Una cosa di cui siamo certi, e di cui non abbiamo assolutamente dubbi, è che la vita, che sia stata lunga o corta, felice o meno, ad un certo punto finisce.
Si arriva in quel momento, nel quale ci rendiamo conto che ogni singola speranza, ogni singolo progetto e ogni singolo sogno devono trovare il proprio limite, la consapevolezza che non tutto è possibile e interminabile, che infondo siamo solo persone, esseri sottomessi al tempo e alle sue conseguenze, schiavi di un futuro che per noi è ancora ignoto.Io avevo undici anni quando lo capii, quando mi resi conto che morire non era solo un corpo steso a terra privo di forze, ma che potesse essere anche una sensazione di vuoto e di solitudine, qualcosa che può' essere causato da più da una malattia, un indicente o un suicidio, è qualcosa che ti senti tu, qualcosa che arriva quando meno te lo aspetti.
A dieci anni mia madre mi aveva promesso di restare per sempre, mi teneva le mani e mi aveva giurato che non se ne sarebbe mai andata, che lei sarebbe rimasta, ma come sappiamo, niente dura all'infinito.
Lei mi guardava, lo ricordo, mi accarezzava il viso e mi sorrideva come se non stesse succedendo, come se non stesse per morire, come se fosse forte.
Mi ripeteva che sarebbe restata con me, che saremmo state io e lei contro tutto il mondo, che mi avrebbe vista crescere, innamorarmi per la prima volta, che avrebbe vinto la sua battaglia per entrambe.Io ero lì, seduta ai piedi del letto, che la guardavo attentamente, con il cuore in gola e la speranza scorrermi nelle vene, non volendo accettare la schifosa realtà che mi stava trascinando nell'inferno.
Aveva due occhi grandi, segnati dal dolore, profondi come il mare che al suo confronto non era nulla, i capelli lunghi e mori che contrastavano l'azzurro delle sue iridi e la fronte ormai impregnata di sudore a causa della stanchezza.Mi aveva detto che avrebbe resistito, che ce l'avrebbe fatta, sicuramente, che non mollava, non l'avrebbe fatto perché mi amava.
Ed io, in tutti quei mesi, mi ero aggrappata a quelle parole come non mai, fino al suo ultimo respiro, fino a sprofondare nel buio più oscuro nell'esatto momento in cui chiuse gli occhi per sempre.
Sono passati anni, ed ora lei non è più qui con me.
Tutto sembra star crollando alle mie spalle, ho urla e grida di dolore pulsare nella testa, non aspettando altro di esplodere, di liberarsi, ed io sono ormai troppo stanca per riuscire a riparare tutto ancora una volta.
Non ce la farei, non ce la farei mai.
Mi sto man mano trascinando dietro pezzi e frammenti di un passato che mi ha divorato, di un passato oscuro che non ha trovato luce e che continua a tornarmi nella mente torturandomi giorno dopo giorno, senza darmi una tregua.
Oggi è il 3 Novembre, sono passati esattamente cinque anni, cinque durissimi e schifosi anni dalla morte di mia mamma.
Fa male.
Mi porto alle labbra una sigaretta, e con tutta la rabbia ed il dolore aspiro il fumo, facendomelo penetrare nei polmoni, quasi desiderosa che tutto quello schifo mi uccidesse.
Il dolore è insopportabile.
Mi dirigo in un pub dal nome mai ricordato, ed infine mi siedo davanti al bancone aspettando il cameriere, arrotolandomi tra le dita una ciocca di capelli ormai troppo lunga.
Sono giorni che va avanti così.
Ho la testa scoppiare, non so più cosa sto facendo, i capelli legati in una coda di cavallo troppo disordinata ed il viso scavato dal tempo passato a piangere.
"Salve bella ragazza, cosa ordini?" Alzo velocemente lo sguardo, interrompendo i miei confusi pensieri, osservando poi il ragazzo moro mentre si sistema i capelli all'indietro.
È alto, non troppo, ha due occhi azzurri fantastici ed è ricoperto da infiniti tatuaggi inspiegabili, con in più un piercing sul naso ed un altro sul labbro inferiore.
È bello, molto bello oserei dire."Il solito, lo sai." Rispondo duramente, indicando un bicchiere di vodka alla ciliegia, roteando le iridi e passandomi l'indice sulle labbra.
"Qualche secondo ed é pronto."
Si allontana lentamente, lasciandomi dopo avermi fatto l'occhiolino, canticchiando un'insopportabile canzone dall'autore a me ignoto.Sei normale?
Massaggio con cautela i miei pollici, trovando un modo per rilassarmi, non volendo far caso al casino che si era creato in pochissime ore, voltandomi svariate volte per mandare a quel paese i ragazzi impertinenti.
