era riuscito a tirarla fuori.

E ora la guardava, non era più bella. Aveva una brutta faccia rovinata. La sua vista si appannò in fretta e cominciò a urlare per chiamare aiuto.
Forse si era rotto un braccio, ma lui pensava a lei.

Lei aprì poco e a fatica gli occhi e poi gli disse "Tesoro, ti prego, stringimi ancora per un po'."

Lui la strinse forte a sé con il braccio che non gli faceva male. La strinse tanto. Intorno a loro erano arrivate tante persone. Forse alcuni medici, ci sperava.

Quando tornò il dottore, lui si alzò e lo prese a pugni.

Lui la accarezzò piano e la baciò. Sapeva che quello sarebbe stato il loro ultimo bacio.

"Perché non l'hai salvata? Perché?" E le lacrime rigavano il suo viso.

Il dottore lo lasciò fare, sapeva che aveva perso la donna che amava.

"Aiuto, aiutatela vi prego."

Lui la stringeva, come lei aveva chiesto. Ma non era abbastanza. Il corpo di lei si afflosciò su di lui, senza forze, senza vita.
Era morta. E lui ci aveva provato, ce l'aveva messa tutta per tenersela ancora un po' con sé.

Nessuno poteva aiutarlo. Lui piangeva ancora perché lei non era lì. Lui invece c'era ancora. Si sentiva debole e respirava a fatica. Il suo battito cardiaco rallentava costantemente.
L'unica cosa che sapeva era che lei era in paradiso, e sapeva che doveva essere felice per lei, ma non lo era. Non ci riusciva proprio, ad essere felice.
Ora però doveva fare il bravo, come aveva detto il dottore, così poteva finire con lei in paradiso.

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