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 Una settimana a Natale 2023


Credo che alla fine me lo comprerò quel nuovo paio di scarpe che ho visto la scorsa settimana in centro. Staranno benissimo con la mia promozione.

Passo il badge e giro il tornello mentre Mike, la guardia, si alza il cappello al mio passaggio, una ciambella fritta ricoperta di glassa rosa stretta in mano. Perché la gente sceglie modi così poco romantici per morire? Grasso e arterie occluse, che senso ha?

Raggiungo gli ascensori e tocco il pulsante di chiamata con un fazzolettino, non voglio certo ricoprirmi le mani dei germi altrui. Mi infilo nella cabina seguita dalla brufolosa Nancy. Mi appiattisco contro lo specchio per mettere più distanza possibile tra di noi.

-Ciao, Lily.- Alza la mano in un cenno di saluto.

La imito.

-Manca appena una settimana a Natale, non è bellissimo?- continua in vena di chiacchierare. -Adoro l'atmosfera di questo periodo-, aggiunge sputacchiando saliva dalle fessure del suo apparecchio ortodontico tardivo.

-Immagino che Natale sia un periodo felice per i commercianti che arrancano il resto dell'anno. Limitarsi e puntare tutto alle ultime settimane di dicembre è svilente, però, non trovi? Forse sarebbe il caso di riqualificarsi o cambiare mestiere-, rispondo.

Il suo sorriso tentenna. -Andrai da qualche parte? In vacanza?- riprova.

Piego leggermente la testa di lato con sguardo compassionevole. Da quanti anni lavora qui? Dieci? E come mai io in cinque ho fatto il triplo della sua carriera? Chissà se ogni tanto se lo chiede.

-No, Nancy, qualcuno deve rimanere a fatturare, cosa dici? Non ho nessuna voglia di ingrassare ingurgitando cibo senza smaltirlo.-

L'ascensore suona e Nancy fa un passo fuori. -Buona giornata, Lily-, balbetta.

-Una buona giornata a te, Nancy-, rispondo educata.

Quando le porte si richiudono mi volto verso lo specchio pieno di ditate per darmi una controllata. Capelli impeccabili, ormai sono un livello esperto in "treccia da ufficio". Il mio cappotto rosso, unico accenno al periodo festivo che mi concedo, risalta la mia pelle luminosa e il mio rossetto mat. Sono semplicemente bellissima e tutti qui lo sanno. Quanto vorrei che gente come Nancy si guardasse allo specchio un po' più spesso per capire che con un briciolo di impegno e voglia di migliorare potrebbe imparare a valorizzarsi e ad essere più attraente. Scuoto la testa rassegnata. Magari esistono donne a cui piace sapere di essere brutte. Magari puntano alla simpatia, all'intelligenza, a qualsiasi altra cosa venga loro più semplice. Io ho sempre creduto che si possa essere entrambe le cose pur con un bell'aspetto. Nessun pregio nega l'altro.

Le porte si aprono ed entro in ufficio a passo sicuro. La luce grigia del clima esterno entra dalle pareti di vetro. Le scrivanie dei miei colleghi sono ammassate una di fianco all'altra. Saluto qua e là con un cenno del capo mentre raggiungo la mia postazione, a una porta a vetri di distanza da tutto questo. Ecco cosa porta l'impegno e la determinazione: a fare carriera. Lavoro tanto, lavoro bene e il mio capo me lo riconosce. Un bell'ambiente di lavoro, comodo e confortevole, silenzioso, spazioso e intimo e uno stipendio invidiabile che mi permette di pagare il mutuo del mio appartamento in centro e togliermi tutti gli svaghi che mi passano per la testa. Ho anche un bagno privato ed è lì che mi reco a riempire la brocca con cui do l'acqua alle piante. Le curo personalmente perché non mi fido della donna delle pulizie dopo che me ne ha ammazzate tre due anni fa.

Mi siedo alla postazione e trascorro la prima ora e mezza a leggere e rispondere a tutte le email, poi faccio il programma della giornata e vado a prendermi un caffè in sala relax. Ci sono tre impiegati che ammutoliscono al mio ingresso. Lancio loro un'occhiata indifferente, prendo un bicchiere, mi verso la bevanda e torno al mio posto. Magari si impegnassero nel lavoro tanto quanto lo fanno a perdere tempo in chiacchiere inutili.

Ho appena chiuso la porta quando bussano ed entra Baker, il grande capo.

-Buongiorno Lilian-, mi saluta. È l'unico a chiamarmi col mio nome intero.