Aspetto ancora qualche minuto, prima di sentire la mia pazienza arrivare al culmine, per poi notare il cameriere portarmi il bicchiere di vodka e porgendomelo sotto il naso.
"Ce l'hai fatta." Impreco nella mente.
Mi limito ad incurvare le labbra in un piccolo sorriso."Dunque, come ti chiami?"
Mando giù il liquido, scuotendo la testa per qualche momento a causa del bruciore, aggrottando poi le sopracciglia.
"Mi chiamo Elizabeth, Elizabeth Clark." Faccio una pausa, domandandomi se fosse il caso di continuare la conversazione."Tu?" Decido di proseguire, ingoiando nuovamente il liquido fino a rabbrividire.
"Louis, Louis Tomlinson, piacere." Louis sorride, porgendomi la mano, mentre i suoi occhi scrutano con attenzione il mio corpo.
Osservo per qualche secondo i suoi occhi, ricambiando il gesto, restando comunque impassibile."Di dove sei? Ti vedo molto spesso ultimamente." Mi squadra ancora, studiando ogni mio più piccolo dettaglio, volendo quasi sicuramente sapere di più su di me.
Non sono sicura di poter reggere tutta questa vicinanza.
"Vivo in quel palazzo lì davanti." Mi volto, cercando con lo sguardo la finestra, informandolo, indicando infine con l'indice l'appartamento al terzo piano di un vecchio edificio.
"Vivi sola Elizabeth?" Sbuffo, forse quasi in silenzio.
Non voglio rispondere a nessun'altra sua curiosità, non ne trovo il senso. Louis poggia il gomito sul bancone e si siede difronte a me."Sola, tu?" Rispondo evitando il suo sguardo, mentre il cuore inizia a pompare veloce.
Sola."No, non vivo solo, sfortunatamente. Siamo in tre." Sento il suo respiro sul collo, la pelle d'oca e un brivido percorrermi la schiena.
"Abito in un altro quartiere, non è molto lontano da qui a dir la verità."
Socchiude gli occhi, si porta poi anche lui tra le labbra della birra, e poi continua.
"Condivido tutto con i miei migliori amici: Liam, Harry e Zayn. Tre idioti di prima categoria." Rotea gli occhi al cielo, tornando al suo posto, accedendo con estrema cautela una sigaretta, non potendomi dare altra scelta nel non notare i suoi meravigliosi lineamenti.
"Sono lì, manca solo Harry." Indica il fondo del locale, alzandosi dalla sedia e agitando la mano per farsi notare.
"È un posto carino il mio appartamento. Potremmo fare amicizia se ti va, non vorrei che pensassi male." Fa l'ultimo occhiolino ai suoi amici, che non faccio in tempo a guardare, porgendomi poi un bigliettino con il suo numero e il suo indirizzo, un posto sinceramente a me non conosciuto.Si mette a sedere ancora, successivamente si avvicina e mette a posto una mia ciocca di capelli scombinata dietro il l'orecchio, incurvando le labbra in un sorriso quasi beffardo.
È cosi vicino.
Annuisco lievemente, approvando il suo invito. Potremmo. Forse. Non è detto.
"Si vedrà." Alzo le spalle al cielo, terminando la vodka, arricciando il naso quando ridacchia per il mio comportamento.
"Sei strana Elizabeth." Afferma mentre gioca con il piercing situato sul suo labbro inferiore, alzando un sopracciglio alla vista del bicchiere ormai vuoto.
Mi scruta attentamente, ancora, facendo attenzione a ogni mio segno particolare.
Si porta poi le mani sui capelli per sistemarseli, torturandosi lentamente l'interno guancia con lenti e dolorosi morsi che sembrano assomigliare tanto ai miei di quando sono nervosa, picchiettando poi le dita sul tavolo.
Sono strana.Mi offre un altro dei suoi sorrisi, successivamente porgendomi una sigaretta, passandosi poi la lingua sul labbro inferiore. Non l'accetto.
"Non sono strana, sono soltanto diversa Louis." Chiarisco mentre mi alzo dallo sgabello, lasciando i soldi per la vodka e salutandolo con un sorriso lieve.
"Ciao Tomlinson." Pronuncio mentre attraverso la soglia della porta, pronta a tornare a casa nuovamente sola.
"Ciao Elizabeth."
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Nothing.≫h.s. [In fase di correzione]
FanficElizabeth Clark. È questo il suo nome. Il nome di una ragazza tormentata dal suo passato, giovane, testarda, con una grande voglia di ricominciare da capo dopo una brutta delusione e una brutta perdita causata dalla morte di sua madre. Uno dei suoi...