-Ciao Jake-, sollevo il bicchiere nella sua direzione. Ho smesso da tempo di alzarmi in sua presenza. Gli faccio guadagnare troppi soldi per sentirmi una subordinata.

-Novità?-

-Nulla di che, è venerdì, la gente sogna il weekend e c'è poco da fare-, riassumo.

Venerdì è sempre una giornata piatta in ufficio, in genere la sfrutto per portare avanti le cose per la settimana successiva. Prendere appuntamenti, confermare quelli già fissati.

-Ti ricordi che lunedì c'è l'appuntamento mensile con la dottoressa Sullivan?-, chiede.

Annuisco. -Ho già messo in agenda le mansioni di Kevin e Cody. Ci penso io. Lasciali pure andare dallo strizzacervelli se ne hanno bisogno.-

Una volta al mese gli impiegati partecipano a un incontro di gruppo con la dottoressa Sullivan, la psicologa aziendale sempre disponibile anche per incontri individuali, pagati dall'azienda. Credo di non aver sentito mai una cosa più idiota di questa. Incontri di gruppo, come gli alcolisti anonimi. Perché mai dovrei sentire la necessità di affrontare i fatti miei davanti a degli estranei?

-Vorrei partecipassi anche tu, stavolta-, dice Baker facendomi quasi andare il caffè di traverso.

-Cosa? Perché?- Strabuzzo gli occhi.

-Penso che possa essere una bella esperienza. Ne parlano tutti bene. La dottoressa Sullivan è un portento.-

-Non ho alcun tipo di problema da elaborare, io. Ti sto dando problemi? Ho avuto delle mancanze in ufficio? Ti sembro stressata?- lo incalzo.

-Tu sei perfetta, Lilian-, sorride.

-Lo so-, rimarco. -Per questo non ho bisogno dello psicologo.-

-Ma io vorrei lo stesso tu andassi. È quasi Natale, puoi prenderti un paio d'ore lontana dalla scrivania.-

Dev'essere impazzito.

-Sai quante cose riesco a fare in un paio d'ore seduta qui?-

Lo sa. Certo che lo sa. Allora perché me lo vuole impedire? Perché mi vuole via da qui? Poi capisco. Forse è tutto collegato alla promozione. Forse vuole che mi rilassi un po' con una dottoressa per pazzi mentre lui organizza in grande stile la mia sorpresa. Magari quando tornerò in ufficio tutte le mie cose saranno sparite e trasferite al piano di sopra, in uno degli uffici giganti dei dirigenti, quelli con la vista sul parco, la poltrona di pelle e la scrivania di noce. Dove c'è una vera sala relax col bar.

-Lilian?- mi richiama Baker.

-Sai che ti dico, Jake? Va bene, ci andrò.- Picchio il pugno sulla scrivania. -Ma sì perché no? Partecipare a uno di quegli incontri non sarà così terribile, no? Facciamo due chiacchiere tra colleghi, la dottoressa prende un po' di appunti, ci suggerisce anni di terapia per affrontare i nostri traumi infantili e torniamo tutti a casa. O al lavoro, come nel mio caso. D'accordo, Jake, accetto la tua proposta.-

Il grande capo mi fissa un secondo. Poi sorride soddisfatto. -Molto bene. Ottimo. Mi piace il tuo entusiasmo, Lilian, tu fai sempre tutto con così grande determinazione. Dovrebbero essere tutti come te. Sei un esempio. Se i tuoi colleghi lavorassero al tuo ritmo avrei un impero.-

Detto ciò esce dall'ufficio e mi lascia sola. Apro il calendario digitale e guardo tutte le finestrelle colorate perfettamente organizzate per lunedì mattina. Adesso dovrò perdere un'altra ora per spostare gli appuntamenti dalle dieci a mezzogiorno. In quella fascia oraria segno "Dott.ssa Sullivan".

Mi è capitata di incrociarla qualche volta. Di mezza età, con tailleur di ottima fattura. Non è un indumento che io indosserei, ma su di lei sta molto bene. Alta, bella presenza. Una donna che ha saputo investire bene i soldi su sé stessa. Curata, atletica, piega fresca ogni settimana. Chissà se uno psicologo ha bisogno del terapista. Potrei offrirmi volontaria. Sono certa che non c'è niente che lei non sappia fare che non riuscirei a dire anche io. Basta lasciare che la gente parli e intanto annuire, come se li si stesse ascoltando davvero. Ho visto troppi film di strizzacervelli per non sapere cosa mi aspetta lunedì.

Credo che mi farò un altro caffè. 

Il mio lieto fine sotto l'albero (titolo provvisorio)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora